Più tutela giurisdizionale per i contribuenti perché per l’applicazione delle ganasce fiscali non basta il preavviso.
Secondo i Giudici della prima sezione della Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, con sentenza n. 399 del 31 maggio scorso non è atto impugnabile l’atto di preavviso di fermo amministrativo che il concessionario della riscossione notifica al debitore moroso non essendo atto ricompreso nell’art. 19 del D.lgs. n. 546/1992, mentre lo è l’atto di fermo amministrativo: la mancata notifica di questo atto rende illegittimo il relativo procedimento che pertanto è da dichiarare nullo.
Disciplina del fermo amministrativo
Come noto, il fermo amministrativo è un atto di riscossione coattiva con il quale le amministrazioni o gli enti competenti possono ‘’bloccare’’ un bene mobile iscritto in pubblici registri (ad es. l’auto o la moto) del debitore o dei coobbligati (artt. 50 e 86 del DPR 602/1973).
Il presupposto per l’uso delle ganasce fiscali è il mancato pagamento da parte del debitore nei termini di 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale.
L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 2 del 09.01.2006 ha dato il “via libera” ai concessionari della riscossione ai fini dell’adozione del fermo amministrativo sui beni mobili registrati, in seguito allo “stop” dalla stessa disposto dalla stessa Agenzia delle entrate con il provvedimento numero 92 del 22.07.04.
La risoluzione ha fatto seguito all’intervento del legislatore che, con norma di interpretazione autentica, (art. 3 c. 41 l. 248/05 di conversione del d.l. 203/05),ha stabilito che “…Le disposizioni dell’articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, si interpretano nel senso che, fino all’emanazione del decreto previsto dal comma 4 dello stesso articolo, il fermo puo’ essere eseguito dal concessionario sui veicoli a motore nel rispetto delle disposizioni, relative alle modalita’ di iscrizione e di cancellazione ed agli effetti dello stesso, contenute nel decreto del Ministro delle finanze 7 settembre 1998, n. 503…”.
I concessionari per la riscossione procedono dunque, al fermo, mandando un preavviso con invito a corrispondere (presso gli sportelli del concessionario stesso) il debito risultante dalla cartella di pagamento entro 20 giorni. Trascorso tale termine, il preavviso stesso – nell’accezione dell’Amministrazione finanziaria – assumerebbe il valore di comunicazione di iscrizione di fermo.
Motivi della controversia
In data 2 aprile 2007, un contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, chiedendo la disapplicazione del provvedimento del fermo dei propri autoveicoli strumentali al suo lavoro di spettacoli acrobatici, di cui era venuto a conoscenza a seguito di personali indagini. Nell’ambito della nota di deposito del gravame l’imprenditore allegava una lettera dell’aprile 2006, con cui la società di riscossione comunicava che, in mancanza del pagamento di sospesi esattoriali entro il termine di giorni venti, avrebbe eseguito il menzionato provvedimento.
La decisione della C.T.P. di Reggio Emilia
Nella parte iniziale della pronuncia i Giudici di prime cure osservano che il fermo dei beni mobili registrati è stato inserito, quale atto oggetto di ricorso, nell’art. 19 del D.lgs. n. 546/1992 dall’art. 35, comma 26-quinquies, del D.L. 4 agosto 2006, n. 248 in vigore dal 12 agosto 2006.
Dagli atti della controversia il relatore dà atto che il provvedimento cautelare si è effettivamente concretizzato nell’iscrizione nei registri mobiliari del fermo diposto da parte del concessionario dell’esazione, mediante nota meccanografica interna al PRA, determinando un divieto di cessione e di circolazione.
Il comma 4 dell’art. 86 del D.P.R. n. 602/1973, contenente la disciplina dell’atto esecutivo, rimanda, tuttavia, ad un decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, in cui sono stabiliti le modalità, i termini e le procedure per la sua attuazione.
Pertanto – osserva la prima sezione del collegio giudicante – attesa la mancanza del regolamento attuativo, si poneva la questione degli effetti della carenza del potere del concessionario, e, dottrina e giurisprudenza, in modo assolutamente prevalente, ritenevano illegittimo e pertanto nullo ogni provvedimento adottato.
Successivamente, come già accennato nella prima parte del presente intervento, con l’art. 3, comma 41, D.L. n. 203 del 30 settembre 2005, si stabiliva che, sino all’emanazione del decreto di cui al comma 4 dell’art. 86 del D.P.R. n. 602/1973, il fermo potesse “essere eseguito dal concessionario … nel rispetto delle disposizioni relative alle modalità di iscrizione e di cancellazione ed agli effetti dello stesso, contenute nel decreto del Ministro delle finanze 7 settembre 1998, n. 503.
Nell’ambito del proprio potere di riscossione la società concessionaria con la lettera menzionata diretta al contribuente testualmente intimava: “…trascorso inutilmente il termine di venti giorni senza che sia stato saldato il debito scaduto senza ulteriore comunicazione, si provvederà a dar corso al fermo amministrativo…”, inviata in base e per gli effetti degli artt. 86 del D.P.R. n. 602 e 3, comma 41, del D.L. n. 203 del 30 settembre 2005.
In pratica, facendosi riferimento ad un discutibile automatismo operativo, in conseguenza del mancato pagamento dei tributi, il “braccio armato” dell’Amministrazione finanziaria ha:
a) inteso costituire una comunicazione presunta del fermo dei beni mobili registrati, e di conseguenza,
b) formalizzato una procedura illegale di esecuzione forzata, in difetto di cognizione legale del contribuente.
Pertanto – prosegue la C.T.P. di Reggio Emilia – la procedura adottata dal concessionario della riscossione si avvallerebbe di:
1) una “preventiva comunicazione di fermo futuro”, atto non ricorribile per difetto di previsione normativa;
2) del fermo dei beni mobili registrati, vero e proprio, quale atto che il contribuente non riceve e quindi non ne conosce limiti ed oggetto.
Nell’accezione dei Giudici tributari si palesa una aperta violazione della legislazione vigente, giudicando <procedura raffazzonata> – si legge testualmente nella sentenza n. 399 del 31.05.2007 – l’operato seguito dalla società di riscossione dei tributi.
Infatti – proseguono i Giudici emiliani – il comma 2 dell’art. 86 del D.P.R. n. 602/1973, dopo avere statuito che il fermo si esegue mediante l’iscrizione nei registri mobiliari, dispone che il provvedimento relativo deve essere comunicato al soggetto nei confronti del quale è disposto lo stesso fermo.
Tale norma, integrata dall’art. 7 della L. n. 212/2000, Statuto dei diritti del contribuente, impone che nello stesso provvedimento sia indicato
– l’organo giurisdizionale da adire,
– il termine di impugnativa di giorni sessanta, ed
– il procedimento per la costituzione in giudizio, a garanzia di qualsiasi aggressione al patrimonio del cittadino.
Conclusioni della sentenza ed effetti per i contribuenti
Senza particolari esitazioni, dunque, la sezione prima della corte di merito di Reggio Emilia, accoglie il ricorso del contribuente e si esprime affermando che l’omessa notifica del provvedimento autonomamente impugnabile, per il solo motivo di questa carenza, deve ritenersi illegittima, e quindi ne consegue il suo annullamento (art. 19, comma 3, del D.lgs. n. 546/1992).
In definitiva il contribuente moroso che, dopo aver ricevuto il preavviso di fermo amministrativo (che entro venti giorni dalla notifica comporterà l’applicazione delle ganasce sugli autoveicoli) non riceve la notifica del provvedimento di fermo amministrativo può chiedere alla commissione tributaria competente l’illegittimità della procedura di esecuzione forzata.
Attilio Romano
9 agosto 2007