Si concilia solo pagando: la conciliazione giudiziale

le regole per la definizione delle controversie con la cd. “conciliazione giudiziale”, con particolare attenzione ai casi e alle modalità di pagamento dilazionato

Con sentenza n. 24931 del 25 novembre 2011 (ud. 4 ottobre 2011) la Corte di Cassazione ha fissato dei paletti netti sulle modalità versamento delle somme dovute a seguito di conciliazione giudiziale, ex art 48, del D.Lgs.n.546/92.

 

Il fatto

Con sentenza n. 126/11/05, depositata il 04.11.05, la CTR del Friuli Venezia Giulia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione di primo grado, con la quale era stata dichiarata l’estinzione del giudizio per intervenuta conciliazione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, c. 5, della controversia originata da un ricorso nei confronti di un avviso di accertamento per l’anno 1994 (il contribuente, dopo aver pagato la prima rata, non provvedeva a versare le rate successive, né prestava garanzia alcuna per il residuo debito rateizzato).

La CTR, invero, “pur ritenendo che il perfezionamento della conciliazione potesse, in concreto, avvenire solo in seguito all’integrale pagamento del dovuto, o con il pagamento della prima rata, seguito dalla prestazione di polizza fideiussoria a garanzia del residuo debito rateizzato, dichiarava, nondimeno, estinto il giudizio, ben potendo l’amministrazione procedere – a suo avviso – alla riscossione delle somme dovute sulla base del processo verbale di conciliazione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, comma 3”.

 

La sentenza

I giudici, innanzitutto, prendo atto che “gli atti dichiarativi delle varie specie di conciliazione, previste nel giudizio tributario dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, non determinano di per sè la cessazione della materia del contendere, atteso che tale effetto estintivo si produce solo quando, con il versamento della somma concordata, gli stessi siano divenuti efficaci e perfetti”.

Se è vero che la conciliazione giudiziale “ha carattere novativo delle precedenti opposte posizioni soggettive e comporta l’estinzione della pretesa fiscale originaria, unilaterale e contestata dal contribuente, e la sua sostituzione con una certa e concordata”, tuttavia, “tale effetto estintivo per novazione può logicamente verificarsi esclusivamente nel caso in cui la fattispecie conciliativa si sia perfezionata, secondo le modalità previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48. E’ di chiara evidenza, infatti, che solo in tale ipotesi il verbale di conciliazione, data l’acquisita incontrovertibilità di quanto in esso consacrato, potrebbe costituire titolo per la riscossione, ai sensi della norma summenzionata (cfr. Cass. 14300/09)”.

Di conseguenza, “la conciliazione giudiziale rateale – ricorrente nel caso di specie – si perfeziona solo con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’imposto della prima rata concordata, e con la prestazione della garanzia prevista sull’importo delle rate successive. In caso di mancato adempimento degli obblighi suindicati, non può, di conseguenza, verificarsi l’estinzione del processo tributario per cessazione della materia del contendere, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46 (v. Cass. 9219/11). In siffatta ipotesi di mancato perfezionamento della fattispecie estintiva, pertanto, la pronuncia di primo grado che – come nel caso concreto – abbia, nondimeno, dichiarato l’estinzione del processo per cessazione della materia del contendere, è appellabile dall’Ufficio, il quale non può essere costretto all’esecuzione di una conciliazione che, per le ragioni suesposte, è da reputarsi del tutto inesistente. Ed il giudice di appello dovrà, giocoforza, procedere ad un esame nel merito del rapporto controverso. Non potrebbe, per vero, l’amministrazione – come, di fatto, è accaduto nel caso di specie, avendo la CTR confermato la sentenza di rito summenzionata, nonostante il mancato perfezionamento della fattispecie conciliativa – essere privata della sua legittima pretesa di far valere il proprio interesse ad una pronuncia di merito sul rapporto giuridico controverso (cfr. Cass. 3560/09)”.

 

Il principio di diritto

Indichiamo, quindi, il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione: “la conciliazione giudiziale rateale, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, si perfeziona solo con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’imposto della prima rata concordata, e con la prestazione della garanzia prevista sull’importo delle rate successive; in caso di mancato adempimento degli obblighi suindicati, non può, di conseguenza, verificarsi l’estinzione del processo tributario per cessazione della materia del contendere, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, e la causa dovrà, pertanto, essere decisa nel merito“.

 

Brevi note

L’istituto della conciliazione giudiziale nasce mediante l’inserimento nel D.P.R. n. 633/72 dell’art.20-bis, così come introdotto in via definitiva dall’articolo 2-sexies del D.L. 30 settembre 1994, n.564, convertito in legge 30 novembre 1994, n.656, oggetto successivamente di ripetute e sostanziali modifiche.

  • La conciliazione in udienza può essere legittimamente proposta solo innanzi la Commissione Tributaria Provinciale e non oltre la prima udienza, da ciascuna delle parti verbalmente nella prima udienza, ovvero dalla Commissione Tributaria di sua iniziativa se nessuna delle parti ha avanzato in udienza proposta di conciliazione (tentativo di conciliazione d’ufficio). Se il controllo da parte del Giudice – volto ad accertare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni di ammissibilità della conciliazione – ha esito positivo, è redatto il processo verbale di conciliazione (che costituisce titolo per la riscossione di quanto dovuto e va sottoscritto dal Presidente della Commissione e dalle parti o dai loro rappresentanti), e viene emesso il provvedimento di estinzione del giudizio.

  • Il procedimento di conciliazione fuori udienza (cd.rito abbreviato) può essere instaurato anteriormente alla prima udienza avanti la Commissione Tributaria Provinciale: da ciascuna delle parti con la stessa istanza di trattazione della controversia in pubblica udienza; solo dall’ufficio (o dall’ente impositore), con una proposta di conciliazione alla quale il contribuente abbia già previamente aderito. La proposta “preconcordata” va depositata nella segreteria della Commissione Tributaria Provinciale entro la data di trattazione in camera di consiglio, ovvero fino alla discussione in pubblica udienza, se costituisce il primo ed unico procedimento; diversamente, entro il termine assegnato dalla Commissione che non può essere superiore a sessanta giorni dalla prima udienza, se costituisce un’ulteriore proposta. A seguito della presentazione della proposta – e dopo il previo controllo di legittimità – il Presidente della sezione giudicante o della Commissione Tributaria quale organo collegiale emette un provvedimento di decreto di estinzione (totale o parziale) del giudizio, comunicato alle parti a cura della segreteria, se il controllo di legittimità ha dato esito positivo; ovvero provvede alla fissazione della trattazione della controversia, se il controllo ha dato esito negativo, depositato in segreteria entro 10 giorni dalla data di presentazione della proposta. Spetta alla Commissione Tributaria quale organo collegiale, e non al Presidente della sezione verificare se la proposta è stata presentata dopo la data di fissazione della trattazione della prima udienza. Anche in tale ipotesi il controllo può dare esito positivo o negativo: se positivo è emessa sentenza di estinzione (totale o parziale) del giudizio; se negativo, è fissata, con ordinanza, la data di trattazione della controversia. I termini per il pagamento decorrono dalla data di notificazione alla parte del provvedimento giudiziale (decreto o sentenza).

 

La sentenza che si annota richiama e fa suo un illustre precedente: la sentenza della Corte di Cassazione n. 3560 del 13 febbraio 2009 (ud. del 3 novembre 2008), che aveva accolto la tesi dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui la conciliazione giudiziale non può definirsi perfetta e, quindi, né valida né efficace, in difetto del versamento concordato. Ne deriva che l’unico effetto che essa realmente produce, cioè la dichiarazione di estinzione del processo da parte del giudice di primo grado, è subordinato all’effettiva concretizzazione delle condizioni richieste dalla legge per la stessa esistenza giuridica dell’accordo. L’ulteriore conseguenza è che solo mediante la proposizione dell’appello si potrebbe rimuovere il provvedimento di estinzione adottato dalla CTP, onde consentire alla CTR di esaminare il merito della controversia.

Per la Corte sono rilevanti le disposizioni normative allora vigenti che fissano l’efficacia del verbale di conciliazione e degli atti ad esso equiparati. Esse sono:

a) il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 48, c. 3, n. 2: “Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute mediante versamento diretto in un’unica soluzione ovvero in forma rateale … previa prestazione di idonea garanzia…”;

b) il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 48, c. 3, n. 3: “La conciliazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata e con la prestazione della predetta garanzia sull’importo delle rate successive...”.

 

Per la Corte, “per tutte le specie di conciliazione … il momento in cui la conciliazione si perfeziona è quello del versamento completo o, nel caso di rateizzazione dell’adempimento, quello del versamento della prima rata accompagnato da idonea garanzia del pagamento anche del debito residuo”.

Ne deriva che solo con la perfezione la conciliazione produce anche i suoi possibili effetti estintivi nei riguardi del rapporto giuridico tributario sostanziale e nei riguardi del rapporto giuridico tributario processuale.

Osserviamo, tuttavia, che gli estensori della sentenza n. 3560/2009 ritengono che questa costruzione legislativa della conciliazione giudiziale tributaria non è affatto compatibile col genere della novazione, che è stata operata dalla CTR nella sentenza impugnata e che è stata accolta anche da qualche pronuncia della Corte (Corte di cassazione 20 settembre 2006, n. 20386).

Le considerazioni svolte inducono la Corte ad affermare che :

  • la conciliazione tributaria giudiziale non ha natura negoziale, e in particolare non ha la natura di novazione, ma ha la natura, unitaria, perché comune a tutte le sue specie, di fattispecie a formazione progressiva e procedimentalizzata, caratterizzata dall’identità temporale della sua perfezione e della sua efficacia;

  • solo nel momento in cui la conciliazione raggiunge la perfezione – efficacia si estingue il rapporto giuridico tributario sostanziale e, pendente una controversia giudiziale, si produce la cessazione della materia del contendere.

 

Se l’atto di conciliazione è imperfetto fino a quando non sia stata adempiuta l’obbligazione conciliata e se fino ad allora non si estingue il rapporto giuridico tributario sostanziale, oggetto della controversia, e se, quindi, non si realizza alcuna cessazione della materia del contendere, la CTP non può adottare alcun provvedimento sull’esistenza del processo.

 

10 febbraio 2012

Francesco Buetto