La deducibilià dei compensi erogati ai liquidatori di società

un utile approfondimento in merito alle norme fiscali che riguardano le modalità di deduzione dal reddito delle somme erogate al liquidatore come compenso

Il trattamento fiscale dei compensi corrisposti al liquidatore socio da una S.r.l. in liquidazione è differente da quello riservato ai compensi erogati all’imprenditore individuale. Lo spiega l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 31 dicembre 2012, n. 113/E1.

I primi sono deducibili dal reddito della società al momento della corresponsione e concorrono alla determinazione del reddito imponibile del percettore. Siamo, infatti, in ambito IRES e in presenza di componenti negativi di reddito deducibili ai sensi dell’art. 95, c. 5, TUIR.

Le regole di deducibilità fiscale si ribaltano invece, nel caso in cui trattasi di compensi erogati all’imprenditore individuale. In tal caso, infatti, trovano applicazione l’art. 60 e l’art.8, c. 1, u. p., del TUIR secondo cui i compensi in argomento non sono deducibili e non concorrono alla formazione del reddito imponibile di chi li riceve.

 

Il QUESITO E LA SOLUZIONE PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L’interpello di cui trattiamo riguarda l’interpretazione dell’art. 60 del d.p.r. 917/1986.

Una società a responsabilità limitata, in liquidazione volontaria, intende, previa delibera assembleare, corrispondere al proprio liquidatore – che riveste anche la qualifica di socio, detenendo una quota di partecipazione pari al 99% – un compenso per l’attività svolta.

Secondo l’istante, il citato compenso rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 60 del d.p.r. n. 917/1986 risultando, pertanto, indeducibile dal reddito di periodo.

In particolare, afferma la società:

  • in capo alla società, il compenso erogato al liquidatore – socio non risulta deducibile, ai sensi dell’articolo 60 del TUIR, in quanto l’attività posta in essere da quest’ultimo è assimilabile all’opera svolta dall’imprenditore;

  • in capo al liquidatore – socio, il compenso percepito non concorre a formare il reddito complessivo, come disposto dall’articolo 8, comma 1, ultimo periodo del TUIR, in quanto si tratta di un onere non ammesso in deduzione ai sensi dell’articolo 60 del TUIR”.

Tale interpretazione troverebbe conforto, ad avviso della contribuente, nel principio espresso sul punto dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 24188 del 13/11/2006), che “dopo aver ricondotto l’attività di gestione aziendale del socio amministratore all’attività dell’imprenditore, conclude per la non deducibilità del compenso per l’opera prestata dal socio, imprenditore – amministratore”.

 

Il parere dell’Agenzia delle entrate

L’interpretazione dell’Agenzia delle entrate è nettamente in contrasto con quella rappresentata dalla società istante.

La risoluzione richiama, infatti, il vigente art. 95, c. 5, del “nuovo” TUIR (che stabilisce che “I compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui all’art. 73, comma 1, sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti“) e descrive l’iter normativo che ha condotto alle modifiche del TUIR subentrate con il D.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344.

L’introduzione del citato decreto legislativo ha infatti, comportato una differenziata applicazione della disciplina delle “spese per prestazioni di lavoro” prima prevista dall’ art. 622 del “vecchio” TUIR, successivamente distinta in due differenti articoli del “nuovo” TUIR:

  • l’art. 60 (rientrante nel titolo I contenente le regole di determinazione dell’IRPEF), che continua a prevedere l’indeducibilità dei compensi erogati all’imprenditore per il lavoro prestato o l’opera svolta (“Non sono ammesse in deduzione a titolo di compenso del lavoro prestato o dell’opera svolta dall’imprenditore, dal coniuge, dai figli affidati o affiliati minori di età o permanentemente inabili al lavoro e dagli ascendenti, nonché dei familiari partecipanti all’impresa di cui al comma 4 dell’articolo 5“) e, di conseguenza, la non concorrenza alla formazione del reddito del percipiente dei suddetti compensi per effetto del disposto dell’art. 8, c. 1, u.p., del “nuovo” TUIR (“Non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti i compensi non ammessi in deduzione ai sensi dell’articolo 60”);

  • l’art.95, rubricato anch’esso “spese per prestazioni di lavoro”.

Le disposizioni dell’art. 60, specifica il documento di prassi, investono soltanto gli imprenditori individuali/persona fisica e non l’impresa esercitata in forma collettiva.

Per i soggetti IRES, la corrispondente disciplina è, ora, autonomamente contenuta nel titolo II del TUIR e, precisamente, nel già citato art. 95, c. 5, che si esprime in senso diametralmente opposto.

Essendo venuto meno il richiamo all’art. 62, prima contenuto nel medesimo art. 95: “Il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 87, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito di impresa ed è determinato secondo le disposizioni degli articoli da 52 a 77, salvo quanto stabilito nelle successive disposizioni del presente capo” è, quindi, venuto meno qualsiasi riferimento alla disciplina prevista dal vecchio art. 62 che comportava l’applicazione del regime previsto per le società di persone alle società di capitali.

Adesso il trattamento fiscale relativo alla deducibilità delle spese per prestazioni di lavoro costituite dai compensi erogati da un soggetto IRES agli amministratori è relegato nell’ambito di applicazione della medesima imposta, anzi, l’art. 56, c. 1, del TUIR (“il reddito d’impresa è determinato secondo le disposizioni della sezione I del capo II del titolo II“) prevede ora che le disposizioni inerenti l’IRES trovino applicazione anche nei confronti delle società in nome collettivo e in accomandita semplice.

In sostanza, le modifiche apportate al sistema tributario hanno separato nettamente il trattamento fiscale da riservare ai compensi erogati all’imprenditore individuale3 rispetto a quello disposto per i compensi agli amministratori erogati da società in nome collettivo, in accomandita semplice e da società di capitali rientranti nell’ambito di applicazione dell’IRES4.

Tutto ciò premesso, recita la risoluzione 113/E, con riferimento al caso di specie, si precisa quanto segue: “I compensi oggetto dell’istanza qui in esame, risultano erogati da un soggetto (s.r.l. in liquidazione) ricompreso nel comma 1 dell’articolo 73 del TUIR e, pertanto, non risultano applicabili, in linea di principio, le disposizioni destinate ai soggetti imprenditori di cui all’articolo 60 del medesimo TUIR.

Piuttosto, si è in presenza di componenti negativi di reddito deducibili al momento dell’erogazione e tassati in capo al liquidatore secondo quanto disposto dal comma 5 dell’articolo 95 del TUIR.

Conseguentemente, in capo al percettore, tali somme saranno soggette ad imposizione in quanto, ancorché lo stesso assuma il ruolo di liquidatore-socio, non risultano applicabili le disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 8, del TUIR, riferibili, come sopra chiarito, ai soli imprenditori individuali”.

Brevi considerazioni finali

La ricostruzione fornita con il presente documento dall’Agenzia delle entrate, sottolinea la risoluzione, è la riproposizione di quella già stata effettuata nella risposta fornita in occasione del question time n. 5 – 03498 del 30 settembre 2010 concernente le problematiche scaturite a seguito dell’emanazione dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 18702 del 13 agosto 20105.

Ricordiamo che la Corte Suprema con la decisione n. 18702 del 13 agosto 2010 (ud. del 9 giugno 2010) aveva escluso totalmente la deducibilità dei compensi degli amministratori nelle società di capitali. Così si sono espressi i giudici in motivazione: “La sentenza impugnata, nella parte in cui ha riconosciuto la deducibilità del relativo costo, è dunque ispirata a un erroneo principio di diritto, non perché i compensi degli amministratori di società di capitali siano deducibili nel solo anno in cui sono corrisposti, ma perché non sono affatto deducibili”.

La Corte, in quell’occasione, fece riferimento alla sentenza n. 24188/06 – secondo cui l’art. 62 del T.U. n. 917/86 escludendo “l’ammissibilità di deduzioni a titolo di compenso per il lavoro prestato o l’opera svolta dall’imprenditore, limitando la deducibilità delle spese per prestazioni di lavoro a quelle sostenute per lavoro dipendente e per compensi spettanti agli amministratori di società di persone, non consente di dedurre dall’imponibile il compenso per il lavoro prestato e l’opera svolta dall’amministratore di società di capitali: la posizione di quest’ultimo è infatti equiparabile, sotto il profilo giuridico, a quella dell’imprenditore, non essendo individuabile, in relazione alla sua attività gestoria, la formazione di una volontà imprenditoriale distinta da quella della società, e non ricorrendo quindi l’assoggettamento all’altrui potere direttivo, di controllo e disciplinare, che costituisce il requisito tipico della subordinazione“. La sentenza impugnata, nella parte in cui ha riconosciuto la deducibilità del relativo costo, “è dunque ispirata ad un erroneo principio di diritto, non perchè i compensi degli amministratori di società di capitali siano deducibili nel solo anno in cui sono corrisposti, ma perché non sono affatto deducibili“, richiamata nell’interpello dal contribuente.

L’orientamento espresso nelle precedenti pronunce, come abbiamo visto è ormai superato, ne è prova la sentenza n. 24957 del 10 dicembre 2010, in cui la Corte ha ritenuto i compensi agli amministratori sempre deducibili a prescindere dall’importo.

L’argomento trattato, è noto, ha suscitato problematiche sotto vari aspetti.

Non possiamo in proposito non citare la recente sentenza n. 28546 del 24 febbraio 2012 nella quale i giudici di legittimità, contrapponendosi al disposto dell’art. 95, c. 5, del TUIR, secondo cui i compensi degli amministratori di società ed enti soggetti ad Ires sono deducibili “nell’esercizio in cui sono corrisposti”, li ha ritenuti deducibili, per competenza.

E’ sempre attuale, inoltre, la querelle sulla “congruità” dei compensi, altalenante tra gli indirizzi delle sentenze nn. 12813/2000 e 13478/ 2000, che hanno ritenuto il compenso agli amministratori soggetto alla valutazione di “congruità” da parte dell’Amministrazione finanziaria e le omologhe sentenze n. 6599/2002, n. 21155/2005 e la n. 28595/2008. In quest’ultima, sull’argomento, la Corte si è così espressa : “ in tema di determinazione del reddito d’impresa, l’Amministrazione Finanziaria, allo stato attuale della legislazione, non ha il potere di valutare la congruità dei compensi corrisposti agli amministratori delle società di persone, per cui tali compensi sono deducibili come costi ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 62 (Cass. n. 6599 del 2002; Cass. n. 21155 del 2005)” e, successivamente , ha ancora ribadito nella sentenza n. 24957/2010: “nell’attuale sistema la spettanza e la deducibilità dei compensi agli amministratori è determinata dal consenso che si forma tra le parti o nell’ente sul punto, senza che all’amministrazione sia riconosciuto un potere specifico di valutazione della congruità”.

Su quest’ultimo punto chiudiamo con un’inciso della risoluzione trattata in cui si legge: “Tuttavia, resta fermo che, in sede di attività di controllo, l’amministrazione finanziaria può disconoscere totalmente o parzialmente la deducibilità dei componenti negativi di cui si tratta in tutte le ipotesi in cui i compensi appaiano insoliti, sproporzionati ovvero strumentali all’ottenimento di indebiti vantaggi”.

 

22 gennaio 2013

Cinzia Bondì

1 Interpello articolo 11 legge 27 luglio 2000, n. 212 – ALFA SRL IN LIQUIDAZIONE – Articoli 60 e 95, comma 5, del DPR n. 917 del 1986 – Deducibilità compensi agli amministratori.

2 L’art.62 prevedeva la deducibilità – nell’esercizio di corresponsione – dei compensi spettanti agli amministratori delle società di persone al comma 3:”I compensi spettanti agli amministratori delle società in nome collettivo e in accomandita semplice“.

3 Cfr .R.M. 113/E del 31.12.2012; “Al riguardo, nella relazione ministeriale al vecchio TUIR emergeva che l’indeducibilità stabilita per i compensi del coniuge e dei figli minori è tesa ad evitare artificiose manovre di contrazione degli utili con conseguente erosione di materia imponibile. Tale rischio può realizzarsi in particolare nelle imprese individuali, laddove vi è totale coincidenza di interessi tra l’unico titolare dell’impresa ed i suoi più stretti familiari”.

4 Cfr .R.M. 113/E del 31.12.2012: “Lo stesso legislatore, nel consentire la deducibilità al momento della corresponsione, si è assicurato che non venissero effettuati arbitraggi consistenti nella deducibilità per competenza del costo del compenso in capo alla società e nel rinvio della tassazione al momento della percezione da parte dell’amministratore”.

5 Cfr .R.M. 113/E del 31.12.2012: “Nella citata risposta, si è evidenziato come il comma 5 dell’articolo 95 del TUIR, disponendo che il componente negativo di reddito concorre alla formazione della base imponibile al momento in cui avviene l’erogazione, non mette in dubbio la deducibilità dei compensi erogati da soggetti IRES ai propri amministratori”.

6Cfr. Cassazione, sentenza n. 2854 del 24 febbraio 2012 “in tema di imposte sul reddito d’impresa, la regola posta dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, secondo cui i ricavi, i costi e gli altri oneri concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza, a condizione che la loro esistenza o il loro ammontare sia determinabile in modo oggettivo (dovendo altrimenti essere calcolati nel periodo d’imposta in cui si verificano tali condizioni), mira a contemperare la necessità di computare tutte le componenti nell’esercizio di competenza con l’esigenza di non addossare al contribuente un onere troppo difficile da rispettare. Quindi essa va interpretata nel senso che il dovere di conteggiare tali componenti nell’anno di riferimento si arresta soltanto di fronte a quei ricavi ed a quei costi che non siano ancora noti all’atto della determinazione del reddito, e cioè al momento della redazione e presentazione della dichiarazione. Pertanto, l’onere di provare la sussistenza dei requisiti di certezza e determinabilità delle componenti del reddito in un determinato esercizio sociale incombe all’Amministrazione finanziaria per quelle positive, ed al contribuente per quelle negative. In particolare, nel caso in cui detti requisiti siano condizionati dall’espletamento di procedure amministrative, essi si intendono acquisiti, ai fini dell’imputazione del reddito corrispondente ad un determinato esercizio dell’impresa, solo attraverso il procedimento amministrativo che ne verifica i presupposti e ne liquida l’ammontare, mentre invece alcuna prova al riguardo era stata fornita da E.R. nella specie (cfr. anche Cass. Sentenze n. 20521 del 22/09/2006, n. 1431 del 2006)”.