Il diritto d'interpello ordinario

il procedimento, le istruzioni della circolare n. 32/2010, istanze di interpello inammissibili, definizione del caso concreto, preventività delle istanze di interpello, richieste di documentazione integrativa, i riflessi della risposta all’interpello sulle fasi successive di controllo e contenzioso

Con circolare n. 32 del 14 giugno 2010, l’Agenzia delle Entrate ha fornito nuove istruzioni sulla trattazione delle istanze di interpello.

In questo nostro intervento focalizziamo l’attenzione sul cd. Interpello ordinario, previsto dall’art. 11 della L.n.212/2000.

 

 

L’interpello ordinario

Ai sensi dell’articolo 11, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente “Ciascun contribuente può inoltrare per iscritto all’amministrazione finanziaria…circostanziate e specifiche istanze di interpello concernenti l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse”.

Con il successivo DM 26 aprile 2001, n. 209 sono state dettate le disposizioni relative alle modalità di presentazione e di trattazione delle istanze di interpello.

Sul punto l’Amministrazione finanziaria è intervenuta con i seguenti documenti di prassi:

  • circolare n. 99/E del 18 maggio 2000;

  • circolare n. 50/E del 31 maggio 2001;

  • circolare n. 9/E del 13 febbraio 2003;

  • circolare n. 23/E del 16 maggio 2005;

  • circolare n. 5/E del 24 febbraio 2009;

  • circolare n. 7/E del 3 marzo 2009).

Attraverso l’interpello, il contribuente, prima di porre in essere il comportamento giuridicamente rilevante o di dare attuazione alla norma oggetto del quesito, può ottenere il parere dell’Amministrazione finanziaria in ordine alla interpretazione di una norma tributaria obiettivamente incerta rispetto ad un caso concreto e personale riferibile all’istante.

La risposta deve essere resa nel termine di centoventi giorni; in caso di silenzio sull’istanza si forma l’assenso sulla soluzione interpretativa prospettata dal contribuente; il parere dell’Agenzia non vincola il contribuente ma gli uffici dell’Amministrazione finanziaria i quali, salva la possibilità di rettificare il parere, non possono emettere atti impositivi e/o sanzionatori difformi dal contenuto della risposta fornita in sede di interpello, limitatamente al quesito oggetto di interpello ed in ogni caso nel presupposto che i fatti accertati coincidano con quelli rappresentati nell’originaria istanza.

Se, infatti, quanto emerge in sede di controllo non coincide con la rappresentazione dei fatti contenuta nell’istanza, la risposta all’interpello non produce effetti vincolanti in capo all’amministrazione.

 

 

Il procedimento di interpello

Sotto il profilo procedurale, l’istanza è presentata di norma alla Direzione regionale competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente ovvero dei soggetti obbligati, in base a disposizioni di legge, a porre in essere gli adempimenti fiscali per conto dello stesso; in deroga a tali previsioni, le amministrazioni dello Stato e gli Enti pubblici a rilevanza nazionale presentano l’interpello direttamente alla Direzione Centrale Normativa.

Superando le indicazioni fornite sul punto con la Circolare n. 23/E del 2005, a decorrere dal 14 giugno 2010 anche le istanze di interpello dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato sono presentate alla Direzione Centrale Normativa.

Tutte le imprese di più rilevante dimensione – volume d’affari o ricavi non inferiori a trecento milioni di euro – rivolgono le istanze di interpello all’Agenzia delle entrate – Direzione Centrale Normativa per il tramite della Direzione regionale della stessa Agenzia competente in relazione al domicilio fiscale del richiedente (per la procedura si veda, in particolare, la Circolare n. 5/E del 2009).

In tal caso, la Direzione regionale provvede a compiere l’istruttoria ed a fornire il proprio parere alla Direzione Centrale entro il quindicesimo giorno dalla ricezione dell’istanza.

L’istanza è presentata mediante consegna a mano ovvero mediante spedizione tramite servizio postale, in plico senza busta, raccomandato con avviso di ricevimento; nei casi di presentazione dell’interpello via mail ovvero via fax, l’istanza si considera regolarmente presentata solo a partire dal momento in cui il contribuente, entro trenta giorni dalla ricezione dell’invito da parte dell’ufficio, provvede alla regolarizzazione dell’istanza, apponendo la sua sottoscrizione.

Il termine di centoventi giorni per la risposta, notificata o comunicata al contribuente ovvero fornita telematicamente, decorre dalla data di presentazione dell’istanza (ossia dalla data di ricezione in caso di presentazione diretta all’ufficio ovvero dalla data in cui è sottoscritto l’avviso di ricevimento della raccomandata nel caso di invio dell’istanza mediante il servizio postale), dalla data di regolarizzazione nel caso in cui l’istanza originariamente presentata sia priva della sottoscrizione del contribuente ovvero dalla data di ricezione dell’istanza da parte dell’ufficio competente in caso di presentazione dell’originaria istanza ad un ufficio non competente per la risposta.

Le nuove istruzioni della circolare n.32/2010

Poiché lo sviluppo dell’interpello ha prodotto nel tempo effetti non sempre in linea con gli obiettivi e le finalità perseguite dal legislatore con la sua introduzione, l’Amministrazione finanziaria ha sentito il bisogno di intervenire per fornire nuove direttive e ricordare le precedenti indicazioni fornite.

Come già evidenziato, finalità comune a tutte le istanze di interpello è quella di far conoscere il parere dell’Amministrazione finanziaria in ordine all’interpretazione/applicazione di una norma tributaria ad una fattispecie concreta, riferibile alla posizione del contribuente istante.

 

 

Le istanze di interpello inammissibili

Sono state considerate inammissibili in via assoluta:

– le istanze prive dei dati identificativi dell’istante e del suo legale rappresentante nonché mancanti della sottoscrizione;

– le istanze presentate dai professionisti privi di procura;

– le istanze presentate dai consulenti con riferimento a questioni prospettate da questi ultimi in maniera generale ed astratta;

– le istanze che costituiscono mere reiterazioni di precedenti istanze ovvero richieste di riesame;

– le istanze che interferiscono con l’esercizio dei poteri accertativi, riguardando fattispecie già sottoposte a controllo o per le quali siano state presentate istanze di rimborso o istanze di annullamento, anche parziale, in autotutela.

 

 

L’interpello è comunque azionabile solo in presenza dei presupposti di carattere generale in assenza dei quali le istanze non possono essere presentate, pur in mancanza di una espressa declaratoria di inammissibilità da parte delle norme primarie ovvero delle disposizioni attuative.

Di conseguenza, ferme restando le ipotesi di inammissibilità sopra segnalate, devono considerarsi ugualmente inammissibili:

a) le istanze di interpello ordinario presentate in mancanza di condizioni obiettive di incertezza, ossia qualora sulle norme invocate siano stati già forniti chiarimenti dall’amministrazione;

b) le istanze di interpello non sufficientemente circostanziate nella definizione della fattispecie concreta in relazione alla quale è richiesto il parere;

e) le istanze di interpello non preventivo.

 

 

La definizione del caso concreto (e personale)

È onere del contribuente esporre in modo chiaro e documentare in maniera esaustiva tutti gli elementi conoscitivi utili a ricostruire la fattispecie concreta in relazione alla quale l’Agenzia è chiamata ad esprimere il proprio parere.

L’Agenzia, inoltre, evidenzia alcuni elementi necessari per la definizione del “caso concreto”, in mancanza dei quali l’istanza di interpello sarà considerata inammissibile per difetto dei presupposti formali e/o sostanziali richiesti dalla legge:

a) indicazione del tipo di istanza (in particolare se il contribuente richiede espressamente una risposta ad interpello) e della specifica tipologia di interpello in relazione alla quale è richiesto il parere dell’Agenzia;

b) dati identificativi del contribuente e di altri eventuali soggetti direttamente interessati; nell’istanza dovranno essere indicati anche il codice fiscale dell’istante nonché i recapiti per la comunicazione della risposta, ivi compresi il numero di fax o un indirizzo di posta elettronica qualora disponibili;

c) descrizione puntuale della fattispecie, intendendosi per tale l’esposizione della situazione concreta che ha generato il dubbio interpretativo ovvero in relazione alla quale l’istante ritiene, sulla base di documentabili ragioni, che trovi applicazione una deroga al regime ordinario. A tal fine il contribuente ha l’onere di indicare nell’istanza di interpello tutti gli elementi rilevanti ai fini della circostanziata e puntuale definizione della fattispecie. Il contribuente non può, pertanto, limitarsi ad una rappresentazione sommaria ed approssimativa della fattispecie di interesse, ponendo a carico dell’Agenzia l’onere di ricavare dall’eventuale documentazione allegata le informazioni necessarie alla compiuta definizione della fattispecie medesima.

d) indicazione dei valori economici interessati dall’interpello; va evidenziato in particolare l’eventuale beneficio fiscale (in termini di risparmio d’imposta ovvero di rinvio della tassazione ovvero sotto qualsiasi altra forma) di cui ritiene di potersi legittimamente avvalere attraverso la soluzione prospettata. A tal fine, laddove rilevabili, è sufficiente l’indicazione dei valori di massima in discussione, specie con riferimento alle istanze di interpello aventi ad oggetto fattispecie di particolare complessità.

 

 

La preventività delle istanze di interpello

Altro requisito indispensabile è che l’istanza di interpello sia “preventiva”.

In linea di principio, per quanto attiene alle istanze di interpello ordinario, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 212 del 2000, l’interpello è preventivo quando presentato prima che il contribuente ponga in essere il comportamento oggetto dell’istanza ovvero prima che sia data attuazione alla norma oggetto della richiesta di chiarimenti.

Per tutti i comportamenti che trovano attuazione nella dichiarazione, pertanto, il contribuente è tenuto alla presentazione dell’istanza prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione medesima; è evidente in tal caso che rileva il termine ordinario di presentazione della dichiarazione, a nulla influendo la circostanza che l’inadempimento può essere sanato nei novanta giorni successivi ovvero che la dichiarazione originariamente presentata è integrabile, sia a favore del contribuente (articolo 2, comma 8-bis, del dPR n. 322 del 1998), sia a favore dell’erario (articolo 2, comma 8, del citato dPR n. 322/1998).

Nessun rilievo assume, inoltre, ai fini della preventività, la circostanza che il contribuente sia tenuto ad effettuare versamenti già prima della scadenza del termine ordinario di presentazione della dichiarazione.

Per tutti i comportamenti che, viceversa, non trovano attuazione nella presentazione di una dichiarazione come accade, ad esempio, per quanto attiene agli interpelli rilevanti in materia di imposta di registro, occorre far riferimento ad elementi diversi, quali, nel caso di specie, la presentazione dell’atto per la registrazione. È sufficiente, pertanto, che il contribuente presenti l’istanza allegando l’atto (ovvero una bozza di atto) rispetto al quale vengono richiesti chiarimenti prima che scada il termine ordinariamente previsto per la registrazione dell’atto, a nulla influendo la circostanza che, in attesa della risposta dell’Agenzia, il contribuente provveda a registrare l’atto medesimo; in tali ipotesi, per effetto della risposta, a seconda dei casi, il contribuente potrà provvedere al versamento della residua imposta o alla presentazione di un’istanza di rimborso.

 

 

Le richieste di documentazione integrativa

Qualora non sia possibile fornire risposta sulla base delle informazioni contenute nell’istanza e dei documenti allegati, la competente Direzione, ai sensi dell’articolo 4, comma 4, del regolamento n. 209 del 2001, può richiedere, una sola volta, al contribuente di integrare la documentazione esibita. Resta inteso che, attraverso la richiesta di documentazione integrativa, non possono essere sanate quelle carenze dell’originaria istanza che comportano una pronuncia di inammissibilità secondo quanto evidenziato in precedenza (cfr. paragrafo 5.1.). Le istanze prive degli elementi essenziali sopra individuati, funzionali alla compiuta rappresentazione del caso, devono essere dichiarate inammissibili, salva la facoltà del contribuente, se ancora in tempo, di ripresentarle complete degli elementi originariamente mancanti.

Con la richiesta di documentazione integrativa, infatti, l’amministrazione può richiedere altri elementi, diversi da quelli essenziali, ritenuti comunque necessari per un migliore inquadramento della fattispecie.

Per gli interpelli cd. ordinari, la richiesta dei documenti, inoltrata secondo le stesse modalità prescritte per la risposta, interrompe il termine assegnato, che inizia a decorrere dalla data di ricezione, da parte dell’ufficio, della documentazione integrativa consegnata o spedita con le stesse modalità dell’istanza di interpello.

Attraverso la richiesta di integrazione documentale l’amministrazione può richiedere che il contribuente fornisca ogni ulteriore elemento utile ai fini della risposta al quesito prospettato dall’istante.

Ancorché l’amministrazione attraverso tale richiesta non eserciti i poteri di accertamento, ai sensi degli articoli 32 del DPR 29 settembre 1973, n. 600 e 51 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, la richiesta, rivolta esclusivamente nei confronti del contribuente istante, può avere ad oggetto i medesimi atti e documenti che possono essere acquisiti dai verificatori in sede di accertamento.

Si tratta, ad esempio, di richieste aventi ad oggetto bilanci, rendiconti, registri previsti dalle disposizioni tributarie, dati e notizie di carattere specifico, etc.

Tali richieste, attenendo ad una fase istruttoria prodromica alla risposta all’interpello, possono essere inoltrate al contribuente senza alcun pregiudizio della successiva eventuale azione accertatrice vera e propria.

Poiché l’interruzione e la sospensione dei termini per la trasmissione della documentazione integrativa, laddove previste, si protraggono finché il contribuente non abbia provveduto a fornire quanto richiesto, il termine per la risposta all’interpello ricomincia a decorrere solo dalla data di ricezione della predetta documentazione.

I riflessi della risposta all’interpello sulle fasi successive di controllo e contenzioso

Fermo restando il carattere vincolante del parere in capo all’amministrazione, sempre che gli atti ed i fatti rilevati in sede di accertamento siano del tutto corrispondenti a quelli evidenziati nell’istanza di interpello, l’Agenzia delle Entrate ha fornito altri chiarimenti in merito agli ulteriori riflessi della risposta resa in sede di interpello nella successiva, eventuale fase di controllo e accertamento.

Mentre per le imprese di più rilevante dimensione la verifica del rispetto della soluzione interpretativa costituisce oggetto di un’attività di controllo pianificata da parte dell’amministrazione, per tutti gli altri soggetti gli uffici competenti potranno comunque verificare, nel corso dell’eventuale successiva attività di accertamento avviata secondo le modalità ordinarie, se gli istanti si siano o meno uniformati al parere reso dall’Agenzia in sede di risposta all’interpello.

 

 

30 giugno 2010

Roberta De Marchi