L'accesso agli atti tributari è condizionato dalla chiusura del provvedimento

Quando sono accessibili – da parte del contribuente – gli atti tributari?

 

Con decisione n. 53 del 13 gennaio 2010 (ud. del 27 ottobre 2009) il Consiglio di Stato, Sez. IV, ha ritenuto che la disciplina dell’accesso agli atti tributari deve essere interpretata un un’ottica costituzionalmente orientata, ammettendone l’esercizio di detta facoltà, una volta chiuso il procedimento amministrativo.

 

Il fatto

Il sig. P.N., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della * s.r.l. (già * s.a.s.) ha impugnato la sentenza del TAR per la Toscana, sezione 1, n. 1215 del 9 luglio 2009 con la quale è stato rigettato il ricorso giurisdizionale proposto per l’annullamento dei provvedimenti, entrambi datati 26 marzo 2009, coi quali l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Firenze e Direzione Regionale Toscana, hanno denegato l’accesso alla documentazione richiesta con istanza datata 12 marzo 2009.

Espone, in punto di fatto:

  • di avere ricevuto, inizialmente, dall’Agenzia delle Entrate, due “…inviti a comparire…”, ex art. 5 del D.Lgs. n. 218/1997 per l’instaurazione del contraddittorio ai fini del procedimento di accertamento con adesione e di avere ricevuto, altresì, successivamente, dall’Ufficio fiorentino delle Entrate avviso di accertamento in materia di IRPEF e di imposta sostitutiva sulle plusvalenze azionarie per il periodo di imposta 2003, nonché altro avviso di accertamento a carico della * s.r.l in materia di accertamento del reddito per lo stesso anno 2003;

  • di avere, dapprima, impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale tali avvisi di accertamento e poi proposto anche istanza di annullamento in via di autotutela dei predetti avvisi di accertamento;

  • di avere aderito alla conciliazione giudiziale, ex art. 48 del D.Lgs. n. 546/1992, che, essendo stata perfezionata tramite il versamento della prima rata dovuta e la prestazione di idonea fideiussione, ha comportato, su concorde richiesta delle parti, l’estinzione dei due giudizi pendenti mediante declaratoria di cessata materia del contendere, pronunziata con sentenza n. 54/10/09;

  • di avere successivamente chiesto, sia all’Ufficio Regionale delle Entrate, sia a quello fiorentino, l’accesso alla documentazione richiesta con l’istanza datata 12 marzo 2009, in vista dell’udienza preliminare del procedimento penale instaurato nei propri confronti, in relazione alle anzidette vicende tributarie, su richiesta della competente Procura della Repubblica;

  • di avere proposto, a seguito dei dinieghi opposti alla citata istanza di accesso, ricorso al TAR della Toscana che lo ha respinto ritenendo conclusivamente che la norma dell’art. 24 della legge n. 241/1990, come sostituita dall’art. 16, c. 1, della legge 11/02/2005, n. 15, escluda l’accesso agli atti dei procedimenti tributari, anche quando essi si siano conclusi, prevedendosi espressamente che, per tali procedimenti, “…restano ferme le particolari norme che li regolano…”. Con detta sentenza il Giudice di prime cure ha affermato che non è revocabile in dubbio che la norma sopra richiamata, già secondo la sua formulazione letterale, oltre che secondo una lettura sistematica della stessa, prevede inequivocamente l’esclusione dall’accesso agli atti del procedimento tributario, senza alcuna distinzione relativa al conclusione o meno di quest’ultimo, tenuto conto della significativa precisazione fatta dal legislatore che detto divieto ha effetto “…nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano…”.

 

 

L’appello del contribuente

Parte appellante ha dedotto che i contestati dinieghi di accesso violerebbero i principi di eguaglianza, di inviolabilità del diritto di difesa, di trasparenza, di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione, in quanto sarebbero fondati su di un’errata interpretazione della norma dell’art. 24 della legge n. 241/1990, come sostituita dall’art. 16, c. 1, lettera b), della legge 11/02/2005, n. 15 e che avrebbe errato il giudice di prime cure a condividere tale interpretazione poiché la citata norma, come chiarito dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. IV, n. 5144 del 21/10/2008) non esclude l’interessato dall’accesso agli atti del procedimento tributario che lo riguardano, le quante volte detto procedimento sia stato già definito con apposito provvedimento.

In sintesi, dovrebbe accedersi, a parere dell’appellante, ad una lettura costituzionalmente orientata della norma perché soltanto essa offrirebbe

“…un’equilibrata composizione di due contrapposte esigenze, entrambe costituzionalmente tutelate, e cioè, da un lato, l’esigenza di non compromettere l’efficacia dell’azione accertatrice dell’Amministrazione finanziaria, facendo sì che sia rispettato il precetto costituzionale del concorso di tutti i cittadini alla spese pubbliche secondo la loro singola capacità contributiva e, dall’altro, l’esigenza che ciascuno possa difendersi in giudizio, disponendo di tutti gli strumenti e tutti gli atti necessari per la più efficace tutela dei propri interessi (art. 24 Costituzione)…”.

 

Da qui la sussistenza dei vizi, già dedotti in primo grado, di violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 24 della L n. 241/1990 e dell’art. 7, c. 4, della L. 27/07/2000, n. 212, in relazione ai principi di eguaglianza, inviolabilità del diritto di difesa, di trasparenza, di buona amministrazione e di imparzialità, di cui rispettivamente agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione, nonché eccesso di potere per illogicità e difetto di motivazione, anche con riferimento alla motivazione resa, in particolare, sia per gli atti del procedimento di verifica ed accertamento fiscale, sia per quelli concernenti l’accertamento con adesione, sia, infine, per quelli relativi alla richiesta di annullamento in autotutela del diniego di accesso.

 

 

La tesi dell’Amministrazione

L’Amministrazione si è costituita in giudizio e con memoria ha confutato le tesi dell’appellante sostenendo, conclusivamente, che sarebbe corretta e pienamente aderente alla volontà del legislatore l’interpretazione della norma in questione fornita dal giudice di prime cure.

 

 

La decisione del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ritiene che, anche nel caso in esame, possa trovare conferma l’avviso già espresso dalla Sezione con la decisione n. 5144 del 21/10/2008, in tema di interpretazione del divieto di accesso agli atti del procedimento tributario, sancito dall’art. 24 della L. n. 241/1990, e cioè che

“occorre accedere ad una lettura costituzionalmente orientata della disposizione anzidetta, alla stregua della quale l’inaccessibilità agli atti di cui trattasi è limitata, temporalmente, alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo”.

 

Infatti, prosegue la decisione,

“diversamente opinando si perverrebbe alla singolare conclusione che il cittadino possa subire ulteriori incisioni nella propria sfera giuridica in conseguenza di un procedimento tributario, pur conclusosi in sede giustiziale con accordo tra le parti, qualora gli fosse impedito di accedere a tutti gli atti che lo riguardano, al fine di difendersi in un parallelo procedimento pendente per gli stessi fatti, quale quello penale nella specie instauratosi a seguito della verifica tributaria”.

 

Né si rinvengono elementi interpretativi di segno contrario nella diversità testuale tra l’art. 24 nella sua formulazione originaria – che stabiliva che

“…non è comunque ammesso l’accesso agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di cui all’art. 13…”,

tra i quali erano contemplati anche quelli tributari – e quella, invece, introdotta per effetto della sostituzione operata dall’art. 16, c. 1, lett. b), della L. n. 15/2005, tenuto conto che la ratio della modifica – che la difesa erariale individua nella volontà legislativa di estendere, rispetto al passato, la regola dell’inaccessibilità in campo tributario a tutti i documenti, anche quelli relativi a procedimenti già conclusi – ben può essere ricercata, per converso, nell’esigenza di armonizzazione lessicale tra i ridetti articoli.

 

Il Consiglio di Stato osserva ancora che è lo stesso comma 7 dell’art. 24 – con norma di chiusura – che garantisce comunque l’accesso a quei documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, individuando come unico limite i documenti contenenti dati sensibili e giudiziari.

Non può, quindi, non riconoscersi in capo all’appellante un interesse giuridicamente rilevante ad accedere agli atti relativi al procedimento tributario in questione, tenuto conto che lo stesso appellante è chiamato a difendersi nel parallelo procedimento penale iniziato nei suoi confronti per il reato di cui agli articoli 110 e 81 cpv. del codice penale ed all’art. 3 del D.Lgs. n. 74 del 2000.

Infatti, diversamente, risulterebbe difficile comprendere come il sig. N. possa altrimenti far fronte alla necessità, costituzionalmente garantita, di difendersi concretamente in sede penale se non gli venisse consentito di accedere agli atti tributari in correlazione ai quali l’Autorità giudiziaria penale ha deciso di procedere nei suoi confronti.

In conclusione, il Consiglio di Stato accoglie l’appello, con conseguente riconoscimento del suo diritto di accedere agli atti richiesti.

 

 

L’accesso ai documenti amministrativi – Brevi riflessioni

accesso a documenti amministrativi da parte del cittadinoIl diritto di accedere ai documenti amministrativi è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti.

Come è noto, limitatamente all’oggetto del diritto di accesso, il legislatore non ha proceduto ad una elencazione dei documenti amministrativi accessibili, optando per una definizione generale, e pertanto, la dizione generica di cui all’art. 22, c. 2, della L. n. 241/90 consente di comprendere fra i documenti accessibili ogni rappresentazione di atti formati dalla Pubblica Amministrazione, ovvero gli atti che, seppur formati da soggetti terzi, siano comunque detenuti o utilizzati dall’Amministrazione nello svolgimento dell’attività amministrativa.

Rientrano in questa nozione non solo i provvedimenti amministrativi, ma tutti gli atti, anche interni, che vengono utilizzati nell’agere amministrativo.

La normativa dispone, fra l’altro, il differimento ex lege – art. 24, c. 6, ultimo inciso, della L. n.241/90 e art. 13, c. 2, – del diritto di accesso per gli atti preparatori nel corso della formazione di provvedimenti tributari.

Occorre evidenziare che già con la circolare n.263000/090/2001, emanata l’8 ottobre 2001, il Comando Generale della Guardia di Finanza, nell’illustrare il diritto di accesso ai documenti amministrativi, aveva affermato che

“a norma del combinato disposto di cui agli artt. 24, comma 6, e 13, comma 2, della legge n. 241/90, l’accesso agli atti preparatori di un provvedimento tributario è consentito soltanto quando sia concluso il procedimento. Pertanto, il diritto in parola risulta solo temporaneamente precluso, ricorrendo, nella specie, un’ipotesi di differimento ex lege”(1).

 

Tenuto conto che l’art. 2, c. 2, del D.P.R. n. 352/92 prevede che il diritto di accesso può esercitarsi nei confronti dell’autorità competente a formare l’atto conclusivo o a detenerlo stabilmente,

“ne discende che la Guardia di Finanza non può essere destinataria di richieste di accesso a documenti relativi a procedimenti tributari, in quanto non competente a formare o a detenere stabilmente l’atto conclusivo dei medesimi, nella specie l’avviso di accertamento”.

Sarà eventualmente cura del reparto del Corpo destinatario di tale istanza trasmettere immediatamente al competente ufficio dell’Amministrazione finanziaria, provvedendo altresì a darne tempestiva comunicazione all’interessato (si ricorda che i termini di cui all’art. 3, c. 1, del D.P.R. n. 352/92 decorrono dal momento in cui l’ufficio competente riceve l’istanza).

Resta fermo che il diritto di accesso si esercita mediante istanza, redatta in carta semplice, da presentare all’ufficio competente ad emanare l’atto conclusivo del procedimento cui il documento richiesto si riferisce, o a quello che detiene il documento oggetto della richiesta.

L’istanza deve contenere:

  • le generalità e il recapito del richiedente;

  • ove provenga da persona giuridica, la denominazione dell’ente nel cui interesse è esercitato il diritto di accesso e l’indicazione dei poteri rappresentativi dell’istante;

  • gli elementi per l’identificazione del/dei documenti oggetto della richiesta;

  • le motivazioni a sostegno delle richieste;

  • la data e la sottoscrizione dell’istante.

 

Qualora presentata da soggetto diverso da quello legittimato, l’istanza deve essere corredata dalla delega all’esercizio del diritto d’accesso (presentazione della domanda, esame dei documenti, ritiro delle copie), con l’indicazione delle generalità del delegato e deve essere accompagnata da copia fotostatica di un documento di identità del delegante e, eventualmente, specifica autorizzazione alla conoscenza di dati rientranti nella sfera di riservatezza del delegante, ai sensi della legge n. 675/96.

La procura alle liti senza delega specifica non legittima il difensore ad esercitare, per conto dell’assistito, il diritto di accesso ai documenti amministrativi.

Ai medesimi fini, la richiesta di accesso formale, ove inoltrata a mezzo del servizio postale, deve essere munita di fotocopia di un documento di identità, sia pur non autenticata, a norma dell’art. 38 del D.P.R. n. 445/2000.

Da ultimo, si ricorda che l’istanza di accesso deve indicare l’interesse correlato all’oggetto della medesima che deve trovare fondamento in una situazione giuridicamente rilevante, in ragione della quale e per la cui tutela il diritto di accesso viene esercitato.

 

9 febbraio 2010

Roberta De Marchi

Nota

1) La circolare della Guardia di Finanza cita il Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 aprile 1997, n. 433, secondo cui sussiste il diritto del contribuente – tutelabile in sede di giurisdizione esclusiva innanzi al giudice amministrativo – di accedere agli atti formati nel corso di una verifica fiscale conclusasi con l’emissione di avvisi di accertamento, avverso i quali lo stesso contribuente ha proposto impugnazione innanzi alla commissione tributaria; C.d.S., Sez. IV, 13/07/1998, n. 1091, secondo cui posto che il potere di verifica fiscale è istituzionalmente esercitabile in funzione strumentale all’accertamento tributario, la relativa attività avendo ontologicamente una funzione preparatoria del futuro provvedimento definitivo, di norma non può far sorgere il diritto di accesso ai documenti in relazione alla chiusura delle operazioni di verifica ai sensi degli artt. 22 e ss. L. 07/08/1990 n. 241, atteso che non vi è stato ancora alcun avviso di accertamento, talché non si è concretato ancora alcun atto di imposizione; T.A.R. Veneto, Sez. I, 01/12/1999, n. 2258, secondo cui l’autorizzazione alla Guardia di finanza a svolgere indagini bancarie ha natura tributaria e strumentale, in quanto atto di subprocedimento interno che sfocia nel definitivo accertamento; pertanto, è temporaneamente precluso, in virtù dell’espressa esclusione sancita dall’art. 24 L. 07/08/1990, n. 241, l’accesso alle attività strumentali tributarie all’evidente scopo di garantire la celerità e la segretezza delle indagini, senza comunque compromettere la trasparenza e la tutelabilità della posizione soggettiva dell’interessato quando sia concluso il procedimento accertativo.