Sottrazione al pagamento delle imposte: l'abuso di strumenti giuridici è reato

vediamo come una serie di operazioni straordinarie tendenti a nascondere il patrimonio aggredibile dal Fisco rischia di portare al processo penale per gli amministratori delle società che hanno eseguito le operazioni

Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, inteso come stratagemma artificioso del contribuente, tendente a sottrarre, in tutto od in parte, le garanzie patrimoniali alla riscossione coattiva del debito tributario, può assumere le più diversificate forme, potendo estrinsecarsi attraverso l’abuso di strumenti giuridici rientranti solo in apparenza nella fisiologia della vita aziendale o societaria (nella specie, operazioni straordinarie – scissioni – simulate).

E’ questa la massima della sentenza n. 19595 del 18 maggio 2011 (ud. del 9 febbraio 2011) della Corte di Cassazione, Sez. III Pen.

La Corte prende atto che le operazioni societarie, sia in riferimento alla cessione dei rami di azienda, che in riferimento alla scissione delle società ed il conferimento degli immobili alle società beneficiane, sono state simulate o comunque fraudolente.

Inoltre dal punto di vista oggettivo, il Collegio del riesame ha ritenuto che tali operazioni, delle quali è stata fornita una chiara descrizione, erano pienamente idonee a rendere in tutto o in parte inefficace la successiva procedura di riscossione coattiva dei crediti tributari vantati dallo Stato nei confronti delle “originarie” società: in sintesi, a fronte dell’uscita dal patrimonio di beni immobili, altri cespiti mobiliari (con conseguente privazione di ogni capacità operativa e produttiva), nessun corrispettivo od incremento patrimoniale risultava conferito, in sinallagma, alle società cedenti, sia perchè le scissioni societarie erano avvenute senza corrispettivo, sia perchè i corrispettivi contrattualmente pattuiti per le cessioni dei rami di azienda, al settembre 2010, o non erano stati corrisposti o lo erano stati con “compensazioni volontarie” e quindi con movimenti di denaro formali, se non fittizi”.

Del pari viene ritenuta corretta la risposta del Tribunale del riesame alla deduzione della non configurabilità del reato per la mancanza di una procedura esecutiva in atto da parte dell’amministrazione finanziaria, essendo la stessa un elemento non necessario ad integrare la fattispecie, come da consolidata interpretazione giurisprudenziale (sin da Sez. 3, cass. n. 17071/2006, De Nicolo, Rv. 234322).

A tale quadro indiziario di indubbia consistenza sotto il profilo oggettivo, il Tribunale del riesame ha condiviso il giudizio di gravità indiziaria anche in relazione alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, ossia della volontà di sottrarsi attraverso tale complesso sistema al pagamento delle imposte, delle sanzioni e degli interessi dovuti. Con ulteriore passaggio motivazionale sono stati del pari esaminati gli elementi delle indagini preliminari (ivi comprese le dichiarazioni testimoniali) dai quali emerge la riferibilità delle operazioni all’indagato, al fratello M., beneficiari ultimi delle operazioni fraudolente, e al padre G., il quale in virtù della carica di amministratore unico ebbe ad operare in concerto coi medesimi, gestendo insieme ad essi le scelte per tutte le società del gruppo.

Risultano pertanto sussistenti gli elementi per configurare, a livello di gravità indiziaria necessario alla fase cautelare il reato di cui si tratta: la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, inteso come stratagemma artificioso del contribuente, tendente a sottrarre, in tutto o in parte, le garanzie patrimoniali alla riscossione coattiva del debito tributario, stratagemma che può assumere le più diversificate forme, potendo estrinsecarsi attraverso l’abuso di strumenti giuridici rientranti solo in apparenza nella fisiologia della vita aziendale o societaria. La giurisprudenza ne ha già analizzate alcune, quali la simulazione contrattuale oggettiva (simulazione di alienazione, vendita per un prezzo inferiore al reale) ed anche quella soggettiva (c.d. interposizione fittizia di persona ed il contratto di sale and lease back), come pure l’istituzione di un fondo patrimoniale (Sez. 3, n. 5824/2008, Soldera). Nel caso di specie si tratterebbe di cessioni aziendali e di scissioni societarie simulate, operazioni multiple poste in essere, in apparenza, allo scopo di effettuare una ristrutturazione aziendale”.

 

La fattispecie di reato

Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è disciplinato dall’art. 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000, attraverso il quale, salvo che il fatto costituisca più grave reato, punisce (con la reclusione da 6 mesi a 4 anni) colui il quale, al fine di sottrarsi al pagamento delle II.DD. o dell’IVA ovvero di interessi o sanzioni relative a dette imposte, di ammontare complessivo superiore a € 51.645 alieni simulatamente o compia altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni, idonei a rendere in tutto od in parte inefficace la procedura di riscossione.

Detta norma è stata rivisitata dalla cd. Manovra correttiva (D.L. n. 78 del 31 maggio 2010), che ha inasprito la formulazione e aumentato le pene, prevedendo soglie di punibilità diverse, e nuove fattispecie delittuose.

La norma adesso risulta così formulata: “è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”.

Inoltre, l’art. 11 del D.Lgs. n. 74/2000, viene arricchito di un secondo comma, che punisce, “con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l’ammontare di cui al periodo precedente e superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”.

La condotta consiste nell’indicazione nella transazione fiscale di elementi attivi inferiori a quelli effettivi ovvero di elementi passivi fittizi superiore a 50.000 €. Anche in questo caso, qualora gli elementi passivi fittizi sono superiori a 200.0000 € il carcere si fa più duro.

Per l’Amministrazione finanziaria – circolare n. 154/E del 4 agosto 2000 – punto 3.4. – il reato si perfeziona con “la semplice idoneità della condotta a rendere inefficace la procedura di riscossione, e non anche l’effettiva verificazione dell’evento

Il delitto contempla una condotta esclusivamente commissiva, consistente nell’alienazione simulata di beni del proprio patrimonio od il compimento di altri atti fraudolenti sui beni propri od altrui preordinati al fine di pregiudicare l’efficacia della riscossione coattiva.

 

5 luglio 2011

Francesco Buetto