Considerazioni minime in tema di semplificazione degli adempimenti fiscali

il tema della semplificazione dei diversi adempimenti tributari per alleggerire il costo burocratico di aziende e professionisti è sempre sentito; alcune ipotesi di semplificazione potrebbero nascere con un confronto con gli operatori di settore

Recenti notizie di stampa1 hanno dato l’informazione della conclusione dei lavori dell’apposito gruppo di lavoro, istituito a luglio, per il censimento degli adempimenti fiscali posti a carico dei cittadini/contribuenti.

Senza entrare nel merito di ciascuno di tali adempimenti (loro necessità, possibilità di abrogazione…) e senza appesantire la lettura con continui riferimenti legislativi (che pure sono importanti), con il presente pezzo si vuole solo evidenziare l’esistenza di una di divaricazione fra la manifestazione di volontà tesa alla semplificazione degli adempimenti, e la concreta azione della stessa Agenzia delle entrate tesa, invece, ad acquisire sempre maggiori informazioni utili ai fini dei controlli.

Inoltre, si intende sostenere la proposta di intervenire non sugli adempimenti, che ormai fanno parte del bagaglio culturale dei contribuenti e dei professionisti, ma su altri particolari e controversi aspetti del sistema tributario nazionale.

 

L’audizione del Direttore Befera

Un comprova di tale divaricazione è individuabile nella audizione che il Dott. Attilio Befera, Direttore dell’Agenzia delle entrate, ha avuto il 12 settembre 2012 presso la Commissione Finanza della Camera dei Deputati, in relazione alla legge delega per la riforma fiscale.

In quell’occasione, il Direttore è intervenuto sia sulla possibile semplificazione degli adempimenti fiscali che sulla necessità di acquisire ulteriori informazioni utili ai fini dei controlli.

 

Per quanto riguarda la semplificazione degli adempimenti, il Direttore dell’Agenzia ha dichiarato quanto segue:

 

Semplificazione

Altro importantissimo capitolo della legge delega è quello concernente la semplificazione dei regimi e degli adempimenti fiscali.

Ho già avuto modo di affermare che serve un cambiamento “culturale” da parte di tutti, contribuenti e amministrazione.

Se ciò è vero, va detto però che la complessità del sistema fiscale non giova in tale direzione, nella misura in cui solo da un sistema normativo chiaro possono nascere modelli di dichiarazione alla portata di tutti e/o adempimenti facili da porre in essere.

Dalla semplificazione discenderebbe, infatti, un effetto complessivamente positivo per il sistema: risparmio di tempo e costi per i contribuenti, che si sentirebbero meno vessati dall’amministrazione, più risorse disponibili per l’Agenzia, meno impegnata a coordinare una massa di informazioni, a volte già disponibili o comunque superflue.

 

Da tale dichiarazione, emerge evidente la volontà dell’Agenzia di un intervento legislativo sulla “massa di informazioni, a volte già disponibili o comunque superflue”, il che, ovviamente, significa che tutto quello che non è superfluo non può essere eliminato.

Per quanto riguarda, invece, la finalità di rafforzamento dei controlli, il Direttore ha testualmente dichiarato quanto segue:

 

Rafforzamento dell’attività conoscitiva e di controllo

Non posso che chiudere con un’ultima notazione relativa alla norma dell’articolo 9 dedicata all’attività conoscitiva e di controllo.

Costante deve essere la ricerca dell’equilibrio tra la tutela della sfera del contribuente e l’esigenza, costituzionalmente garantita, alla esplicazione delle attività di verifica fiscale.

In questo senso, ritengo che non debba mai arrestarsi la ricerca e il potenziamento delle cosiddette misure “preventive” ossia quelle che offrono all’amministrazione una serie di informazioni utili che diversamente essa potrebbe acquisire ricorrendo alle tradizionali attività ispettive, indubbiamente più invasive.

 

Anche se, nel caso particolare del citato art. 9 le previste modifiche si interessano di limitare l’uso del contante e di prevedere il ricorso alla fatturazione elettronica, quello che – in ogni caso – rileva della dichiarazione è la parte in cui il Direttore dice che non deve “mai arrestarsi la ricerca e il potenziamento delle cosiddette misure preventive ossia quelle che offrono all’amministrazione una serie di informazioni utili…”.

 

Considerazioni

Alla luce della predetta audizione, pare quindi evidente che, da una parte, l’Agenzia è favorevole alla riduzione degli adempimenti connessi ad informazioni “già disponibili o comunque superflue” e, dall’altra, invece, la volontà dell’Agenzia è diretta a introdurre ulteriori comunicazioni di “informazioni utili”.

Nel premettere l’estrema importanza di acquisire tutte le “informazioni utili” all’attività di controllo, il che significa che, anche nei prossimi mesi, potranno essere introdotti nuovi obblighi di comunicazione di dati ritenuti utili, non si vede come sia possibile, invece, ridurre il numero degli adempimenti individuati dalla citata apposita Commissione, tenuto conto che, in gran parte, tali adempimenti rappresentano obblighi di comunicazione di dati rilevanti ai fini dei controlli.

 

Infatti, a leggere l’elenco di tali adempimenti2, l’unico veramente eliminabile pare essere l’adempimento indicato al n. 41 dell’elenco, cioè il versamento mediante utilizzo del modello F23, ove, ovviamente, si provveda a concentrare tutti i versamenti con il modello F 24.

Forse, potrebbe essere eliminato anche l’adempimento connesso alla comunicazione diretta all’Ufficio degli acquisti effettuati dalla Repubblica di San Marino (n. 91 dell’elenco), ove si pensi che tali acquisti sono comunque segnalati anche nella comunicazione black list e non si vede alcuna necessità di mantenere in essere un adempimento risalente agli anni 70 del secolo precedente e, comunque, doppio rispetto al nuovo obbligo.

Per il resto degli adempimenti, questi appaiono assolutamente necessari e propedeutici a soddisfare le esigenze informative e di controllo dell’Agenzia (spesometro in ogni sua variante, dichiarazioni…) e non si vede in quale modo l’Agenzia possa farne a meno, non evidenziando nessuno di tali adempimenti informazioni già note o superflue.

Sarà, quindi, molto difficile che i 108 adempimenti indicati dalla Commissione possano essere sfoltiti realmente, il che, evidentemente, rende del tutto teorica la prevista semplificazione degli stessi.

Peraltro, per una serie di varie ragioni, una tale semplificazione non pare nemmeno richiesta dai contribuenti e dai professionisti interessati.

Infatti, a parte gli adempimenti di tipo dichiarativo, la maggior parte degli adempimenti indicati nell’elenco comprende una serie di comunicazioni che non riguardano, nel loro insieme, tutta la platea dei contribuenti, ma risultano ripartibili per tipologie di contribuenti, per attività esercitata o per operazione effettuate, di modo che a carico, ad esempio, di modesti artigiani, risultano pochissimi gli adempimenti indicati fra i 108, mentre per le imprese più strutturate, che operano con l’estero o nel settore finanziario, il numero degli adempimenti sarà maggiore.

A ciò si aggiunga il fatto che, una volta introdotto l’obbligo di un singolo adempimento, l’eventuale “complicazione” non nasce dall’adempimento in sé quanto dal ritardo delle relative istruzioni operative e dalle modifiche che intervengono, anche in modo reiterato, a pochissimi giorni dal termine e, a volte, anche in senso difforme alla norma3.

Peraltro, nel momento in cui viene introdotto un particolare adempimento, contribuenti e professionisti potrebbero essere interessati più ad un obbligo generalizzato che ad un obbligo che presenta esclusioni.

Si pensi, in particolare, ai problemi (operazioni collegate, ecc.) che sono emersi in occasione della trasmissione dello spesometro, cioè l’apposita comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA di importo pari o superiore a 3.000 euro; è evidente che se l’adempimento avesse riguardato, fin dall’inizio, tutte le operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, l’impatto psicologico sui contribuenti sarebbe stato maggiore, ma le complicazioni sarebbero risultate assai meno.

Non si tratta, quindi, di semplificare gli adempimenti, ammesso che questi risultino semplificabili cioè eliminabili, quanto di razionalizzare e programmare l’attività legislativa e dell’Agenzia in modo da creare il minor costo (in termini di tempo, risorse, ecc.) a carico dei contribuenti.

In tale ottica, allora, la prevista semplificazione dei 108 adempimenti pare quasi impossibile in quanto tali adempimenti sono, per la quasi totalità, strumentali alle finalità conoscitive e di controllo dell’Agenzia delle entrate.

 

Possibili esempi di concreta semplificazione

Se, dunque, appare quasi impossibile una simile semplificazione, si dovrebbe, invece, cercare di intervenire (legislativamente o amministrativamente) su altre questioni che potrebbero originare semplificazioni concrete e di nessun o limitatissimo costo per la pubblica amministrazione e, nel contempo, costituire, ovviamente, anche un notevole un risparmio di risorse (finanziarie, personali, temporali, ecc.) oltre che per i contribuenti anche per le amministrazioni pubbliche.

La pratica professionale, infatti, ha sempre fatto emergere situazioni delle quali riesce alquanto difficile individuare la logica e, soprattutto, la loro immutabilità nel tempo in quanto basterebbe uno sforzo da parte delle amministrazioni interessate per evitare una serie di complicazioni.

Al riguardo, si fanno pochi limitati esempi di situazioni in cui servirebbe intervenire per semplificare con grande beneficio per tutti gli interessati4.

 

  • avvisi bonari conseguenti a ravvedimento di versamenti

Da sempre, pur avendo provveduto al versamento delle imposte tramite il ravvedimento, pervengono al contribuente avvisi di irregolarità con i quali si richiedono sanzioni e interessi relativi alle somme versate.

La motivazione di tali avvisi va ricercata, secondo quanto riferiscono gli addetti al front office dell’Agenzia delle entrate, all’immodificabilità del programma utilizzato per la gestione dei versamenti unitari effettuati con modello F 24.

Per effetto, dunque, di tali avvisi, oltre a continue perdite di tempo (da parte dei contribuenti, dei loro professionisti e dei dipendenti dell’Agenzia), il professionista rischia anche la brutta figura con il cliente per il quale ogni cosa “è colpa del commercialista”, il quale si trova nella condizione di dover dimostrare che il proprio comportamento è stato del tutto corretto e che l’avviso è imputabile solo ed esclusivamente all’Agenzia.

Sembrerebbe, quindi, che sia sufficiente modificare il programma di gestione dei modelli F 24 e risparmiare, in tal modo, risorse da destinare ad altre attività.

L’eventuale complessità di una simile modifica non pare possa costituire e, comunque, non deve costituire ostacolo insormontabile alla stessa.

 

  • differenti regolamentazioni black list

Nell’attuale sistema tributario esistono alcune differenti regolamentazioni in materia di black list, cioè di operazioni con Paesi con un diverso sistema di tassazione.

Per quanto riguarda più direttamente le imprese, attualmente esistono due obblighi che qualificano, come black list, Paesi che non sono fra loro del tutto sovrapponibili:

  • l’art. 1 del decreto legge n. 40/2010 impone ai soggetti passivi IVA di comunicare le operazioni (attive e passive) effettuate nei confronti di soggetti residenti in Paesi black list,

  • l’art. 110 del TUIR, invece, impone ai titolare di reddito di imprese di indicare separatamente nella dichiarazione dei redditi i componenti negativi deducibili derivanti da operazioni con Paesi black list.

In quest’ultimo caso, la mancata separata indicazione dei componenti negativi deducibili comporta una serie di gravi conseguenze a carico di chi, e sembrano essere non pochi, non vi provvede.

Ebbene, ogni possibile inconveniente potrebbe essere risolto se si provvede a specificare che la comunicazione fatta ai fini dell’IVA assume, in presenza di deducibilità dei costi, valore anche ai fini delle imposte dirette.

In tal modo, con un’unica comunicazione verrebbe meno l’obbligo della separata indicazione nella dichiarazione dei redditi dei costi deducibili, tanto più che l’elenco dei Paesi black list ai fini IVA contiene, oltre ad altri, tutti i Paesi black list ai fini delle imposte dirette5.

A tal fine, però, potrebbe non avere più senso l’esclusione dalla comunicazione black list ai fini IVA delle operazioni fino a 500 euro, dovendo tale comunicazione servire ad attestare la deducibilità del costo fino a tale importo; d’altro canto, eliminare il limite e imporre, dunque, la comunicazione delle operazioni black list fino a 500 euro contribuirebbe ad evitare il rischio di dimenticarsi di provvedere alla separata annotazione nella dichiarazione dei redditi del costo fino a 500 euro6.

E’ anche vero che i diversi elenchi di Paesi black list non dipendono dalla volontà del legislatore nazionale né dalla volontà dell’Agenzia delle entrate, ma disciplinare e ridurre gli obblighi dichiarativi black list, nel rispetto del principio di comune esperienza secondo cui nel più sta il meno, potrebbe realmente semplificare il lavoro dei contribuenti e potrebbe concretamente eliminare il rischio di incorrere in violazioni di norme per questioni di mera dimenticanza.

 

  • mancanza di un obbligo a carico degli uffici di comunicare alla procura l’intervenuta definizione al di sotto delle soglie penalmente rilevanti

Si verifica frequentemente la situazione in cui, a seguito di controllo fiscale, si provvede alla segnalazione del contribuente alla Procura della Repubblica per aver lo stesso superato le soglie di punibilità previste dal decreto legislativo n. 74/2000.

Anche frequentemente si verifica la successiva situazione in cui lo stesso contribuente definisce la pretesa tributaria con l’accertamento con adesione, riducendo così gli importi evasi al disotto delle soglie di punibilità.

Ebbene, in situazioni del genere, attualmente non esiste alcun obbligo per l’Ufficio di comunicare alla Procura l’intervenuta definizione e la riduzione della pretesa al di sotto delle soglie di punibilità.

Per effetto di tale lacuna, la Procura provvede comunque all’istruttoria nell’ambito della quale il contribuente deve farsi difendere da un legale anche solo per dimostrare il venir meno del presupposto del reato.

Tutto ciò comporta, ovviamente, oltre a notevole dispendio di risorse finanziarie, di tempo, ecc., anche un conseguente ingolfamento della c.d. “macchina della giustizia”, con conseguenti ripercussioni sui tempi di altri indagini, processi, ecc.

Nel rispetto delle norme di procedura penale (che possono comunque essere modificate anch’esse), l’introduzione, a carico degli uffici, di un obbligo di comunicare alla procura l’intervenuta definizione e il venir meno del presupposto di reato potrebbe, quindi, costituire, una concreta e reale semplificazione del sistema.

 

  • precisazioni circa la sussistenza del reato di omesso versamento IVA quando interviene un fallimento

E’ noto che il reato di omesso versamento di IVA per un importo superiore a 50.000 per anno solare (art. 10-ter del decreto legislativo n. 74/2000) è un reato a formazione progressiva nel tempo.

Infatti, diversamente dall’omesso versamento di ritenute in cui il reato si realizza nel momento stesso dell’omesso versamento, per l’IVA il reato scatta solo se se non si provvede al versamento entro il termine per il versamento dell’acconto IVA dell’anno successivo.

Ebbene, trattandosi di due momenti diversi (il primo corrispondente al termine previsto per il versamento e il secondo corrispondente solitamente al 27 dicembre dell’anno successivo), è evidente che i due diversi momenti possono interessare differenti soggetti comunque legati alla società (esempio: cambio dell’amministratore nell’intervallo di tempo fra i due diversi momenti) ma possono interessare anche soggetti fra loro non accomunati in nulla.

Si pensi, infatti, alla situazione in cui, dopo l’omesso versamento dell’IVA, una società fallisce ed interviene, quale curatore fallimentare, un professionista.

In una situazione del genere, non dovrebbe essere nemmeno posta la questione se il reato sussiste e, ove sussista, chi ne sia l’autore.

In realtà, sono non pochi i casi in cui, in situazioni similari, la Procura ha imputato del reato di omesso versamento dell’IVA per importo superiore a 50.000 euro anche il curatore fallimentare.

E’ evidente che, al riguardo, qualcosa non funziona in quanto, come è noto, il curatore fallimentare non rappresenta la società ma è un organo della procedura; come tale non dovrebbe essere minimamente toccato dall’imputazione di un reato che non può aver commesso.

Anche in tal caso, l’imputazione comporta, ovviamente, oltre a notevole dispendio di risorse finanziarie, di tempo, ecc., anche un conseguente ingolfamento della c.d. “macchina della giustizia”, con conseguenti ripercussioni sui tempi di altri indagini, processi, ecc.

Una modifica legislativa che definisca meglio l’autore del reato ed escluda, comunque, la responsabilità penale del curatore fallimentare potrebbe, quindi, essere estremamente utile a dirimere ogni questione al riguardo.

 

15 ottobre 2012

Vito Dulcamare

1 Cfr. M. BELLINAZZO, Semplificazioni, test su 108 obblighi, in Il Sole – 24 Ore del 3 ottobre 2012, pag. 19.

2 Cfr. l’elenco riportato da M. BELLINAZZO, Semplificazioni, test su 108 obblighi, in Il Sole – 24 Ore del 3 ottobre 2012, pag. 19.

3 Si pensi, ad esempio, all’obbligo imposto con circolare dell’Agenzia delle entrate di comunicare le restituzione dei finanziamenti e dei versamenti dei soci.

4 Ogni professionista sarebbe in grado, a causa delle quotidiana esperienza, di indicare tantissime situazioni in cui sarebbe opportuno intervenire al fine di ottenere una reale semplificazione del sistema nel suo complesso.

5 I.e., l’elenco ai fini IVA contiene anche Taiwan e San Marino che non sono, invece, considerati Paesi black list ai fini delle imposte dirette.

6 Si pensi al caso dell’acquisto di un programma informatico del costo di 300 euro da Hong Kong, ebbene, quante volte, in situazioni similari, è stato dimenticato di effettuare la variazione in aumento e quella in diminuzione per la deducibilità di tale costo? L’inclusione di questa operazione nella comunicazione black list ai fini IVA e l’attribuzione a tale comunicazione della sussistenza dei requisiti di deducibilità eviterebbe ogni conseguenza.