Cartelle mute: lo Statuto del Contribuente non ha rango costituzionale

I contribuenti devono farsene una ragione: le cartelle “mute” sono da considerarsi valide…

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 13 del 15 gennaio 2010 (ud. dell’11 gennaio 2010), ha ancora una volta confermato la legittimità delle cartelle mute, antecedentemente all’intervento del legislatore del 2007.

La Corte, nel suo ultimo pronunciamento rileva che sulle questioni di legittimità costituzionale della disposizione censurata, con riferimento a tutti gli altri parametri richiamati dalle Commissioni tributarie rimettenti, si è già pronunciata con la sentenza n. 58 del 2009 e, successivamente, con le ordinanze n. 2911 e n. 2212 del 2009.

Con le predette pronunce, la Corte ha chiarito che la disposizione stessa

«dispone per il futuro, comminando, per le cartelle prive dell’indicazione del responsabile del procedimento, la sanzione della nullità, la quale non era invece prevista in base al diritto anteriore».

 

In particolare, nella sentenza n. 58 del 20093, la Corte ha affermato che la norma censurata non viola l’art. 3 Cost. (non essendo irragionevole  “prevedere, a partire da un certo momento, un effetto più grave, rispetto alla disciplina previgente, per la violazione di una norma”), né lede gli artt. 24 e 111 Cost. (perché “non incide sulla posizione di chi abbia ricevuto una cartella di pagamento anteriormente al termine da essa indicato”), né, ancora, contrasta con l’art. 97 Cost. (che “non impone un particolare regime di invalidità per gli atti privi dell’indicazione del responsabile del procedimento”), né, infine, può ritenersi illegittima in quanto confliggente con “le previsioni della legge n. 212 del 2000” (le quali non “hanno rango costituzionale”, “neppure come norme interposte”).

Di conseguenza, la Corte ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 36, c. 4-ter, secondo periodo, del D.L. 31/12/2007, n.248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28/02/2008, n. 31.

 

Statuto del contribuente e cartelle mute – analisi

L’art. 7, c. 2, lett. a), dello Statuto del contribuente prevede che

“gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento”,

e tale norma – cfr. Corte Costituzionale, ordinanza n. 377/2007 -,

“si applica ai procedimenti tributari (oltre che dell’amministrazione finanziaria) dei concessionari della riscossione, in quanto soggetti privati cui compete l’esercizio di funzioni pubbliche, e che tali procedimenti comprendono sia quelli che il giudice a quo definisce come procedimenti di massa”. Successivamente, l’art. 36 c. 4-ter, del D.L. n. 248/2007 – cd. Milleproroghe – ha disposto che la cartella di pagamento di cui all’art. 25 del D.P.R. n.602/73, deve contenere, altresì, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo, di emissione e di notificazione della cartella.

Tali disposizioni, tuttavia, si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dall’1 giugno 2008 e di conseguenza “la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse”.

Ma l’aspetto da segnalare in questa sentenza è che la Corte Costituzionale ha negato il rango costituzionale allo Statuto del contribuente. E ciò, naturalmente, vale anche per altre controversie ove si tenta di far passare il principio per poter superare l’ordinarietà delle altre disposizioni fiscali.

 

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4 febbraio 2010

di Francesco Buetto

 

NOTE

1 E’ manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 36, c. 4-ter, D.L. 31/12/2007, n. 248, convertito, con modificazioni, nella L. 28/02/2008, n. 31, sollevata con riferimento all’art. 53 della Costituzione.

Né è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 36, c. 4-ter, D.L. 31/12/2007, n. 248, convertito, con modificazioni, nella L. 28/02/2008, n. 31, sollevata con riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 111 della Costituzione. In pratica, le Commissioni tributarie rimettenti avevano ritenuto che la disposizione censurata, nell’escludere la nullità, per omessa indicazione del responsabile del procedimento, delle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati agli agenti della riscossione anteriormente alla sua entrata in vigore, si ponesse in contrasto con i seguenti parametri costituzionali: artt. 3, 24, 53, 97, 111, della Costituzione.

2 La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 221 del 17 luglio 2009 (udienza dell’8 luglio 2009), richiamando proprio la precedente sentenza n. 58/2009, ha dichiarato manifestamente infondata e inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 36, c. 4-ter, del D.L. n. 248/2007 nella parte in cui prevede che la mancata indicazione del responsabile del procedimento non comporta la nullità della cartella di pagamento se quest’ultima è relativa a ruoli consegnati all’Agente della Riscossione in data anteriore all’1 giugno 2008.

La predetta pronuncia – n. 58/2009
– ha negato il presupposto da cui muovono i giudici rimettenti nel presente giudizio costituzionale, e cioè che la disposizione censurata contenga una “norma retroattiva” o una “sanatoria di atti già emanati”, e ha affermato, invece, che essa “dispone per il futuro”, comminando, per le cartelle prive dell’indicazione del responsabile del procedimento, la sanzione della nullità, la quale non era invece prevista in base al diritto anteriore.

Di conseguenza, con la sentenza n. 58 del 2009, la Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale della norma censurata con riferimento a tutti i parametri evocati dalle Commissioni tributarie rimettenti e, segnatamente, con riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 111 della Costituzione. E quindi la Corte ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 36, c. 4-ter, del D.L. 31/12/2007, n. 248 (“Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria”), convertito, con modificazioni, dalla legge 28/02/2008, n. 31, sollevata, con riferimento all’art. 53 della Costituzione, dalla C.T.R. di Venezia. Ha altresì dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale della stessa disposizione sollevata, con riferimento all’art. 136 della Cost., dalla C.T.P di Grosseto. Ha dichiarato ancora la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale della stessa disposizione, sollevate, con riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost., dalla C.T.R. di Venezia, dalla C.T.P. di Bari e dalla C.T.P. di Grosseto.

3 Per la Corte Costituzionale, la disposizione scrutinata non viola gli invocati parametri costituzionali in quanto l’art. 7, c. 2, L. n. 212/2000 non contempla espressamente la nullità dell’atto impositivo emanato nell’inosservanza della citata norma né appare viziata da irragionevolezza in quanto rientra nella facoltà del legislatore prevedere un aggravamento ex post delle conseguenze dell’inottemperanza al dettato normativo in questione.

La Corte Costituzionale, richiamando quanto già affermato con l’ordinanza n. 377 del 2007, rileva che la previsione è volta ad assicurare la trasparenza amministrativa, l’informazione del cittadino e il suo diritto di difesa.

La legge n. 212 del 2000, peraltro, non precisa gli effetti della violazione dell’obbligo indicato: essa, in particolare, a differenza di quanto fa con riferimento ad altre disposizioni, non commina la nullità per la violazione della disposizione indicata. Né la nullità, in mancanza di un’espressa previsione normativa, può dedursi dai principi di cui all’art. 97 Cost. o da quelli del diritto tributario e dell’azione amministrativa. La Corte esclude, pertanto, “che, anteriormente all’emanazione della disposizione impugnata, alla mancata indicazione del responsabile del procedimento conseguisse la nullità della cartella di pagamento. Questa è stata infatti esclusa, a fronte di notevoli incertezze dei giudici di merito, dalla Corte di cassazione.

La disposizione impugnata, di conseguenza, non contiene una norma retroattiva. Essa dispone per il futuro, comminando la nullità per le cartelle di pagamento prive dell’indicazione del responsabile del procedimento. Stabilisce, poi, un termine a partire dal quale opera la nullità e chiarisce che essa non si estende al periodo anteriore. Dunque, la nuova disposizione non contiene neppure una sanatoria di atti già emanati, perché la loro nullità doveva essere esclusa già in base al diritto anteriore”. Da quanto precede consegue che, con riferimento all’asserita natura retroattiva della norma, non è violato l’art. 3 Cost., perché “non è manifestamente irragionevole prevedere, a partire da un certo momento, un effetto più grave, rispetto alla disciplina previgente, per la violazione di una norma. Non è violato l’art. 23 Cost., perché non viene imposta una nuova prestazione e, comunque, come più volte affermato da questa Corte, non esiste un principio di irretroattività della legge tributaria fondato sull’evocato parametro, né hanno rango costituzionale – neppure come norme interposte – le previsioni della legge n. 212 del 2000 (ordinanze n. 41 del 2008, n. 180 del 2007 e n. 428 del 2006). Non sono violati gli artt. 24 e 111 Cost., in quanto la disposizione impugnata non incide sulla posizione di chi abbia ricevuto una cartella di pagamento anteriormente al termine da essa indicato. Non è violato, infine, l’art. 97 Cost., il quale non impone la scelta di un particolare regime di invalidità per gli atti privi dell’indicazione del responsabile del procedimento”.

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