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Il modello per la definizione delle liti pendenti
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Con ordinanza n. 2546 del 21 febbraio 2012 (ud. 6 dicembre 2011) la Corte di Cassazione ha ritenuto definibile, in costanza del vecchio art. 16 della legge n.289/2002, il ruolo derivante da liquidazione ex art. 36-bis, del D.P.R. n. 600/73.
Il processo
Davanti la Suprema Corte è stata richiesta la cassazione della sentenza n. 90/22/2007, pronunziata dalla CTR di Palermo Sezione n. 22 il 15.12.2007 e depositata il 15 dicembre 2007.
Il ricorso, che attiene ad impugnazione di avviso di mora e di diniego condono, ai fini ILOR per gli anni 1989 e 1990, censura l'impugnata decisione per violazione ed errata applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, nonchè per omessa motivazione su punto controverso e decisivo.
Il principio affermato
La questione posta dal ricorso è stata decisa in base al principio secondo cui "In tema di condono fiscale, costituisce lite suscettibile di definizione, ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, e può quindi giovarsi della sospensione dei termini processuali ivi prevista, la controversia avente ad oggetto l'impugnazione dell'iscrizione a ruolo con la quale l'amministrazione finanziaria, a seguito del controllo della dichiarazione dei redditi di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, recuperi a tassazione una determinata posta ritenendola non deducibile, perchè quello impugnato rappresenta il primo atto con cui l'ufficio esercita una pretesa impositiva, non corrispondente alla volontà del contribuente (Cass. n. 9148/2005, n. 2962/2006, n. 4239/2006)”.
Brevi note
La sentenza che si annota appare particolarmente significativa, atteso l’emendamento inserito nel cd. D.L. milleproroghe ha allungato il termine originario per la chiusura delle liti pendenti al 2 aprile 2012, facendovi rientrare le liti pendenti al 31 dicembre 2011.
Come è noto, l’art. 39, c. 12, del D.L. luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, prevede la definizione delle liti fiscali di valore non superiore ad € 20.000 in cui è parte l’Agenzia delle entrate, dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, con il pagamento delle somme determinate ai sensi dell’art. 16della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
In generale, possono essere definite le controversie aventi ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, ogni altro atto di imposizione, restando escluse le controversie non aventi natura di “atti impositivi”.
Il valore della lite va individuato sulla base del tributo o maggior tributo accertato o, nel caso di impugnazione parziale, sulla base del tributo o del maggior tributo contestato, a prescindere dagli ulteriori sviluppi della controversia, con esclusione degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato provvedimento.
Il valore della lite è determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dal numero di soggetti interessati e dai tributi in esso indicati. Per lite autonoma si intende quella relativa ad ogni singolo avviso di accertamento, provvedimento di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione. Se con il medesimo atto introduttivo del giudizio siano stati impugnati più provvedimenti, il valore della lite dovrà essere calcolato per ogni singolo atto in contestazione, così da rendere irrilevante l'eventuale riunione di più giudizi, in quanto il valore da considerare è sempre quello relativo alla lite inizialmente instaurata.
Avendo la definizione per oggetto il contenuto complessivo di ogni singola controversia, non è ammessa la definizione parziale, riferita cioè ad una sola parte (o imposta) della materia del contendere, così come circoscritta dall'atto introduttivo del giudizio, escluse le ipotesi in cui una lite autonoma ha per oggetto sia rapporti tributari definibili che rapporti non definibili.
Si definisce con soli € 150 se il valore della lite non supera € 2.000, mentre per gli importi superiori, il costo dell’operazione è così composto:
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10% del valore della lite in caso di soccombenza dell'Amministrazione finanziaria dello Stato nell'ultima od unica pronuncia giurisdizionale non cautelare resa, sul merito o sull'ammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio, alla data di presentazione della domanda di definizione della lite;
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50% del valore della lite in caso di soccombenza del contribuente nell'ultima od unica pronuncia giurisdizionale non cautelare resa, sul merito o sull'ammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio, alla data di presentazione della domanda di definizione della lite;
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30% del valore della lite nel caso in cui, alla medesima data, la lite penda ancora nel primo grado di giudizio e non sia stata già resa alcuna pronuncia giurisdizionale non cautelare sul merito o sull'ammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio.
Sul punto specifico trattato dall’ordinanza della Corte di Cassazione che si annota, la circolare n.48/2011, in via di principio, ha puntualizzato che non sono definibili le liti fiscali aventi ad oggetto i ruoli emessi per imposte e ritenute indicate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta nelle dichiarazioni presentate, ma non versate (lettera f, del comma 2 dell’articolo 36-bis del D.P.R.n.600/73 e lettera c, del comma 2 dell’articolo 54-bis del D.P.R. n. 633/72; comma 2-bis dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973).
Sono, altresì, esclusi le ipotesi di omesso versamento dell’Irap dovuta dai lavoratori autonomi che, dopo aver indicato detta imposta in dichiarazione, ne hanno poi omesso il versamento per ritenuta insussistenza del presupposto dell’autonoma organizzazione, di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
Anche nel caso in cui, con la liquidazione della dichiarazione ai sensi dei citati articoli 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, si provveda al recupero di un credito proveniente dal precedente periodo d’imposta per il quale la dichiarazione risulta omessa, si esercita una potestà riconducibile essenzialmente alla mera liquidazione delle imposte, con la conseguenza che la controversia sorta a seguito dell’impugnativa del relativo ruolo non è definibile.
Invece, nell’ipotesi di riduzione o esclusione di deduzioni e detrazioni non spettanti sulla base dei dati dichiarati dai contribuenti, mediante la procedura di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero alle correzioni effettuate ai sensi dell’articolo 54-bisdel D.P.R. n. 633 del 1972, il ruolo si differenzia dall’atto di mera riscossione dell’imposta, già dichiarata, liquidata e non versata dal contribuente e, dal momento che scaturisce dalla rettifica della dichiarazione, esso assolve anche una funzione di provvedimento impositivo, e quindi, le relative controversie sono ammesse alla definizione, ancorché riguardanti il ruolo.
In tal caso, il contribuente che, alla data del versamento dell’importo dovuto per la definizione, non abbia ancora pagato la cartella, acquisisce, a seguito della verifica della regolarità della domanda presentata, il diritto allo sgravio del ruolo.
Qualora, invece, prima della presentazione della domanda il contribuente abbia già pagato per intero la cartella, non vi è sostanzialmente interesse alla definizione, in quanto, fatta salva l’ipotesi in cui sia già intervenuta la soccombenza dell’Agenzia delle entrate, non si ha diritto al rimborso dei versamenti effettuati.
Evidenziamo che la Corte richiama i recuperi a tassazione di poste ritenute non deducibili, purchè quello impugnato rappresenta il primo atto con cui l'ufficio esercita una pretesa impositiva.
La stessa circolare n. 48/2001 precisa però che la cartella di pagamento, quando è preceduta da un avviso di accertamento, costituisce atto di riscossione della somma dovuta in base all’avviso stesso e non un autonomo atto impositivo. Di conseguenza, non è definibile la lite fiscale promossa con impugnazione della cartella preceduti dall’avviso di accertamento.
Possono essere definite, al contrario, le controversie generate da ricorsi avverso ruoli che non siano state precedute da atti impositivi presupposti e, conseguentemente, portino per la prima volta il contribuente a conoscenza della pretesa tributaria.
In particolare, secondo quanto indicato nella C.M.n.48/2011, “nelle ipotesi in cui la cartella di pagamento deve essere preceduta dall’avviso di accertamento, la lite è definibile se il contribuente ha proposto ricorso avverso la cartella eccependo l’invalidità della notifica del relativo atto impositivo e sempre che quest’ultimo non costituisca oggetto di distinto giudizio. In altri termini, il contribuente può avvalersi dell’articolo 39, D.L. n. 98/2011, qualora abbia impugnato il ruolo, assumendo di non aver ricevuto una valida notifica dell’avviso di accertamento. In questo caso, la cartella costituisce il primo atto attraverso il quale il contribuente è venuto a conoscenza della pretesa impositiva, essendo in contestazione l’asserita inesistenza o nullità della notifica dell’atto impositivo, che, se confermata dal giudice, determina la declaratoria di nullità del ruolo. Ai fini della definibilità della lite, non è necessario che nell’atto introduttivo del giudizio avverso la cartella sia stato richiesto espressamente anche l’annullamento dell’avviso di accertamento, ma è sufficiente che sia stata contestata la validità della relativa notifica, seppure al limitato fine di ottenere l’annullamento del ruolo”.
Qualora, invece, l’avviso di accertamento sia stato impugnato, anche tardivamente, in quanto ritenuto irritualmente notificato e, per lo stesso motivo, sia stato proposto un distinto ricorso avverso la successiva cartella di pagamento, la lite da definire è quella concernente l’accertamento. In conseguenza della chiusura di tale lite, si potrà richiedere pronuncia di estinzione per cessazione della materia del contendere anche nel giudizio instaurato avverso la cartella di pagamento.
12 marzo 2012
Roberta De Marchi