Deducibilità dei crediti inesigibili: aspetti fiscali e contabili

Analisi delle problematiche relative alla perdita su crediti: in particolare, è possibile spesare un credito senza aver tentato il recupero?

Il credito inesigibile è deducibile, ai fini del reddito, anche senza avere esperito azioni legali

Nel caso di cessione del credito pro soluto la connessa perdita è deducibile dal reddito (ai fini Ires o Irpef) anche senza avere posto in essere azioni legali per il suo recupero.

Ciò è quanto ha stabilito la Commissione Tributaria Provinciale di Parma con la sentenza n. 91 del 09.04.2010, secondo cui l’inesigibilità di un credito può essere provata anche senza porre in essere azioni legali per il suo recupero.

Tale sentenza, nel rigido contesto di giurisprudenza, ha assunto dei contenuti di particolare interesse.

Infatti, in base all’orientamento di legittimità, ai fini della deduzione fiscale delle perdite su crediti, necessita la presenza degli elementi di certezza e precisione che, come noto, sono il presupposto necessario disciplinato all’art. 101, comma 5 del D.P.R. n. 917/196 per la deduzione delle stesse.

Nel caso esaminato dalla C.T.P. di Parma, l’azienda, dopo avere ceduto il credito pro soluto (che si differenzia da quello pro solvendo poiché il cedente garantisce solo l’esistenza del credito ma non la sua possibile riscossione), senza prima avere esperito azioni legali per suo recupero (perché consigliata dai propri avvocati, con pareri ufficiali per iscritto, a non addentrarsi nei meandri della giustizia civile per la sicura infruttuosità del credito stesso), ha dedotto ai fini delle imposte sui redditi nell’esercizio la perdita relativa.

Pertanto, la citata azienda, consigliata dai legali, non ha attivato alcuna procedura giudiziaria per il recupero del credito ed ha proceduto alla cessione del credito con la formula del pro soluto, detraendo la relativa perdita.
Ovviamente, l’ufficio aveva contestato tale operato (deduzione del costo) giacché non vi sarebbero state le prove dell’inesigibilità del credito, non avendo la società posto in essere le azioni esecutive per il recupero dello stesso.

Invece, secondo il parere della citata Commissione Tributaria la prova dell’inesigibilità del credito non per forza deve essere riferita all’infruttuosità delle azioni giudiziarie di recupero.

In particolare, lo stato di insolvenza del debitore è scaturito dalla circostanza che il patrimonio non era idoneo neppure in minima parte a fronteggiare l’obbligazione.

Quindi, nel caso di specie, per verificare l’inesigibilità, sono subentrati altri elementi quali:

  • L’evoluzione dei fatti;
  • i pareri formulati dai legali;
  • la situazione di insolvibilità del debitore evidenziata dai bilanci.

Svalutazione dei crediti in bilancio

In tema della svalutazione dei crediti in bilancio la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13803 del 27.6.2005 ha stabilito che é deducibile fiscalmente la cessione del credito pro solvendo.

Nell’ipotesi di cessione del credito pro solvendo, ossia mediante sconto di effetti e salvo buon fine, il relativo credito può essere, pacificamente, dedotto fiscalmente, dal creditore cedente, mediante accantonamento al fondo rischi su crediti nel proprio bilancio.

L’amministrazione finanziaria non può, quindi, contestare (mediante ripresa a tassazione) tale procedura.

Ciò poiché, in tale operazione, il rischio del mancato pagamento é ancora a carico del creditore cedente, che è tenuto a garantire l’adempimento dell’obbligazione ceduta:

Difatti, il nuovo creditore (creditore ricevente), per l’eventuale inadempimento, si rivale immediatamente sul precedente creditore (creditore cedente) stornandone l’accredito.

Sullo stesso tema si sono avute, in precedenza, altre due sentenze della Corte di Cassazione, la n. 2133 del 14.2.2002, secondo cui il rischio sul credito é ancora a carico del creditore cedente ed esso a buon diritto viene iscritto tra la massa dei crediti, in proporzione alla quale viene accantonato (e dedotto) il fondo rischi, e la n. 1408 del 30.01.2003.

In tale contesto, la Corte Suprema ha poi fornito i seguenti principi:

  • Per i crediti inesigibili a causa del fallimento dei debitori, o per i crediti di importo modesto, per i quali l’azione di recupero risulta antieconomica, deve essere consentita la deduzione fiscale disposta dal comma 5 dell’art. 101 del  D.P.R. n. 917/986 (ex art. 66).
  • Mentre sul caso della perdita su cambi, tale giudice di legittimità ha affermato che, anche se la norma civilistica prevede il divieto di compensazione tra partite, non risulta che la violazione di tale divieto possa comportare l’indeducibilità delle perdite su cambi.

Peraltro, nel caso di specie, l’Ufficio delle Entrate non aveva contestato l’effettività di tali perdite e le perdite risultanti dalla compensazione sono risultate iscritte nel bilancio societario.

Per quanto concerne la deduzione delle perdite su crediti di modesto importo è possibile la cd. deducibilità semplificata, precisata dalla Commissione Finanze, nell’interrogazione alla Camera dei deputati n. 5-00570 del 05.11.2008, secondo cui

“ferma restando la non automatica deducibilità delle perdite derivanti da cessioni di crediti pro soluto, per i piccoli importi la dimostrazione degli elementi di certezza e precisione della perdita può essere meno rigorosa”.

Perdite su crediti per mancanza di liquidità nei pagamenti

Sulla disciplina della perdita su crediti, l’Amministrazione, come è noto, è molto rigida sulle proprie posizioni interpretative, in particolare, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 16/E del 23.01.2009 ha affermato che nell’ipotesi di crediti vantati nei confronti di un’azienda sanitaria, la temporanea mancanza di liquidità non può essere considerata condizione sufficiente a dimostrare in maniera certa che le perdite subite non potranno essere recuperate neppure in futuro e non è quindi efficace ai fini della deduzione del credito non incassato.

L’Amministrazione, quindi, ha ribadito la propria linea dura in materia evidenziando che la mancata riscossione di un credito deve, invece, essere provata dalla sussistenza degli “elementi certi e precisi” richiesti dall’art. 101, comma 5 del Tuir.

Affitto di azienda: Deducibilità delle svalutazioni dei crediti

La stessa Agenzia delle Entrate, in precedenza con la risoluzione del n. 424/E del 05.11.2008, nell’ipotesi di affitto di azienda, ha puntualizzato che anche per l’affittuario, le eventuali perdite rilevano solo se le stesse “risultano da elementi certi e precisi”, secondo quanto prescritto dall’art. 101, comma 5, del TUIR.

In particolare, l’affittuario prende in carico gli elementi patrimoniali dell’azienda affittata sulla base dei valori fiscali che gli stessi assumevano in capo al locatore.

Per cui i valori fiscali dei crediti trasferiti in affitto, nonché i relativi fondi svalutazione tassati, vengono riconosciuti in capo all’affittuario.

Per conseguenza, nell’eventualità che gli stessi siano realizzati in pendenza del rapporto di affitto (come, ad esempio, nel caso dell’incasso di crediti compresi nel patrimonio aziendale affittato) l’affittuario può dare rilevanza alle eventuali perdite – ovviamente, solo se le stesse “risultano da elementi certi e precisi”, secondo quanto prescritto dall’art. 101, comma 5, del TUIR – effettuando una variazione in diminuzione per l’importo del fondo tassato utilizzato a copertura delle predette perdite.

Deduzione delle perdite su crediti per operazioni straordinarie

A parere dell’Associazione Italiana Dottori Commercialisti (norma di comportamento n. 172/2008), l’esercizio in cui dedurre le perdite su crediti nei confronti di clienti falliti o sottoposti ad altre procedure concorsuali è quello in cui le perdite si manifestano e sono iscritte in bilancio secondo il prudente apprezzamento degli amministratori, il che può avvenire o nell’esercizio stesso di inizio della procedura concorsuale o anche, in tutto o in parte, in quelli successivi.

L’art. 101, comma 5, del D.P.R. 22.12.1986 n. 917 (TUIR) stabilisce che le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso quando si è in presenza di procedure concorsuali (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione straordinaria).

Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16330 del 2005, in cui ha affermato che “l’anno di competenza per operare la deduzione deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che il credito non può più essere soddisfatto perché in quel momento stesso si materializzano gli elementi “certi e precisi” della sua irrecuperabilità”.

Pertanto, le perdite su crediti devono essere dedotte obbligatoriamente nell’esercizio in cui divengono certe, senza che il contribuente abbia la facoltà di scegliere a sua discrezione l’esercizio in cui dedurle.

Svalutazioni e accantonamenti per rischi su crediti

A parte gli aspetti contabili di natura straordinaria, ovviamente nelle ipotesi ordinarie occorre seguire il rispetto delle seguenti regole:

Determinazione della base di riferimento per il calcolo dell’accantonamento al fondo svalutazione crediti

+ Fatture emesse e non ancora incassate

– Note di credito emesse

+ Crediti verso clienti ceduti pro-solvendo

+ Effetti e ricevute attive, all’incasso, salvo buon fine, insoluti e crediti in sofferenza

+ Crediti per i quali si è ottenuto l’anticipazione delle fatture in banca

+ Crediti assistiti da garanzie reali

+ Crediti verso società controllate/collegate non derivanti da operazioni di finanziamento

 

Aspetti fiscali della svalutazione dei crediti in bilancio

Ai sensi dell’art. 106 del D.P.R. n. 917/1986, le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio sono deducibili nel limite dello 0,50% del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi.

La base di commisurazione per il calcolo dell’importo deducibile è costituita dall’ammontare dei crediti commerciali.

Possono essere presi come riferimento anche i crediti ceduti pro-solvendo e quelli presentati al salvo buon fine (sbf) per l’incasso.

Sono esclusi dal calcolo i crediti ceduti in factoring, indipendentemente dal tipo di cessione, pro-solvendo o pro-soluto, poiché tali crediti non figurano più nell’attivo patrimoniale dell’azienda cedente, ed entrano a far parte di quello del factor, anche ai fini della valutazione del rischio d’insolvenza.

Il valore fiscalmente riconosciuto dei crediti da prendere come riferimento per la determinazione della svalutazione dei crediti coincide con il valore nominale degli stessi.

L’accantonamento fiscalmente deducibile per ogni esercizio è pari allo 0,50% del suddetto valore nominale o di acquisizione.

La rilevazione dell’accantonamento al fondo svalutazione crediti fiscalmente deve essere effettuata sulla base dei dati risultanti alla chiusura dell’esercizio.

Infine, tale accantonamento non è più ammesso quando l’ammontare delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto complessivamente il 5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio.

In caso di superamento del suddetto limite del 5%, che si può verificare in caso di sostanziale diminuzione dell’ammontare dei crediti di riferimento, la differenza accantonata va ripresa a tassazione, concorrendo, quindi, alla formazione del reddito dell’esercizio.

Infine, se si verifichino perdite su crediti nel corso dell’esercizio e sia stanziato in bilancio l’apposito fondo, le perdite su crediti sono ammesse in deduzione nell’esercizio solo per la parte che eccede l’ammontare degli accantonamenti dedotti in esercizi precedenti.

 

Accantonamento al fondo svalutazione crediti: limiti fiscali

Valore fiscalmente riconosciuto

 

    → Valore nominale o di acquisizione

 

 

L’accantonamento è deducibile fiscalmente in ogni esercizio

 

 

 

in misura dello 0,50% del valore nominale o di acquisizione dei crediti

 

 

Deducibilità entro il limite del

 

 

 

5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti in bilancio

 

 

Aspetti contabili della svalutazione dei crediti in bilancio

Alla fine dell’anno, al momento dell’accantonamento dello 0,50% dei crediti in bilancio occorre effettuare la seguente registrazione contabile:

Svalutazione crediti a Fondo svalutazione crediti

 

Quando un credito deve essere stralciato dal bilancio si deve rilevare in contabilità quanto segue:

Fondo svalutazione crediti a Clienti

Nel momento in cui il fondo ha raggiunto il limite del 5% dei crediti in bilancio, la differenza deve essere recuperata a tassazione utilizzando all’interno del Modello Unico, quadro RF, il rigo delle variazioni fiscali in aumento.

Se nell’anno o negli anni successivi si verifica l’impossibilità di riscuotere un credito non completamente accantonato nel fondo svalutazione si procedere con la seguente rilevazione contabile:

Diversi a Clienti
Fondo svalutazione crediti
Perdite su crediti

 

Infine, se l’azienda decide di cedere i crediti inesigibili, ricevendo anche delle somme di denaro, è questa la registrazione contabile (la cessione pro soluto non è soggetta a Iva ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. n. 633/1972) :

Diversi a Clienti
Banca
Fondo svalutazione crediti (per la parte che è stata accantonata)

 

Vincenzo D’Andò

20 ottobre 2010