L'agevolazione ACE ed il riporto delle perdite fiscali

analisi di come influiscono le perdite fiscali pregresse sul calcolo dell’agevolazione alla capitalizzazione delle imprese che debutta in Unico 2012

PREMESSA

I benefici combinati dell’incentivo alla capitalizzazione Ace e della disciplina sul riporto delle perdite pregresse prevista dall’articolo 84 del Tuir, consentono di ottimizzare il risparmio fiscale derivante dal cumulo delle disposizioni.

Le regole si applicano già nell’Unico 2012 e prevedono da un lato un incentivo calcolato in misura pari al 3% dell’incremento patrimoniale netto realizzato dalle società nel corso del 2011, che rappresenta una deduzione dal reddito imponibile; dall’altro l’eliminazione del limite quinquennale nel riporto delle perdite con l’introduzione di un tetto alla compensazione in ogni esercizio pari all’80% del relativo reddito.

 

ACE PREMIO PER LA CAPITALIZZAZIONE

Il premio per la capitalizzazione delle imprese denominato Ace (Allowance for corporate equity – Aiuto alla Crescita Economica) introdotto dalla manovra Monti mediante il decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equita’ e il consolidamento dei conti pubblici” (pubblicato in GU del 6 dicembre 2011), prevede un meccanismo di deduzione dal reddito complessivo di un importo commisurato all’incremento del patrimonio delle imprese. La disposizione recita:

Art. 1 – Aiuto alla crescita economica (Ace) 1. In considerazione della esigenza di rilanciare lo sviluppo economico del Paese e fornire un aiuto alla crescita mediante una riduzione della imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio, nonché per ridurre lo squilibrio del trattamento fiscale tra imprese che si finanziano con debito ed imprese che si finanziano con capitale proprio, e rafforzare, quindi, la struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo italiano, ai fini della determinazione del reddito complessivo netto dichiarato dalle società e dagli enti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è ammesso in deduzione un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio, secondo le disposizioni dei commi da 2 a8. Per le società e gli enti commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), del citato testo unico le disposizioni del presente articolo si applicano relativamente alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.

L’Ace è, quindi, un aiuto alla crescita economica, che consiste nella deduzione dal reddito d’impresa del rendimento figurativo del capitale proprio. Tale rendimento è fissato al 3% per i primi tre anni di applicazione della normativa (2011 – 2012 – 2013) e sarà, invece, individuato ogni anno, con apposito decreto, a decorrere dal 2014. Il nuovo meccanismo introduce una riduzione del prelievo delle imposte sui redditi, commisurata al capitale immesso nell’impresa sotto forma di conferimenti in denaro da parte dei soci o di destinazione di utili a riserva. In tal modo si ha un riequilibrio del carico fiscale relativo alle diverse fonti di finanziamento di natura incrementale, che non avvantaggia gli azionisti in essere ma “coloro che incrementano il patrimonio” (per le imprese di nuova costituzione l’incremento è, infatti, costituito dall’intero patrimonio conferito).

Il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio si determina mediante applicazione dell’aliquota percentuale alla variazione in aumento del capitale proprio, rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. Tale aliquota, fissata in via transitoria per il primo triennio di applicazione al 3%, dal quarto periodo di imposta è determinata con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze ch deve tener conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabili di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior rischio.

L’agevolazione spetta ai soggetti Ires di cui all’art. 73 c. 1 lett. a) e b) e d) del TUIR, inclusi gli enti pubblici e privati, o i trust, aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di un’attività commerciale (compresi i consorzi) nonché le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di società ed enti commerciali non residenti; vi rientrano anche i redditi d’impresa di persone fisiche, società in nome collettivo e in accomandita semplice purchè in regime di contabilità ordinaria.

La determinazione dell’aiuto richiede alcune fasi:

1) individuazione del patrimonio netto della società al 31.12.2010

2) calcolo dell’incremento del capitale proprio al 31.12.2011.

Rilevano come variazioni in aumento i conferimenti in denaro nonché gli utili accantonati a riserva ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili; rilevano come variazioni in diminuzione: a) le riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti; b) gli acquisti di partecipazioni in società controllate; c) gli acquisti di aziende o di rami di aziende. Tale incremento deve essere ragguagliato alla durata del periodo stesso, in quanto la remunerazione nozionale del 3%, o quella che sarà stabilita con decreto, è riferita all’anno solare.

 

CALCOLO DEL PREMIO

Occorre stabilire le variazioni in aumento del capitale proprio rilevanti:

Conferimenti in denaro

ricomprendono a titolo esemplificativo, gli aumenti di capitale sociale, i versamenti di sovrapprezzo azioni o quote, i versamenti in conto capitale o a fondo perduto, la conversione in azioni di prestiti obbligazionari convertibili. I conferimenti in denaro devono computarsi a partire dalla data del versamento (non basta deliberarli e sottoscriverli), con opportuno ragguaglio ad anno (negli esercizi successivi rilevano per l’intero).

Rinuncia ai crediti

La rinuncia incondizionata da parte dei soci, sembra essere rilevante ai fini dell’agevolazione poiché determina un aumento di capitale, in analogia con quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate.

Accantonamenti a riserve di utili

Sono computati a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono formati, tranne le riserve di utili non disponibili che non possono essere utilizzate per copertura perdite o aumenti gratuiti di capitale. È il caso della riserva azioni proprie o delle riserve da utili derivanti dalla valutazione al valore equo (fair value) di cui all’art.6 del D.Lgs. n.38/05 per i soggetti IAS adopter (da chiarire se la riserva legale possa essere considerata soggetta a vincoli).

 

In seguito, occorre decurtare le variazioni in diminuzione del capitale proprio che assumono rilevanza ai fini della determinazione della quota di reddito agevolato, sia se effettuate in denaro, sia se effettuate in natura, mediante l’assegnazione di beni.

Se da un lato non rilevano le riduzioni del patrimonio non volontarie quali, per esempio, quelle derivanti dalla copertura delle perdite di esercizio, dall’altro rilevano le attribuzioni ai soci di:

  • riserve di utili;

  • riserve per sovrapprezzo azioni o quote;

  • capitale sociale o altre riserve di capitale;

  • versamenti in conto capitale o a fondo perduto.

 

Anche gli acquisti di azienda costituiscono decrementi del capitale. Il comma 6 dell’art. 1 del D.L. 201/2011, inoltre, precisa che gli incrementi derivanti da conferimenti in denaro rilevano a partire dalla data del versamento; quelli derivanti dall’accantonamento di utili a partire dall’inizio dell’esercizio in cui le relative riserve sono formate. I decrementi rilevano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificati. Per le aziende e le società di nuova costituzione si considera incremento tutto il patrimonio conferito.

 

ACE ED EFFETTO DELLE PERDITE PREGRESSE

All’incremento del capitale si applica il 3% e ciò determina una deduzione dall’imponibile Ires (o Irpef) valida nell’anno dell’aumento e in ciascun esercizio successivo fino a quando il patrimonio non diminuisce a seguito di assegnazioni o rimborsi ai soci.

L’aliquota Ires del 27,5% determina un risparmio fiscale effettivo dell’ACE (con il rendimento del 3%) pari allo 0,825% dell’incremento patrimoniale, ma non rileva ai fini Irap.

 

Il modello Unico 2012 prevede che la deduzione Ace si effettui successivamente all’utilizzo delle perdite pregresse. Le imprese, infatti, dapprima indicano in dichiarazione le perdite riportate distinguendo tra quelle che hanno il limite dell’80% e quelle a riporto integrale formatesi nei primi tre anni di vita della società e, dopo la compensazione, indicano il reddito netto e deducono l’Ace.

Laddove si fosse imposto l’utilizzo dell’Ace prima della deduzione delle perdite pregresse l’impatto delle due disposizioni sarebbe stato meno favorevole, non potendosi mai arrivare a un reddito zero, salvo valori di Ace che superino il reddito. Le società con perdite in esubero rispetto al reddito avrebbero avuto a disposizione un plafond di utilizzo inferiore, pari soltanto all’80% del reddito già ridotto dell’Ace.

La deduzione Ace combinata con le perdite pregresse con vincolo dell’80% e con quelle illimitate può consentire di ridurre e massimizzare il risparmio fiscale, mantenendo a disposizione un importo più elevato di perdite illimitate da rinviare a nuovo.

Da ricordare che nel caso di reddito non capiente, l’eccedenza di Ace (oppure tutta l’Ace se la società chiude in perdita fiscale) può essere rinviata per essere aggiunta alla detassazione degli esercizi successivi e dunque scalata dal reddito senza limiti né quantitativi né temporali. Laddove negli anni seguenti non vi sia una nuova base Ace (ad esempio perché la società ha distribuito le riserve o rimborsato il capitale), l’eccedenza sarà utilizzabile autonomamente per ridurre l’imponibile.

 

12 giugno 2012

Cosimo Turrisi