Operazioni soggettivamente inesistenti: il caso di attività incompatibile

E’ da ritenere soggettivamente inesistente la fattura emessa da un’azienda se l’attività della stessa azienda è incompatibile con quella indicata nella fattura.

Con sentenza n. 1379 del 17 gennaio 2012 (ud. 1 dicembre 2011) la Corte di Cassazione Penale, Sez. III, ha ritenuto soggettivamente inesistente la fattura emessa se l’attività dell’azienda è incompatibile con quella indicata nel documento.

 

La decisione

Per la Corte,

sentenza corte di cassazione“la inesistenza delle operazioni documentate nelle fatture utilizzate dal ricorrente era stata verificata, secondo la Corte territoriale, sulla base delle seguenti circostanze: l’attività svolta dall’impresa che aveva emesso le fatture (commercio al dettaglio di articoli di uso domestico) era incompatibile con i lavori in esse descritti (ristrutturazione di una palazzina adibita ad ufficio e costruzione di un capannone); i pagamenti riportati nelle fatture risultavano effettuati per un ammontare complessivo di 811.000 Euro, mentre il destinatario degli stessi aveva indicato, nello stesso anno, ricavi per soli 71.000 Euro; l’imprenditore che aveva emesso le fatture non aveva dipendenti ed avrebbe dovuto pertanto effettuare personalmente i complessi interventi edilizi”.

 

 

Fattura soggettivamente inesistente per incompatibilità con l’attività – Brevi note

La sentenza che si annota – in maniera netta – fissa degli importanti principi, che vanno ad aggiungersi ai diversi pronunciamenti già espressi dalla Corte di Cassazione in materia di operazioni soggettivamente inesistenti.

Le fatture venivano emesse non solo da una ditta che svolgeva una attiva sostanzialmente incompatibile con quella fatturata (commercio al dettaglio di articoli di uso domestico a fronte di lavori edili) ma che non aveva neanche dipendenti in grado di effettuare i complessi interventi edilizi.

La contestazione dell’operazione imponibile soggettivamente inesistente deve essere superata con la dimostrazione, attraverso precisi riscontri, da parte del cessionario, della propria qualità rispetto all’altruità della fatturazione, non essendo decisive al tale fine lo strumento del pagamento o l’intervenuta consegna (cfr. sentenza n. 8132 dell’11 aprile 2011, ud. del 3 giugno 2010, della Corte di Cassazione).

Ricordiamo che l’emissione della fattura da parte di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione non è riconducibile alla fattispecie, prevista dall’art. 41, c. 3, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dell’emissione di fattura recante indicazioni incomplete od inesatte, nè a quella, prevista dall’art. 21, c. 2, n. 1, del medesimo D.P.R., di omissione dell’indicazione dei soggetti tra cui è effettuata l’operazione, ma va qualificata come fatturazione di un’operazione soggettivamente inesistente, per la quale deve essere versata la relativa imposta, ai sensi dell’art. 21 cit., non essendo consentita la detrazione di fatture emesse da chi non è stato controparte ne rapporto riguardante l’operazione fatturata (Cass. n. 5719/2007).

In particolare, la nozione di fattura soggettivamente inesistente presuppone, da un lato, l’effettività dell’acquisto dei beni entrati nella disponibilità patrimoniale dell’impresa utilizzabile delle fatture e, dall’altro, la simulazione soggettiva, ossia la provenienza della merce da ditta diversa da quella figurante sulle fatture medesima circostanza quest’ultima non indifferente ai fini dell’IVA, dal momento che la qualità del venditore può incidere sulla misura dell’aliquota e, per conseguenza, sull’entità dell’imposta che l’acquirente può legittimamente detrarre (Cass. n. 29467 del 2008)”.

Resta fermo che

“qualora, l’Amministrazione fornisca validi elementi di prova per affermare che alcune fatture sono state emesse per operazioni inesistenti, è onere del contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni, tenendo presente, tuttavia, che l’Amministrazione non può limitarsi ad una generale ed apodittica non accettazione della documentazione del contribuente, essendo suo onere quello di indicare specificamente gli elementi, anche indiziali, sui quali si basa la contestazione ed il giudice di merito deve prendere in considerazione tali elementi, senza limitarsi a dichiarare che essi esistono e sono tali da dimostrare la falsità delle fatture (Cass. n. 21953/2007)”.

 

Più specificamente,

“qualora l’Amministrazione contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, e fornisca attendibili riscontri indiziari sulla inesistenza delle operazioni fatturate, è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indebiti; nell’ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti, il diritto alla detrazione dell’imposta versata in rivalsa al soggetto, diverso dal cedente – prestatore, che ha, tuttavia, emesso la fattura, non sorge immancabilmente, per il solo fatto dell’avvenuta corresponsione di imposta ivi formalmente indicata, ma richiede altresì, che il committente-cessionario, il quale invochi la detrazione, fornisca, sul proprio stato soggettivo in ordine all’altruità della fatturazione, riscontri precisi, non esaurientisi nella prova dell’avvenuta consegna della merce e del pagamento della stessa nonchè dell’IVA riportata sulla fattura emessa dal terzo, trattandosi di circostanze non decisive, rispetto al thema probandum, in rapporto alle peculiarità del meccanismo dell’IVA e dei relativi, possibili, abusi (Cass. n. 1950/2007)”.

 

Pertanto, qualora, l’Amministrazione fornisca validi elementi di prova per affermare che alcune fatture sono state emesse per operazioni inesistenti, spetta al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni.

Ogni qualvolta, quindi, l’ufficio contesti l’utilizzazione di fatture false soggettivamente non assume rilievo l’avere assolto e registrato i pagamenti, in quanto l’apparente regolarità della forma non osta all’accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria della fittizietà delle operazioni ( cfr. Cassazione n. 4750 del 26 febbraio 2010, ud. del 27 gennaio 2010).

Ma è difficile in questo contesto anche affermare che le operazioni sono state fatte da personale in nero.

 

26 marzo 2012

Gianfranco Antico