Perdite su crediti dopo le nuove procedure fallimentari, ad esempio a seguito di accordo di ristrutturazione dei debiti

Le continue variazioni introdotte alle procedure concorsuali “minori” come impattano sul meccanismo della svalutazione dei crediti inesigibili?

L’art. 101, c. 5, del Tuir stabilisce che, ai fini delle deducibilità della perdita su crediti, non devono essere provati gli elementi di certezza e precisione se, a carico del debitore, è stata aperta una procedura concorsuale, oppure – ed è questa l’ulteriore novità introdotta dal D.L. n. 83/2012 – costui ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis del R.D. n. 267/1942.

Tale disposizione, contenuta nel periodo del comma 5, dell’art. 101 del Tuir, distingue, pertanto, gli accordi di ristrutturazione dei debiti dalle procedure concorsuali: in altri termini, la novellata norma conferma l’orientamento ormai consolidato dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui alle perdite su crediti derivanti da un accordo di ristrutturazione dei debiti, omologato ai sensi dell’art. 182-bis L.F. non è applicabile, in linea di principio, la previsione di deducibilità immediata contenuta nell’art. 101, co 5, secondo periodo, del Tuir riservata alle procedure concorsuali (CC.MM. 13 marzo 2009, n. 8/E, par. 4.2. e 3 agosto 2010, n. 42/E, par. 4.1.).

Il principio in parola appare, tuttavia, contraddetto dal successivo secondo periodo della medesima norma, introdotto in sede di conversione del D.L. n. 83/2012, in virtù del quale – ai fini dell’applicazione dell’art. 101, c. 5, del D.P.R. n. 917/1986 – il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale, e la corrispondente perdita su crediti assume rilevanza fiscale (senza dover applicare il principio generale degli “elementi certi e precisi”), dalla data di uno dei seguenti atti:

  • sentenza dichiarativa di fallimento;

  • decreto di ammissione al concordato preventivo;

  • decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti;

  • provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;

  • decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

 

Conseguentemente, a differenza di quanto affermato nel primo periodo della medesima disposizione, l’accordo di ristrutturazione dei debiti omologato viene di fatto incluso tra le procedure concorsuali.

Sul punto, si riscontra, tuttavia, un primo dubbio interpretativo rappresentato dal riferimento alla “data del decreto del tribunale di omologazione dell’accordo”, che dovrebbe intendersi quella di emanazione, da parte della competente autorità giudiziaria, del relativo provvedimento.

La soluzione adottata dal legislatore diverge, pertanto, con quanto sinora sostenuto dall’Amministrazione Finanziaria, che ha sempre accordato rilevanza al momento in cui il decreto di omologazione non è più impugnabile (C.M. 3 agosto 2010, n. 42/E, par. 4.1.), in modo da poter considerare, inequivocabilmente, la certezza e precisione della perdita di cui al principio generale dell’art. 101, c. 5, del Tuir.

Si consideri, inoltre, che la predetta novità normativa, ancorchè espressamente dettata nell’ambito del reddito d’impresa, potrebbe essere destinata ad esplicare i propri effetti anche ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, e precisamente con riguardo alla disciplina dell’emissione, a cura del creditore, della nota di variazione Iva: l’art. 26, c. 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 subordina, infatti, il diritto alla redazione del documento rettificativo – e, quindi, al conseguente esercizio della detrazione del corrispondente tributo – alla “infruttuosità della procedura concorsuale”.

Tale requisito aveva, infatti, sinora impedito l’applicazione della predetta disposizione proprio a causa della formulazione dell’art. 101, c. 5, del Tuir, che non contemplava, tra le procedure concorsuali, l’accordo di ristrutturazione dei debiti: con l’effetto che il creditore poteva comunque emettere la nota di variazione, ma a norma del successivo comma 3, trattandosi di una sopravvenuta intesa tra le parti, con il rischio, però, di non riuscire a recuperare la relativa Iva, qualora – come spesso accade in presenza di rapporti con un debitore in stato di crisi – il documento non fosse stato emesso entro un anno dell’effettuazione dell’operazione oggetto di rettifica.

 

7 settembre 2012

Sandro Cerato