La ricostruzione indiretta del volume d’affari in relazione al tipo di presunzione utilizzata

Analizziamo i casi in cui il Fisco può considerare non veritiere le scritture contabili e procedere ad accertamenti induttivi.

In un precedente intervento (Accertamenti induttivi e onere della prova: gravità, precisione e concordanza delle presunzioni) ci siamo soffermati sulle circostanze che possono far assurgere le presunzioni al rango di prova, evidenziando la necessità di riscontrare le gravi, numerose e ripetute violazioni di norme tributarie che possono giustificare il ricorso alla metodologia induttiva di accertamento.

E’ noto che in tema di controlli fiscali, le metodologie e le tecniche di ricostruzione del reddito sono state diffusamente illustrate negli anni dalla prassi amministrativa e da ultimo dalla poderosa Circolare n. 1/2008 della Guardia di finanza, nella quale sono dettagliatamente riportate le regole poste a base dell’attività ispettiva.

L’accertamento delle imposte da parte dell’amministrazione finanziaria nei confronti dei soggetti obbligati alle scritture contabili può distinguersi in:

  • accertamento analitico;

  • accertamento analitico-induttivo (ovvero analitico con posta induttiva);

  • accertamento induttivo puro;

accertamento induttivo e presunzioniLa tipologia di controllo che presiede il cosiddetto accertamento analitico si fonda sul riscontro da parte dell’Amministrazione finanziaria degli elementi indicati dal contribuente nella documentazione rilevante per la determinazione dell’obbligazione tributaria.

La tipologia di controllo che presiede il cosiddetto accertamento analitico-induttivo si basa anch’essa sul riscontro degli elementi indicati dal contribuente nella documentazione rilevante per la quantificazione dell’obbligazione tributaria, salvo poi prescindere in tutto o in parte, ricorrendo a presunzioni semplici “gravi, precise e concordanti” per la determinazione dell’effettivo onere fiscale a carico del contribuente.

La tipologia di controllo che presiede il cosiddetto accertamento induttivo puro prescinde invece dagli elementi indicati dal contribuente nella documentazione rilevante per la quantificazione dell’obbligazione tributaria e consente all’Amministrazione finanziaria di procedere alla determinazione dell’effettivo onere fiscale a carico del contribuente sulla base di presunzioni semplici, non necessariamente “gravi, precise e concordanti” .

Accanto alle tipologie sopra indicate possiamo distinguere:

  • accertamenti d’ufficio;

  • accertamenti parziali;

  • accertamenti integrativi.

Escluso l’accertamento sintetico – modalità di accertamento propria dell’imposizione sui redditi (e limitata alle persone fisiche) – le tipologie di accertamento in ambito Iva ricalcano il quadro sopra delineato relativamente all’imposizione diretta.

Ricordiamo che ai sensi dell’art. 39, c. 1, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, così come sostituito dall’art. 24, c. 5, L. 7 luglio 2009, n. 88 (in vigore dal 29 luglio 2009),

”per i redditi d’impresa delle persone fisiche l’ufficio procede alla rettifica:

a) se gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del conto dei profitti e delle perdite e dell’eventuale prospetto di cui al comma 1 dell’articolo 3;

b) se non sono state esattamente applicate le disposizioni del titolo I,capo VIdel testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;

c) se l’incompletezza, la falsità e l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dai questionari di cui ai numeri 2) e 4) del primo comma dell’articolo 32, dagli atti, documenti e registri esibiti o trasmessi ai sensi del numero 3) dello stesso comma, dalle dichiarazioni di altri soggetti previste negli articoli 6 e 7, dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti o da altri atti e documenti in possesso dell’ufficio;

Fin qui, per quanto concerne l’accertamento analitico.

La norma prevede poi, alla lettera d, un primo distinguo che consente all’ufficio – nel verificarsi di alcune condizioni – di prescindere dalle scritture contabili:

“d) se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’articolo 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’articolo 32. L’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

La lettera d dell’articolo 39 del D.P.R. 600/73 disciplina in sostanza l’ipotesi in cui l’ufficio – nell’ambito di una contabilità nell’insieme attendibile – contesti violazioni relative ad alcune poste contabili, che vengono rettificate induttivamente.

In tale contesto, il legislatore ha inserito la normativa relativa agli studi di settore prevedendo con l’art. 62-sexies del D.L. 331/93 che gli accertamenti di cui agli articoli 39, primo comma, lettera d, del D.P.R. 600/73, e 54 del D.P.R. 633/72, possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell’articolo 62-bis del D.L. 331/93.

L’accertamento induttivo puro è disciplinato invece dal secondo comma dell’articolo 39 del D.P.R. 600/73, che prevede che

“in deroga alle disposizioni del comma precedente l’ufficio delle imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma:

a) quando il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione;

b) …

c) quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell’art. 33 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili prescritte dall’art. 14 ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;

d) quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente comma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica.
Le scritture ausiliarie di magazzino non si considerano irregolari se gli errori e le omissioni sono contenuti entro i normali limiti di tolleranza delle quantità annotate nel carico o nello scarico e dei costi specifici imputati nelle schede di lavorazione ai sensi della lettera d) del primo comma dell’art. 14 del presente decreto.

d-bis) quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del presente decreto o dell’articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

Le disposizioni dei commi precedenti valgono, in quanto applicabili, anche per i redditi delle imprese minori e per quelli derivanti dall’esercizio di arti e professioni, con riferimento alle scritture contabili rispettivamente indicate negli artt. 18 e 19.

Il reddito d’impresa dei soggetti indicati nel quarto comma dell’art. 18, che non hanno provveduto agli adempimenti contabili di cui ai precedenti commi dello stesso articolo, è determinato in ogni caso ai sensi del secondo comma del presente articolo“.

 

La norma speculare in materia di Imposta sul valore aggiunto, è l’art. 54 del D.P.R. 633/72 che prevede, al comma due, ultimo periodo, che

“le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da tali risultanze, dati e notizie a norma dell’art. 53 o anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti“.

Il terzo comma, così come sostituito dall’art. 24, c. 4, lett. f, L. 7 luglio 2009, n. 88 (in vigore dal 29 luglio 2009), prevede che

“l’ufficio può tuttavia procedere alla rettifica indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente qualora l’esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione, o l’inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture di cui ai numeri 2), 3) e 4) del secondo comma dell’articolo 51, dagli elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti o da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonché da altri atti e documenti in suo possesso“.

Dalla lettura del dato normativo emerge chiaramente che solo quando si verificano gravi violazioni contabili determinate dalla legge, l’Amministrazione finanziaria ha la facoltà di pervenire, attraverso l’accertamento induttivo, ad una ricostruzione extracontabile del reddito, ovvero di ignorare del tutto dalla contabilità e di effettuare un accertamento induttivo, servendosi anche di elementi indiziari sforniti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza propri delle presunzioni.

Peraltro, in tema di Iva, la norma si presenta ancora più stringente che per le imposte dirette: l’art. 54, prevede infatti che la rettifica può prescindere dalla ispezione della contabilità quando l’esistenza di operazioni imponibili non registrate risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva.

Si tratta di una locuzione dal significato inequivocabile, che dovrebbe – quanto meno ai fini Iva – limitare notevolmente l’utilizzo delle presunzioni.

Non sempre, però, gli avvisi di accertamento osservano rigorosamente tali principi; in circostanze del genere si può aprire per il contribuente la strada del contenzioso tributario, nel quale può essere eccepita la violazione delle norme di legge per carenza dei presupposti dell’accertamento di tipo induttivo.

 

17 maggio 2011

Massimo Conigliaro