Credito d'imposta ad ampio raggio per chi investe in progetti di università o enti di ricerca

Analizziamo una delle interessanti forme di collaborazione fra impresa ed università che sono premiate dal Fisco con un credito d’imposta: le regole per accedere al credito e le modalità di quantificazione.

Credito d’imposta ad ampio raggio per le imprese che investono in progetti di ricerca realizzati da Università o da Enti di ricerca

Credito d'imposta ad ampio raggio per le aziende che investono in progetti di università o enti di ricercaE’ questo sicuramente il primo dei tanti aspetti da rilevare dalla lettura della circolare n. 51/E del 28 novembre 2011, che ha fornito gli attesi chiarimenti in ordine all’art. 1, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70,convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, norma che ha istituito, in via sperimentale per gli anni 2011 e 2012, un credito d’imposta al fine di incentivare le imprese ad effettuare investimenti in “progetti di ricerca” svolti da Università o enti pubblici di ricerca anche in associazione, in consorzio o in joint venture con altre qualificate strutture di ricerca di equivalente livello scientifico.

Il credito di imposta è riconosciuto nella misura del 90% della quota di investimenti che eccede la media degli investimenti in ricerca effettuati nel triennio 2008-2010 ed è fruibile in tre quote annuali a decorrere da ciascuno degli anni 2011 e 2012.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 2011/130237 del 9 settembre 2011, sono state adottate le disposizioni applicative della misura agevolativa.

 

AMBITO SOGGETTIVO

Imprese beneficiarie

Beneficiarie del credito di imposta in esame sono le “imprese che finanziano progetti di ricerca” realizzati da Università ovvero enti pubblici di ricerca.

Sotto il profilo soggettivo, dunque, il credito di imposta è riservato a tutte le imprese che – indipendentemente dalla forma giuridica, dalle dimensioni aziendali, dal settore economico in cui operano, nonché dal regime contabile adottato – effettuano investimenti in progetti di ricerca commissionati a Università o enti pubblici di ricerca.

Possono fruire dell’agevolazione anche gli enti non commerciali, con riferimento all’attività commerciale eventualmente esercitata.

Sono ammesse all’agevolazione sia le imprese residenti nel territorio dello Stato che le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di imprese non residenti.

Possono, altresì, fruire dell’agevolazione anche le imprese che si costituiscono o intraprendono l’attività a partire dal 14 maggio 2011, data di entrata in vigore del decreto sviluppo.

 

Strutture finanziabili

Il credito di imposta è destinato alle imprese che finanziano progetti di ricerca “in Università ovvero enti pubblici di ricerca”.

Inoltre, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, emanato di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere individuate “altre strutture finanziabili”, cioè ulteriori strutture alle quali le imprese possono commissionare progetti di ricerca al fine di accedere al beneficio fiscale.

Ai fini dell’accesso al credito d’imposta, le imprese dovranno verificare che la struttura di cui intendono finanziare il progetto di ricerca abbia le caratteristiche per rientrare in una delle categorie indicate oppure individuate eventualmente nel sopra citato decreto, qualora venga emanato.

 

In particolare, per “Università ed enti pubblici di ricerca” devono intendersi:

1) le Università, statali e non statali, e gli Istituti Universitari, statali e non statali, legalmente riconosciuti;

2) gli enti pubblici di ricerca di cui all’articolo 6 del Contratto collettivo quadro per la definizione dei comparti di contrattazione per il quadriennio 2006-2009;

3) l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI);

4) gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico;

5) gli “organismi di ricerca” come definiti nella comunicazione della Commissione n. 2006/C 323/01, recante disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea C 323 del 30 dicembre 2006. Rientra nella nozione di “organismo di ricerca”, un

“soggetto senza scopo di lucro, quale un’università o un istituto di ricerca, indipendentemente dal suo status giuridico (costituito secondo il diritto privato o pubblico) o fonte di finanziamento, la cui finalità principale consiste nello svolgere attività di ricerca di base, di ricerca industriale o di sviluppo sperimentale e nel diffonderne i risultati, mediante l’insegnamento, la pubblicazione o il trasferimento di tecnologie; tutti gli utili sono interamente reinvestiti nelle attività di ricerca, nella diffusione dei loro risultati o nell’insegnamento; le imprese in grado di esercitare un’influenza su simile ente, ad esempio in qualità di azionisti o membri, non godono di alcun accesso preferenziale alle capacità di ricerca dell’ente medesimo né ai risultati prodotti”.

 

Le Università o gli enti pubblici di ricerca possono sviluppare i progetti così finanziati anche in associazione, in consorzio, in joint venture con altre “qualificate strutture di ricerca, anche private, di equivalente livello scientifico”.

La disposizione indica a titolo esemplificativo le varie forme associative mediante le quali le Università o gli enti pubblici di ricerca possono svolgere i progetti di ricerca finanziati, rendendo di fatto ammissibili eventuali altre forme associative assimilabili a quelle espressamente indicate. Le disposizioni sopra richiamate non prevedono esclusioni soggettive fondate sulla residenza dell’Università o dell’ente pubblico cui è commissionata l’attività di ricerca.

 

 

AMBITO OGGETTIVO

La ricerca agevolabile

L’agevolazione è destinata alle imprese che “finanziano progetti di ricerca in Università ovvero enti pubblici di ricerca”.

Stante il riferimento generico a progetti di “ricerca”, senza ulteriori precisazioni, l’accesso al beneficio non è limitato ad una determinata tipologia di ricerca.

Sono ammissibili al beneficio le sole attività di ricerca riconducibili ad una o più delle categorie di ricerca sopra richiamate, purché svolte su commissione dalle Università o dagli enti pubblici di ricerca, restando escluse, conseguentemente, dall’ambito applicativo della misura la ricerca svolta direttamente dall’impresa, cioè la cosiddetta “ricerca interna”.

 

Tipologia di investimenti

Obiettivo della misura è incentivare le imprese ad effettuare investimenti in “progetti di ricerca” svolti da Università o enti pubblici.

La norma non individua analiticamente le tipologie di investimento agevolabili né le spese ammissibili.

Tuttavia, sulla base del dato letterale, per le Entrate, sono da ritenere esclusi dagli investimenti agevolabili, in ogni caso, le spese di ricerca sostenute direttamente dalle imprese, ancorché relative a beni o servizi messi a disposizione delle Università o degli enti per la realizzazione del progetto di ricerca cui l’impresa medesima compartecipa.

Per quanto riguarda l’individuazione dei costi ammissibili, in considerazione delle analogie riscontrabili con la disciplina relativa alla precedente versione del credito di imposta per la ricerca, introdotto dall’articolo 1, commi da 280 a 283, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, vengono mutuate le soluzioni interpretative adottate, in particolare, con riferimento ai costi di ricerca “riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca”.

In proposito, al fine di individuare tale tipologia di costi, la circolare n. 46/E del 13 giugno 2008, al paragrafo 4.4, fa esplicito rinvio all’elenco di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze, n. 76 del 28 marzo 2008, dal quale si evince che i costi relativi alla “ricerca contrattuale” sono considerati ammissibili, “nella misura congrua e pertinente”, purché i risultati di tale ricerca siano acquisiti “nell’ambito di un’operazione effettuata alle normali condizioni di mercato e che non comporti elementi di collusione” (cfr. lettera d).

Resta fermo che i costi ammissibili devono rispettare anche il requisito dell’inerenza previsto dall’articolo 109, comma 5, del T.U. n. 917/86.

Infine, in considerazione della natura automatica dell’incentivo – che non prevede la valutazione preventiva del progetto di ricerca commissionato – le imprese beneficiarie devono conservare tutta la documentazione, sia amministrativa sia contabile, utile a dimostrare, in sede di controllo, l’ammissibilità, l’effettività e l’inerenza delle spese sostenute.

 

Momento di effettuazione degli investimenti

Il credito d’imposta spetta per gli investimenti realizzati a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010 e fino alla chiusura del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2012.

Trattandosi di ricerca “commissionata” a soggetti esterni, le relative spese sono da considerare sostenute alla data di ultimazione della prestazione o, in caso di stati di avanzamento lavori, alla data di accettazione degli stessi da parte del committente, indipendentemente dalla durata infrannuale o ultrannuale del contratto.

Il riferimento esplicito agli investimenti “realizzati” a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010 non esclude, di per sé, l’ammissibilità di investimenti in progetti di ricerca che risultino avviati in data anteriore al predetto periodo di applicazione dell’agevolazione. In tal caso, l’agevolazione compete per la parte di costi sostenuti nel periodo individuato dalla norma.

Sono, pertanto, agevolabili tutti gli investimenti effettuati durante il periodo di vigenza del beneficio a prescindere dal momento in cui sono stati avviati i relativi progetti.

 

 

DETERMINAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE

Calcolo della media degli investimenti

Il credito di imposta compete in tre quote annuali per l’importo percentuale che eccede la media degli investimenti in ricerca effettuati nel triennio 2008-2010.

Inoltre, il credito di imposta compete nella misura del 90% della spesa incrementale di investimento.

Quindi, il credito spetta nella misura del 90% dell’importo degli investimenti in ricerca che eccede la media degli investimenti effettuati nel triennio 2008-2010.

Ai fini della determinazione della misura del credito spettante, pertanto, occorre preliminarmente calcolare la “media degli investimenti in ricerca effettuati nel triennio 2008-2010” per poterla raffrontare con l’importo degli investimenti realizzati in ciascuno dei periodi agevolabili.

Atteso che il credito di imposta spetta per gli investimenti realizzati “a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010 e fino alla chiusura del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2012”, il triennio di riferimento per il calcolo della media degli investimenti pregressi è costituito dai tre periodi d’imposta che precedono il primo periodo di applicazione dell’agevolazione (i.e. periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2010 e i due precedenti).

Di conseguenza, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, relativamente ai quali il credito d’imposta compete per gli investimenti realizzati dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2012, il triennio di riferimento, per il calcolo della media degli investimenti effettuati, è compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2010.

Parimenti, per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, il “triennio” da assumere ai fini del calcolo della media degli investimenti è costituito, in concreto, dai tre periodi di imposta precedenti al primo periodo agevolabile.

Per entrambe le tipologie di soggetti, il triennio di riferimento per il calcolo della media rimane immutato, sia con riguardo agli investimenti realizzati nel primo periodo agevolabile sia con riferimento a quelli realizzati nel secondo periodo.

Il riferimento ai “medesimi investimenti in ricerca” porta le Entrate a ritenere che nel suddetto computo rientrino gli investimenti appartenenti alla medesima tipologia di quelli indicati dalla norma come agevolabili, cioè gli investimenti relativi a progetti commissionati ad Università ed enti di ricerca.

Pertanto, al fine di garantire l’omogeneità dei valori comparati, i criteri adottati per l’individuazione ed il computo degli investimenti rientranti nella previsione agevolativa valgono anche per gli investimenti degli esercizi precedenti da assumere ai fini del confronto.

Per chiarezza, l’Agenzia delle Entrate si precisa che la media dei costi per investimenti in ricerca sostenuti nel triennio di riferimento va calcolata tenendo in considerazione anche gli esercizi in cui tali costi non sono stati sostenuti. Il computo va effettuato, quindi, su tre anni, anche se in uno o più di essi l’importo di tali investimenti è pari a zero.

Conseguentemente, nell’ipotesi in cui in nessuno dei tre esercizi di riferimento siano stati sostenuti costi di ricerca, in assenza di investimenti pregressi su cui operare il confronto, la percentuale del credito di imposta sarà applicabile all’intero ammontare dei costi sostenuti in ciascuno dei due periodi agevolabili.

Per i soggetti che non hanno, di fatto, un triennio di riferimento per il calcolo della media – per aver iniziato l’attività da un periodo di tempo inferiore – la media dei costi è calcolata sul minor periodo che decorre dall’esercizio di costituzione. L’agevolazione si applica, inoltre, anche alle imprese che si siano costituite o abbiano intrapreso l’attività dopo la data di entrata in vigore del decreto sviluppo.

 

Misura del credito di imposta

L’importo del credito di imposta spettante – in riferimento a ciascun periodo di imposta agevolabile – è pari al 90% della quota di investimenti in ricerca che eccede la media degli investimenti realizzati nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2010 e nei due precedenti.

In sostanza, per ciascuno dei periodi d’imposta di applicazione dell’agevolazione, il credito di imposta è pari al 90% della differenza:

  • tra gli investimenti in ricerca commissionata ad Università ed altri enti o strutture “finanziabili”, effettuati nel periodo d’ imposta agevolato;
  • e la media aritmetica degli investimenti in ricerca effettuati nei tre periodi di riferimento.

 

 

UTILIZZO E RILEVANZA DEL CREDITO DI IMPOSTA

Modalità di utilizzo

Il credito d’imposta è utilizzabile unicamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con esclusione delle seguenti fattispecie:

  1. i contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese le quote associative;
  2. i contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a, del T.U. n. 917/86;
  3. i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dovuti ai sensi del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124;
  4. altre entrate individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri competenti per settore;
  5. il credito d’imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche.

 

Ai fini del concreto utilizzo del credito in compensazione, si ricorda che, con la risoluzione n. 88/E del 12 settembre 2011, è stato istituito l’apposito codice tributo “6835”.

Con riferimento all’obbligo di indicare il credito d’ imposta nella dichiarazione dei redditi, si ricorda che tale adempimento riguarda, in particolare, il modello di dichiarazione relativo al periodo di imposta nel corso del quale il credito stesso è maturato, vale a dire il periodo d’imposta in cui sono stati realizzati gli investimenti agevolabili.

Più precisamente, l’importo del credito va indicato nel quadro RU del predetto modello di dichiarazione, unitamente all’ammontare degli investimenti realizzati complessivamente nel periodo di riferimento ed all’importo degli stessi che costituisce eccedenza rispetto alla media.

Resta fermo l’obbligo di indicare il credito anche nel modello di dichiarazione relativo al periodo di imposta nel corso del quale lo stesso viene utilizzato in compensazione.

Il credito in esame non soggiace al limite annuale di utilizzo e di conseguenza, l’importo maturato può essere fruito annualmente per importi anche superiori al predetto limite di 250.000 euro.

 

Termini di utilizzo

Il credito d’imposta compete in tre quote annuali a decorrere da ciascuno degli anni 2011 e 2012”.

Il credito d’imposta, maturato in riferimento agli investimenti effettuati in ciascuno dei due periodi di imposta, è fruibile “in tre quote annuali di pari importo, a decorrere dal giorno successivo a quello di realizzazione dell’investimento incrementale”.

Al fine di individuare l’importo del credito fruibile in riferimento a ciascuno dei due anni di imposta di applicazione dell’agevolazione, occorre, pertanto, distinguere il momento di “maturazione” del credito dal momento di “fruizione” del medesimo.

Il momento di maturazione del credito è individuabile nel periodo d’imposta in cui si realizzano i presupposti indicati dalla norma per l’accesso all’agevolazione, vale a dire la realizzazione degli investimenti incrementali.

Quanto alla fruizione del credito di imposta, effettuabile mediante il meccanismo della compensazione nel modello F24, la norma ha previsto il limite di tre quote annuali di pari importo a decorrere da ciascuno degli anni agevolabili, cioè il 2011 ed il 2012 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.

Per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, il riferimento a “ciascuno degli anni 2011 e 2012” deve intendersi, in concreto, riferito ai due periodi d’imposta di applicazione dell’agevolazione (i.e. periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010 e quello seguente).

Per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare – per i crediti maturati in riferimento ad investimenti realizzati nel 2011, la fruizione è consentita, per un terzo dell’importo maturato, in ciascuno degli anni dal 2011 al 2013; per i crediti maturati in riferimento ad investimenti realizzati nel 2012, la fruizione è consentita, per un terzo dell’importo maturato, in ciascuno degli anni dal 2012 al 2014.

Riguardo ai soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, per i crediti maturati in riferimento ad investimenti realizzati nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010, la fruizione è consentita, per un terzo dell’importo maturato, nel medesimo periodo di imposta e in ciascuno dei due successivi; analogamente, per i crediti maturati in riferimento ad investimenti realizzati nel secondo periodo d’imposta agevolato, la fruizione è consentita, per un terzo dell’importo maturato, nel medesimo periodo d’imposta agevolato ed in ciascuno dei due successivi.

Conseguentemente, a decorrere dalla data di realizzazione del “primo investimento incrementale” effettuato in riferimento a ciascuno dei periodi di imposta agevolabili, è possibile fruire del credito d’imposta per un ammontare massimo pari ad un terzo di quello maturato.

La quota corrispondente ad un terzo del credito d’imposta maturato costituisce, per ciascuno dei tre periodi d’imposta di utilizzo in compensazione, il limite massimo di fruibilità del credito. In caso di mancato utilizzo in tutto o in parte di tale importo nei predetti limiti, l’ammontare corrispondente potrà essere utilizzato nel corso dei periodi d’imposta successivi, secondo le modalità ordinarie.

 

Cumulabilità con altre agevolazioni

Le imprese interessate possono cumulare il credito d’imposta con altre agevolazioni o contributi pubblici concessi a fronte della medesima tipologia di spese in ricerca, salvo che le norme disciplinanti tali agevolazioni dispongano diversamente.

Resta fermo il rispetto del limite in base al quale l’importo risultante dal cumulo dei benefici non deve risultare superiore ai costi sostenuti.

 

Rilevanza del credito di imposta

Il credito di imposta per la ricerca scientifica:

  • non concorre alla formazione del reddito, né del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive;
  • non rileva ai fini della determinazione della quota di interessi passivi deducibile dal reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 61 del TUIR;
  • non rileva ai fini della determinazione della quota di spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, deducibile dal reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 109, comma 5, del TUIR.

 

7 dicembre 2011

Francesco Buetto