esiste la possibilità di escludere l’applicazione dell’imposta di bollo sulle istanze per il rilascio dell’attestazione di regolarità fiscale presentate all’Agenzia delle Entrate da soggetti privati che svolgono una attività di natura pubblicistica e sul relativo attestato?
Premessa
L’Agenzia delle Entrate torna a pronunciarsi in materia di attestazioni di “regolarità fiscale”, questa volta, in ordine alla corretta disciplina tributaria applicabile ai fini dell’imposta di bollo.
Il quesito proposto all’Amministrazione finanziaria, nello specifico, riguarda la possibilità di escludere l’applicazione dell’imposta di bollo sulle istanze per il rilascio dell’attestazione di regolarità fiscale presentate all’Agenzia delle Entrate da soggetti privati che svolgono una attività di natura pubblicistica e sul successivo, relativo, attestato.
La risposta, contenuta nella Ris. 50/E del 22 aprile scorso, sposta l’attenzione dai certificati alle dichiarazioni sostitutive di certificazione ampliando l’orizzonte interpretativo della normativa vigente in materia.
Ricostruzione giuridica: la normativa e la prassi
La normativa di riferimento nell’ambito degli appalti pubblici(1) è costituita dal D.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture). Tale provvedimento prevede, all’art. 38, c 1, lett. g che i soggetti che “hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti” sono esclusi:
-
dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi;
-
dall’affidamento dei relativi subappalti;
-
dalla stipula dei relativi contratti.
La norma, che definisce la cd. “regolarità fiscale”, richiede dunque , ai fini della partecipazione alle gare di aggiudicazione degli appalti, che l’Amministrazione finanziaria non abbia contestato al contribuente una qualsiasi violazione di obblighi in materia di tributi da essa amministrati, mediante atto che si sia reso definitivo per effetto del decorso del termine di impugnazione ovvero, qualora sia stata proposta impugnazione, del passaggio in giudicato della pronuncia giurisdizionale (cfr. ris. n. 2/E del 3 gennaio 2005 e Sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 20-04-2010, n. 2213).
La suddetta regolarità fiscale si configura, oltre che nell’ipotesi in cui l’interessato sia stato destinatario di accertamenti non definitivi ai sensi del citato art. 38, anche qualora, alla data rispetto alla quale viene richiesta la certificazione, la pretesa dell’Amministrazione finanziaria sia stata integralmente soddisfatta, anche mediante definizione agevolata.
Ai sensi del successivo comma 2, “l’interessato attesta il possesso dei requisiti “mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445…”, la situazione di regolarità fiscale può essere autocertificata fermo restando il potere di chi riceve la suddetta autocertificazione di effettuare i relativi controlli di veridicità.
L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 34/E del 25 maggio 2007, in considerazione del fatto che la stazione appaltante, in sede di controllo delle suddette autocertificazioni, può chiedere agli uffici l’attestazione di “regolarità fiscale” per verificare l’insussistenza di carichi pendenti da parte della ditta appaltatrice e, quindi, la veridicità di quanto dichiarato, ha fornito ai propri uffici le istruzioni per rispettare tale adempimento.
Oltre a precisare, infatti, i presupposti che legittimano il rilascio da parte dell’Amministrazione finanziaria del certificato necessario per partecipare alle gare pubbliche, la circolare afferma la validità del modello di “Certificazione dei carichi pendenti risultanti al sistema informativo dell’anagrafe tributaria” (cfr. Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 25 giugno 2001) ai fini della certificazione in argomento.
In particolare, la citata circolare forniva un ulteriore chiarimento interpretativo specificando che stante l’obbligo dell’Agenzia delle entrate di fornire tutte le informazioni utili per consentire la valutazione della sussistenza del requisito della regolarità fiscale, “gli Uffici indicheranno separatamente, nel richiesto certificato, anche le violazioni che non risultano ancora definitivamente accertate”.
Successivamente, la circolare 41/e del 3 agosto 2010, rettificava le istruzioni precedentemente impartite con la circolare 34/E stabilendo l’obbligo per l’amministrazione finanziaria di riportare nei suddetti certificati esclusivamente le violazioni riguardanti il pagamento delle imposte e delle tasse definitivamente accertate.
La risoluzione 50/E del 22 aprile 2011.
Nel definire la corretta disciplina fiscale applicabile ai fini dell’imposta di registro alle attestazioni di regolarità fiscale rilasciate dall’Agenzia delle Entrate, la risoluzione in commento pone una netta linea di demarcazione tra l’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria, cui è richiesta la verifica della veridicità della dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio prodotta dall’interessato, emetta un certificato cd. dei “carichi pendenti” e l’ipotesi in cui le informazioni rilasciate dalla stessa non assumano la natura di certificazioni. Confrontiamo, dunque, le due ipotesi.
Ipotesi 1: rilascio di certificato dei “carichi pendenti”.
Come accennato, ai fini della partecipazione a gare pubbliche, è necessario che l’interessato attesti il possesso dei requisiti richiesti dalla normativa vigente. A tal fine è prevista la presentazione di una dichiarazione sostitutiva resa in conformità alle disposizioni del d.p.r. n. 445 /2000 (Testo unico in materia di documentazione amministrativa). L’amministrazione che riceve la dichiarazione può verificarne la veridicità richiedendo all’amministrazione di competenza il rilascio dell’attestazione di regolarità fiscale.
Invero, l’Agenzia delle entrate, anche di recente, ha ribadito (cfr. C.M. n. 34 /2007 e n. 41/2010) il ricorso al cd. certificato “carichi pendenti” ai fini dell’attestazione della regolarità fiscale confermando l’attualità delle istruzioni impartite col provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 25 giugno 2001.
Il richiamato provvedimento prevede che sia le istanze che i relativi certificati (“di cui al presente modello”) rilasciati dall’Agenzia delle entrate siano soggetti all’imposta di bollo e ai tributi speciali.
Ai sensi degli articoli 3 e 4 della Tariffa allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 642, infatti, “sono assoggettate all’imposta di bollo nella misura di Euro 14,62 per ogni foglio le istanze presentate, tra l’altro, alle amministrazioni dello Stato tendenti al rilascio di certificati, estratti e copie nonché le relative certificazioni e provvedimenti dalle stesse rilasciati”. Tra le amministrazioni dello Stato rientra, ai fini dell’applicazione dell’imposta di bollo, anche l’Agenzia delle Entrate (Legge 27 dicembre 2006, n. 296, comma 295: “alle Agenzie fiscali continuano ad applicarsi le disposizioni riguardanti le Amministrazioni dello Stato di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, 26 ottobre 1972, n. 642 e 26 aprile 1986, n. 131”).
Tuttavia, in deroga a tale principio, l’articolo 16 della Tabella allegata al DPR n. 642 del 1972, stabilisce l’ esenzione dal tributo per gli “Atti e documenti posti in essere da Amministrazioni dello Stato, regioni, province, comuni, loro consorzi e associazioni, nonché comunità montane sempreché vengano tra loro scambiati”. Tale norma induce a pensare, considerata la natura pubblicistica dell’attività svolta di soggettivi diritto privato (stazioni appaltanti,) che possa farsi valere l’esenzione anche sulle istanze (e sui certificati) finalizzate al l rilascio di tali attestazioni.
In proposito la risoluzione sottolinea che il disposto dell’art. 16 può trovare applicazione solo con riferimento agli atti scambiati tra i soggetti esplicitamente individuati dal legislatore. Le norme agevolative non ammettono, infatti, interpretazioni analogiche o estensive, come chiarito dalla Corte di Cassazione, sez. V, 7 maggio 2008, n. 1106 (“con la conseguenza che i benefici in esse contemplati non possono essere estesi oltre l’ambito di applicazione come rigorosamente identificato in base alla definizione normativa”) ed inoltre, come statuito dalla stessa Corte Suprema, con la sentenza del 16 gennaio 2009, n. 938, “per gli organismi di diritto pubblico che hanno natura di soggetti privati sono sottoposte ad un regime pubblicistico solo le attività per le quali tale regime sia previsto da una specifica norma giuridica, mentre per la restante parte prevalgono, come per tutti i soggetti privati, le norme generali, ivi comprese le norme tributarie”.
Alla luce di tali considerazioni viene assolutamente esclusa la possibilità di applicare l’esenzione di cui all’art. 16 della Tabella allegata al DPR n. 642 del 1972 alle certificazioni in argomento e, quindi, confermata l’applicabilità dell’imposta di bollo.
Ipotesi 2: rilascio di attestazioni prive di funzione certificativa.
La soluzione contraria appare, invece, applicabile nell’ipotesi in cui, ai sensi del d.p.r. 445/2000, a seguito di presentazione di una dichiarazione sostitutiva di certificazione o di atto di notorietà (esenti, ai sensi dell’articolo 37 del medesimo decreto, dall’imposta di bollo) l’amministrazione procedente possa acquisire direttamente le informazioni (cfr. art. 43, c. 4, d.p.r. 445/2000 “Accertamenti d’ufficio”) esonerando, quindi, i cittadini dall’obbligo di produrre la relativa certificazione.
Si tratta delle disposizioni contenute nell’articolo 43 (“Accertamenti d’ufficio”) del medesimo decreto che, al comma 4, stabilisce “al fine di agevolare l’acquisizione d’ufficio di informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti, contenuti in albi, elenchi o pubblici registri, le amministrazioni certificanti sono tenute a consentire alle amministrazioni procedenti, senza oneri, la consultazione per via telematica dei loro archivi informatici, nel rispetto della riservatezza dei dati personali”. In tali casi, ai sensi del successivo comma 5, “il rilascio e l’acquisizione del certificato non sono necessari e le suddette informazioni sono acquisite, senza oneri, con qualunque mezzo idoneo ad assicurare la certezza della loro fonte di provenienza”.
In assenza di una specifica certificazione emessa dall’ufficio competente dell’Agenzia deve, quindi, ritenersi – spiega il documento di prassi – che “tale procedura non assuma rilevanza ai fini dell’applicazione dell’imposta di bollo né ai fini dell’applicazione dei tributi speciali”.
Analogamente, nei casi in cui, ai sensi dell’articolo 71 del DPR n. 445 /2000, i destinatari della dichiarazione sostitutiva (soggetti con personalità sia pubblica che privata) richiedano all’Agenzia delle entrate “conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da questa custoditi”. L’Agenzia delle entrate, infatti, non attesta stati, qualità personali e fatti del soggetto interessato ma si limita a fornire conferma all’amministrazione procedente della corrispondenza tra le dichiarazioni rese dal contribuente e le informazioni presenti presso le banche dati dell’Agenzia.
In assenza di una funzione certificativa svolta dall’Agenzia delle entrate deve, quindi, ritenersi che non trovi applicazione il disposto di cui all’articolo 4 della Tariffa, né, di conseguenza, l’articolo 3 della medesima con riferimento alle istanze presentate dalle amministrazioni procedenti all’Agenzia delle entrate. Anche quest’ultime non devono essere assoggettate all’imposta di bollo in quanto la loro presentazione non è tesa al rilascio di “certificati, estratti, copie e simili”. Ciò coerentemente con la previsione normativa dettata dall’articolo 37 del decreto n. 445 più volte richiamato, con la quale il legislatore ha previsto l’esenzione dall’imposta di bollo delle dichiarazioni sostitutive rilasciate dai cittadini ai sensi degli articoli 45 e 46 del DPR n. 445 del 2000.
Per le medesime argomentazioni aggiunge la risoluzione, deve escludersi anche l’applicazione dei tributi speciali.
La risoluzione si chiude con una specificazione in merito al richiamo della circolare n. 34 del 2007 al Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 25 giugno 2001: con riferimento al caso specifico, si evidenzia, “deve ritenersi effettuato solo in relazione agli aspetti procedurali e non ai presupposti di fatto e di diritto che legittimano l’applicazione dell’imposta di bollo”.
Nota
1) Cfr. G. Antico: “Il D.U.R.C. irregolare impedisce l’appalto” in “Il Commercialista telematico” , sett. 2010.
4 maggio 2011
Cinzia Bondì