Il reverse charge per telefoni cellulari e microprocessori

Il meccanismo dell’inversione contabile o reverse charge prevede che il destinatario della cessione di beni e/o servizi debba essere obbligato all’assolvimento dell’IVA in luogo del cedente: esemplifichiamo l’applicazione di tale meccanismo per telefonini e componenti di personal computer. A cura di di Silvia Margarucci e Antonella Benedetto

Inversione contabile o reverse charge

Il meccanismo della “inversione contabile” o “reverse charge” è disciplinato dall’art. 17 del D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972. Tale meccanismo prevede, in pratica, che il destinatario della cessione di beni e/o servizi (cessionario) debba essere obbligato all’assolvimento dell’Iva in luogo del cedente. Ciò in deroga al principio di carattere generale secondo cui debitore d’imposta nei confronti dell’Erario, ai fini Iva, è il soggetto che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi.

Negli ultimi anni questo meccanismo è stato utilizzato soprattutto per contrastare le cosiddette “frodi carosello”, che consentivano al fornitore di sottrarsi, in maniera fraudolenta, al versamento dell’Iva, senza che ciò potesse essere un motivo per negare la detrazione al cliente. Su determinati settori (subappalti, materiale informatico, eccetera) si è quindi imposto il criterio in esame, alternativo a quello basato sull’applicazione e la detrazione dell’Iva.

L’applicazione del meccanismo del reverse charge si articola in due momenti complementari:

  • o per un verso, il cedente del bene o il prestatore del servizio emette fattura senza addebito dell’imposta, richiamando esplicitamente la norma che prevede l’applicazione del reverse charge;
  • o per altro verso, il cessionario (o committente) deve integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta annotandola nel registro delle fatture emesse o dei corrispettivi entro il mese di ricevimento della fattura, o comunque entro 15 giorni dal suo ricevimento con riferimento al relativo mese e nel registro degli acquisti di cui all’articolo 25 del D.P.R. 633/1972.

 

Reverse charge per le cessioni di telefoni cellulari e microprocessori

L’articolo 1, comma 44 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) ha modificato il comma 6, lettere b – c dell’articolo 17 del D.P.R. 633/1972, ha previsto l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile o reverse charge alle cessioni di:

  1. “…apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative di cui all’articolo 21 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
  2. 641, come sostituita, da ultimo, dal decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, nonché dei loro componenti ed accessori;
  3. personal computer e dei loro componenti ed accessori”.

Il comma 45 della legge finanziaria per il 2007 ha tuttavia subordinato l’operatività del reverse charge per le cessioni predette alla preventiva autorizzazione degli organi comunitari.

L’Italia ha ottenuto tale autorizzazione con Decisione di esecuzione del Consiglio del 22 novembre 2010, n. 2010/710/UE, con la possibilità, in deroga al principio di carattere generale, di designare quale debitore dell’Iva il soggetto passivo destinatario della cessione dei seguenti beni:

  • telefoni cellulari, concepiti come dispositivi fabbricati o adattati per essere connessi a una rete munita di licenza e funzionanti a frequenze specifiche, con o senza altro utilizzo;
  • dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale”.

 

Beni interessati

Art. 17, co. 6, lett. b), c), d), D.P.R. n. 633/1972 Decisione del consiglio n. 710/2010/Ue del 22 novembre 2010
(…)

b)    alle cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative di cui all’articolo 21 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, come sostituita, da ultimo, dal decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, nonché dei loro componenti ed accessori;

c)     alle cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori;

d)  alle cessioni di materiali e prodotti lapidei, direttamente provenienti da cave e miniere (…)

(…)

a)        telefoni cellulari, concepiti come dispositivi fabbricati o adattati per essere connessi a una rete munita di licenza e funzionanti a frequenze specifiche, con o senza altro utilizzo;

 

b)  dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale (…)

 

Subito dopo, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta con la circolare n. 59 del 23 dicembre 2010 per chiarire taluni aspetti per l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile. Difatti, la circolare del dicembre 2010 aveva chiarito che

in merito a quest’ultima previsione si evidenzia che la disposizione di cui all’articolo 17, comma 6, lett. c) del D.P.R. n. 633 del 1972 – che fa riferimento alle cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori – reca una definizione più ampia di quella autorizzata dal Consiglio. Tuttavia, per effetto della citata decisione del Consiglio, l’articolo 17, comma 6, lett. c) trova applicazione solo per la parte che si riferisce ai componenti di personal computer cui possono ricondursi i concetti di dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale”.

La circolare ha chiarito, dunque, che il reverse charge trova applicazione per le cessioni di beni non destinati al consumatore finale.

 

Esempio

Il professionista che acquista il telefono cellulare come bene strumentale per la sua attività professionale non sarà sottoposto alle regole dell’inversione contabile, in quanto utilizzatore finale del bene acquistato.

 

La risoluzione n. 36/E del 31 marzo 2011, ha precisato che il riferimento al commercio al dettaglio deve intendersi finalizzato a individuare i soggetti che esercitano attività di commercio al minuto e attività assimilate di cui all’articolo 22 del D.P.R. 633/1972. Ne deriva che sono escluse dall’obbligo di reverse charge le cessioni di beni in argomento effettuate da

commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante”.

Come stabilisce la circolare n. 59/E del 2010, il meccanismo dell’inversione contabile si rende applicabile alle cessioni effettuate – ai sensi dell’articolo 6 del D.P.R. 633/1972 – a partire dal 1° aprile 2011. Chiarite anche le sanzioni applicabili in caso di violazione degli obblighi connessi al reverse charge.

L’applicazione del meccanismo del reverse charge è esclusa per le cessioni di beni effettuate da soggetti che operano nel regime dei c.d. contribuenti minimi, i quali sono esonerati dal versamento dell’imposta e in larga parte dagli altri adempimenti previsti dal D.P.R. 633/1972. Invece, qualora il contribuente minimo assuma la veste di cessionario dei beni in discorso, la fattura emessa nei suoi confronti in regime di reverse charge comporta l’obbligo di integrazione del documento e di versamento dell’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

L’esclusione dell’obbligo di reverse charge si applica anche nelle ipotesi in cui la cessione del telefono sia accessoria alla fornitura del traffico telefonico (per la quale trova applicazione l’ordinaria modalità di fatturazione con rivalsa dell’imposta). Anche in questo caso, infatti, la cessione del telefono non è effettuata per la successiva rivendita dello stesso a terzi ma costituisce il mezzo per consentire al cessionario/utilizzatore finale la fruizione del servizio di traffico telefonico. Ciò anche nelle ipotesi in cui nell’ambito del medesimo rapporto principale di cessione del traffico telefonico siano ceduti all’utente (titolare di una o più Simcard) più telefoni cellulari che appaiono, ragionevolmente, riconducibili ad un rapporto di accessorietà con l’operazione principale di cessione del traffico telefonico. Si evidenzia, inoltre, che è considerata accessoria alla fornitura del traffico telefonico anche la cessione di telefoni cellulari effettuata in sostituzione di altri telefoni già ceduti nell’ambito del medesimo rapporto principale di fornitura del traffico telefonico.

Con riferimento ai telefoni cellulari, la risoluzione n. 36/E ha precisato, inoltre, che l’ambito oggettivo di applicazione del reverse charge riguarda quei dispositivi la cui funzione principale sia quella di permettere di fruire dei servizi di fonia in mobilità. Il reverse charge non si applica alle cessioni dei componenti ed accessori dei telefoni cellulari, salvo che gli stessi risultino ceduti nel quadro dell’operazione principale di cessione del telefono cellulare, al fine di completare o integrare quest’ultima. In tal caso, infatti, devono essere assoggettati, ai fini Iva, al medesimo trattamento fiscale previsto per l’operazione principale, ai sensi dell’art. 12, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Esempio

La società “Gamma s.r.l.”, grossista, vende alla società “Alfa s.r.l.” un telefono cellulare per un importo pari a 8.00 €, senza addebito di Iva in quanto si applica il regime del reverse charge.

 

Scritture contabili di Gamma s.r.l.

Cliente                                            800    a          Cellulari c/vendita                        800

Scritture contabili di Alfa s.r.l.

Cellulari c/Acquisti 1.000 a Fornitori 1.000
Iva c/acquisti 200    a Iva c/vendite 200

 

La cessione dei dispositivi a circuito integrato

Con la Risoluzione n° 13/E del 7 Febbraio 2012 l’Agenzia delle Entrate fornisce ulteriori chiarimenti in merito all’obbligo di inversione contabile per i dispositivi a circuito integrato e assimilabili.

Come detto in precedenza, già con la Risoluzione 36/E del 31 marzo 2011 l’Agenzia delle Entrate aveva fornito importanti chiarimenti circa l’applicazione del meccanismo del reverse charge ai casi di cessioni aventi ad oggetto i dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori ed unità centrali di elaborazione, principalmente riconducibili alle componenti dei personal computer. In particolare la risoluzione dell’Agenzia faceva riferimento alla cessione di questi dispositivi nelle fasi precedenti la loro installazione in beni destinati al consumo finale, ossia in tutte le fasi di commercializzazione precedenti la vendita al dettaglio, precedenti l’installazione nei prodotti finali destinati alla vendita.

Come per i telefoni cellulari, dunque, anche per i dispositivi a circuito integrato, si escludono dall’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile i casi di vendita effettuata dal dettagliante al consumatore finale, per i quali il cedente dovrà procedere all’addebito in fattura dell’IVA dovuta, secondo la regola ordinaria.

Nei casi di applicazione del reverse charge, pertanto, il soggetto cessionario diviene così obbligato nei confronti dell’erario all’assolvimento della relativa imposta nel caso si tratti di soggetto passivo “nel territorio dello Stato”.

In questo modo il cessionario che acquista dispositivi a circuito integrato, in deroga al regime ordinario, mediante il meccanismo dell’inversione contabile, diventa debitore dell’imposta nei confronti dell’erario. Successivamente, il cessionario/acquirente, poiché non è il consumatore finale dei dispositivi acquisiti, effettuerà, a sua volta, una cessione.

In sostanza possono verificarsi due casi:

  • il cessionario, non dettagliante, rivende le singole componenti (dispositivi) precedentemente acquistate: in tal caso, egli assumerà a sua volta la veste di cedente nei confronti del nuovo acquirente ed emetterà fattura indicando che si tratta di operazione esente IVA ex art. 17, c. 6, lettera c);
  • il cessionario installa i dispositivi acquistati su altri prodotti (esempio: server aziendali, computer) e, successivamente, vende l’intero complesso di beni che ha incorporato il dispositivo acquisito al consumatore finale: in tal caso, nel vendere l’intero complesso di beni, il primo cessionario opererà secondo le norme ordinarie di applicazione dell’IVA, addebitando in fattura l’IVA al consumatore finale.

In tale ultima fattispecie, rientra anche il caso in cui il soggetto che ha acquistato i dispositivi di cui sopra utilizzi gli stessi per rendere una prestazione di servizio, ad esempio nei casi di riparazione dei personal computer.

Ma a quali dispositivi e congegni elettronici è applicabile in dettaglio il meccanismo del reverse charge? Più volte l’Agenzia delle Entrate è intervenuta per meglio chiarire il perimetro di applicabilità, in seguito ai quesiti posti da Imprese ed Associazioni di categoria.

Con risoluzione n. 36/E del 31 marzo 2011 è stato precisato che il meccanismo dell’inversione contabile si applica a tutte le cessioni, comprese quelle relative a beni destinati a essere installati in apparecchi analoghi ai personal computer, come, per esempio, i server aziendali o, comunque, su articoli destinati al consumo finale. In particolare recita la Risoluzione che ricadono

“nell’ambito applicativo del reverse charge anche quei dispositivi comunque riconducibili ai concetti di Circuiti integrati elettronici di cui al codice NC 8542 3190 della nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune di cui all’allegato I del Regolamento CEE) n. 2658/87 del Consiglio”.

Con l’identificazione del codice NC 8542 3190, l’Agenzia ha cercato di rendere l’individuazione dei dispositivi nel modo più oggettivo possibile. Ciò nonostante sono pervenute successivamente ulteriori richieste di chiarimento. L’ultima risoluzione n°13/E del 7 Febbraio dell’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un interpello che chiedeva chiarimenti in merito all’applicabilità del meccanismo dell’inversione contabile alle cessioni di dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumo finale.

Al fine di fornire i chiarimenti richiesti, l’Agenzia delle Entrate ha chiesto a sua volta lumi all’Agenzia delle Dogane, volti a chiarire se effettivamente il codice doganale NC 8542 3190 sia sufficiente ad individuare i dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione. In proposito, l’Agenzia delle Dogane ha affermato che: le

unità centrali di elaborazione (più conosciute come CPU) il cui compito è quello di eseguire le istruzioni di un programma (che deve essere in memoria) sono generalmente implementate fisicamente attraverso microprocessori di cui al codice NC 8542 3190, tuttavia le CPU, specie negli ultimi tempi, vengono anche realizzate con tecnologia multi-core,nel senso che la CPU è costituita da più core, ovvero da più nuclei di processori fisici montati sullo stesso package, classificabile al codice NC 8542 3110, in base alla nota 8 b) 3) al capitolo 85 NC. I microprocessori sono classificabili, pertanto, alla sottovoce NC 85423190, mentre le unità centrali di elaborazione sono classificabili, sia alla sottovoce NC 8542 3190, come da Voi indicato, sia alla sottovoce NC 8542 3110, come peraltro si evince dalla lettura delle Note Esplicative alla Nomenclatura Combinata pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea C137 in data 6 maggio 2011”.

Alla luce dei chiarimenti ricevuti, l’Agenzia ha ritenuto che debbano essere assoggettati all’obbligo di inversione contabile anche quei dispositivi a circuito integrato, quali componenti di personal computer, riconducibili al codice NC 8542 3110.

L’Agenzia infine ha ritenuto utile chiarire che ai fini dell’applicazione del reverse charge “rileva l’oggettiva riferibilità dei beni di cui ai predetti codici NC a personal computer o apparati analoghi.”

Il sistema dell’inversione contabile deve pertanto essere applicato a microprocessori e unità centrali di elaborazione individuati in base ai codici NC 85423190 e 85423110, in quanto oggettivamente idonei ad essere installati in personal computer o apparati simili, a prescindere dalla loro effettiva destinazione a tali apparecchi, vale a dire a prescindere dal fatto che siano destinati ad essere incorporati nei predetti apparecchi o in altri congegni, come ad esempio gli elettrodomestici.

 

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1 marzo 2012

Silvia Margarucci e Antonella Benedetto

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