Con sentenza n. 1405 del 22 novembre 2007 (dep. il 23 gennaio 2008)
Successivamente si è occupata della questione del contraddittorio: “secondo la giurisprudenza di questa Corte, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, nella parte in cui prevede l'invito al contribuente a fornire dati e notizie in ordine agli accertamenti bancari, non impone all'Ufficio l'obbligo di uno specifico e previo invito, ma gli attribuisce una mera facoltà, della quale può avvalersi in piena discrezionalità; il mancato esercizio di tale facoltà non può quindi determinare l'illegittimità della verifica operata sulla base dei medesimi accertamenti, né comporta la trasformazione della presunzione legale posta dalla norma in esame in presunzione semplice, con possibilità per il giudice di valutarne liberamente la gravità, la precisione e la concordanza, e con il conseguente onere per il Fisco di fornire ulteriori elementi di riscontro" (Cass. 14675/2006; conf. 26293/05, 7267/02).
Osservazioni e analisi
La sentenza in esame, al di la della ormai vecchia questione che legittima la motivazione per relationem (1), investe due questioni legate alle indagini bancarie:
a) la legittimità dell’avviso di accertamento basato sulle risultanze bancarie viene meno se l’ufficio non ha effettuato il contraddittorio ?
a) la mancanza di contraddittorio degrada la presunzione da legale a semplice?
Proviamo a svolgere una seria riflessione sulle due domande.
Legittimità dell’avviso di accertamento basato sulle risultanze bancarie anche in assenza di contraddittorio
L’Amministrazione finanziaria il 19 ottobre
Ed ancora: il preventivo contraddittorio pur se “opportuno per provocare la partecipazione del contribuente, finalizzata a consentire un esercizio anticipato del suo diritto di difesa, potendo lo stesso fornire già in sede precontenziosa la prova contraria, e rispondente a esigenze di economia processuale, al fine di evitare l'emissione di avvisi di accertamento che potrebbero risultare immediatamente infondati alla luce delle prove di cui il contribuente potesse disporre”, è solo una mera facoltà dell'ufficio, senza che rivesta carattere di obbligatorietà. “ ..Pertanto il mancato invito dell'ufficio medesimo non inficia la legittimità della rettifica, ove basate sulle presunzioni previste dalle norme in esame. Peraltro, detto orientamento sostiene che la mancata instaurazione del contraddittorio non degrada la prevista presunzione legale a presunzione semplice, fermo restando, quindi, l'onere probatorio contrario in capo al contribuente (da ultimo, Cassazione n. 8253/2006 e n. 5365/2006)”.
Il valore probatorio degli elementi raccolti, configurando una presunzione di natura juris tantum, potrà essere ribaltato dal contribuente in sede precontenziosa o meno, fornendo, le prove di volta in volta necessarie.
In ordine alla legittimità o meno del contraddittorio esperito da un organo diverso dall'ufficio competente, la circolare osserva che “stante la diretta riconducibilità all'attività di accertamento della valutazione delle risposte e dei chiarimenti forniti dal contribuente, spetta esclusivamente all'ufficio locale - istituzionalmente e territorialmente competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente soggetto a controllo - la decisione finale circa l'attitudine degli esiti acquisiti a costituire il presupposto da porre a base della rettifica o dell'accertamento, secondo lo schema legale della presunzione e del conseguente onere della prova liberatoria offerta dal contribuente”.
Qualora il contraddittorio sia stato svolto dalla Guardia di finanza, “il contributo offerto da tale contraddittorio, se ritenuto appagante per l'analisi dell'ufficio, esonera quest'ultimo dalla successiva ripetizione dell'esperimento, sempreché formalizzato in un processo verbale”.
Atteso che titolare del potere di accertamento è solo l’ufficio locale e che le risultanze del contraddittorio formalizzate in un processo verbale costituiscono solo un atto istruttorio ( sia se esperito dai verificatori degli uffici locali che dalla Guardia di Finanza) “qualora gli esiti di tale contraddittorio non si rivelino coerenti con le risultanze istruttorie e le elaborazioni analitiche dell'ufficio, questo, al precipuo fine di utilizzare la presunzione legale di cui ai ripetuti numeri 2), provvederà ad approfondire direttamente le incongruenze o le esigenze successivamente evidenziatesi rispetto al contenuto del verbale pervenuto, tramite la ripetizione del contraddittorio già effettuato”.
Né possiamo sostenere che questa è la posizione delle Entrate mentre la giurisprudenza è di segno opposto.
Infatti, la recentissima sentenza n. 2821 del 6 novembre 2007 (dep. il 7 febbraio 2008) aveva già evidenziato che non osta alla legittimità degli accertamenti bancari il mancato coinvolgimento del contribuente.
Pertanto, non possiamo che concludere che il contraddittorio non è necessario per dare legittimità agli atti di accertamento, in quanto nessuna norma prevede la nullità dell’azione di accertamento nel caso in cui non venga instaurato il contraddittorio anticipato con il contribuente, al fine di consentirgli di fornire la prova contraria.
La mancanza di contraddittorio non degrada la presunzione da legale a semplice
Il dettato normativo di riferimento dei controlli bancari/finanziari si rinviene, per le imposte dirette, negli artt. 32, comma 1, n. 2, 5 e 7 del D.P.R. n. 600/1973, e per l’IVA, nell’art. 51, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, così come modificati dai commi 402, 403 e 404, dell’art. 1, dalla legge n. 311/2004 – cd. Finanziaria 2005, e dalle norme introdotte dall’art. 37, commi 4 e 5, del D.L. n.223/06, conv. con modif. in Legge n. 248/2006.
Tale forma di indagine trae alimento dalla presenza di presunzioni iuris tantum, e dunque dall’inversione dell’onere della prova, posto a carico dei soggetti sottoposti a controllo.
Se è vero che siamo in presenza di presunzioni relative, per la forza data dalla norma, si atteggiano quasi a presunzioni assolute, poiché richiedono delle prove forti per dimostrare i fatti impeditivi od ostativi al verificarsi del presupposto d’imposta, posto che gli stessi giudici tributari trovano nella perentorietà delle norme un limite alla propria discrezionalità.
Sulla base del dettato normativo, gli elementi risultanti dal conto sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza per lo stesso fine: pertanto, i prelevamenti, oltre che i versamenti, si considerano ricavi tassabili ai fini delle imposte sul reddito, qualora non sia indicato il beneficiario o non si abbia riscontro nelle scritture contabili tenute dal contribuente.
Ai fini Iva i prelevamenti sono considerati come pagamenti per operazioni passive non autofatturate (limitatamente ai soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili), e sia le operazioni imponibili (desunte dagli accreditamenti) sia gli acquisti (desunti dagli addebitamenti), che sulla base dei conti intrattenuti non trovano riscontro nella dichiarazione, si considerano effettuati all’aliquota che mediamente risulta prevalente o che in prevalenza avrebbe dovuto essere applicata.
In pratica, l’equazione prelevamenti uguale ricavi deriva dal fatto che normalmente le uscite non giustificate riguardano costi sostenuti in nero proprio perché correlati a ricavi non contabilizzati (cfr. Comm. Trib. Prov. di Milano, Sez. XXI, sent. n.148 del 21 maggio 2004). Il contraddittorio personale del contribuente con l'Ufficio non costituisce un presupposto dell' accertamento che intenda fondarsi sui dati risultanti dai conti bancari, né la presunzione di ricavi sia sui versamenti che sui prelevamenti, viene meno qualora non sia instaurato il contraddittorio tra ufficio e contribuente.
In pratica non è sostenibile la tesi secondo cui il contraddittorio preventivo costituisce presupposto delle presunzioni legali, né che costituisce un contrappeso della presunzione legale relativa di imponibilità dei movimenti bancari.
Francesco Buetto
25 Febbraio 2008
(1) Ancora