Analisi della struttura finanziaria dell’azienda – Parte prima

Dopo i necessari chiarimenti sul concetto di schema di Stato Patrimoniale riclassificato e condensato, vediamo come procedere all’analisi della struttura finanziaria con spiegazioni ed esempi pratici.

La struttura finanziaria dell’azienda: introduzione

analisi della struttura finanziaria dell'aziendaDa un punto di vista ragionieristico lo Stato Patrimoniale è il prospetto in cui sono rappresentate le attività, le passività e il patrimonio netto di un’impresa in un certo istante, che, nell’ipotesi del bilancio d’esercizio, solitamente coincide con la fine dell’anno solare.

Da un punto di vista finanziario, invece, lo Stato Patrimoniale deve essere analizzato per verificare se l’impresa è in grado di rimanere in condizioni di equilibrio finanziario e patrimoniale1.

In quest’ottica le attività, le passività, il patrimonio netto sono visti come:

  • IMPIEGHI di mezzi finanziari investiti nell’azienda (le attività) e
  • FONTI di finanziamento di tali impieghi (le passività e il patrimonio netto).

 

NOTA: Le Attività come Impieghi, le Passività come Fonti di mezzi finanziari.

 

Con la tecnica della riclassificazione dello Stato Patrimoniale si raggruppano le singole poste dell’attivo e del passivo in base alle loro caratteristiche di IMPIEGHI e FONTI DI FINANZIAMENTO, con la tecnica della condensazione si predispongono quadri sintetici, basati su pochi voci riassuntive, delle componenti finanziarie e patrimoniali dell’impresa.

Le voci dello Stato Patrimoniale sono pertanto raggruppate in base al criterio della loro attitudine a trasformarsi in flussi finanziari in entrata (gli impieghi) oppure in flussi finanziari in uscita (le fonti di finanziamento), così a titolo di esempio un credito verso clienti produrrà un flusso finanziario in entrata all’atto del suo incasso, i prodotti in rimanenza produrranno un flusso finanziario in entrata nel momento in cui saranno venduti e ne sarà incassato il corrispettivo, un debito verso fornitori invece darà luogo a un flusso finanziario in uscita all’atto del suo pagamento.

In tale processo di riclassificazione e di condensazione riveste particolare importanza non solo l’individuazione dei flussi finanziari come sopra spiegato, ma anche la determinazione dell’orizzonte temporale entro il quale gli impieghi si convertiranno in moneta e le fonti determineranno invece l’uscita di moneta.

 

La tabella 1 fornisce un’immagine visiva di cosa si debba intendere per Stato Patrimoniale riclassificato e condensato, come si può ben notare esso è ridotto a poche voci fondamentali.

 

 

IMPIEGHI

FONTI DI FINANZIAMENTO

 

Capitale circolante

Disponibilità liquide immediate

Passività correnti

Disponibilità liquide differite

Rimanenze

 

Immobilizzazioni

Passività consolidate

(a media e lunga scadenza)

Patrimonio netto

(mezzi propri)

Tabella 1. Schema di Stato Patrimoniale condensato e riclassificato.

 

Le componenti dell’attivo e del passivo (impieghi e fonti di finanziamento) sono raggruppate sinteticamente in base alla loro attitudine a produrre flussi finanziari in entrata e in uscita entro un determinato periodo di tempo dalla data di predisposizione del bilancio   e per convenzione si utilizza il periodo di 12 mesi come criterio di individuazione del breve e del medio-lungo periodo.

Del resto anche nello Stato Patrimoniale redatto secondo le norme civilistiche è previsto l’obbligo della separata indicazione di crediti e debiti esigibili entro l’esercizio successivo.

Condensando ulteriormente gli IMPIEGHI si può predisporre un ulteriore schema di Stato Patrimoniale sintetico come espresso dalla tabella 2.

 

IMPIEGHI

FONTI DI FINANZIAMENTO

Capitale circolante

Passività correnti

Immobilizzazioni

Passività a media-lunga scadenza

 

Mezzi propri

Tabella 2. Schema di Stato patrimoniale condensato

 

In base allo schema indicato dalla tabella 2 gli impieghi sono stati raggruppati in due grandi categorie e più precisamente:

  • Capitale circolante o attività circolanti;
  • Immobilizzazioni.

 

A sua volte il Capitale circolante è stato scomposto in 3 componenti, vale a dire:

  1. Disponibilità liquide immediate, le scorte di denaro e i valori ad esse assimilabili;
  2. Disponibilità liquide differite, i crediti esigibili entro l’esercizio successivo;
  3. Rimanenze, le scorte di magazzino di materie prime, semilavorati, prodotti finiti e merci.

 

Le immobilizzazioni producono invece flussi finanziari in entrata oltre il periodo convenzionale dei 12 mesi successivi, anzi per alcune di esse, quali ad esempio le immobilizzazioni tecniche, che in genere costituiscono la parte più rilevante delle immobilizzazioni, non è pensabile che esse si trasformino in flussi finanziari in entrata nell’arco temporale di oltre 12 mesi, in quanto il loro valore viene recuperato finanziariamente nel corso degli anni tramite la produzione e la vendita dei beni, che a loro volta si trasformeranno in moneta all’atto dell’incasso del corrispettivo di vendita.

Le fonti di finanziamento sono invece raggruppate in tre grandi categorie:

  • le passività correnti, i debiti con scadenza entro i 12 mesi successivi alla data del bilancio, che si contrappongono alle attività correnti;
  • le passività consolidate o passività a media-lunga scadenza, in cui sono compresi tutti i debiti che andranno a scadenza oltre i 12 mesi;
  • i mezzi propri, che costituiscono la parte degli impieghi che è stata finanziata con il capitale apportato dall’imprenditore o dai soci, in modo diretto con il conferimento del capitale sociale o indirettamente rinunciando a prelevare gli utili conseguiti.

 

Passività correnti ⇒ Generano flussi finanziari in uscita nel breve periodo

Passività a media-lunga scadenza ⇒  Generano flussi finanziari in uscita oltre il breve periodo

Mezzi propri ⇒ Non generano flussi finanziari in uscita, salvo i casi di distribuzione di capitale o di riserve

 

 

Come procedere all’analisi della struttura finanziaria

Dopo aver spiegato il concetto di schema di Stato Patrimoniale riclassificato e condensato e dopo aver esaminato come esso venga suddiviso in un complesso di poche ma significative voci raggruppate in base alla loro propensione a trasformarsi in flussi finanziari in entrata o in uscita, il lavoro dell’analista finanziario continua sulla base di due caratteristiche:

  1. utilizzo di più Stati patrimoniali condensati;
  2. utilizzo di più Stati patrimoniali percentualizzati.

 

Quanto al punto a) l’analista finanziario non può limitarsi all’analisi di un singolo bilancio di esercizio, ma deve disporre dello Stato Patrimoniale almeno degli ultimi tre esercizi.

Con la disponibilità di una serie cronologica di Stati patrimoniali l’analista è in grado di delineare una prima caratteristica qualitativa della situazione finanziaria e patrimoniale dell’impresa.

Si tratta pur sempre di una rappresentazione non perfetta della dinamica finanziaria dell’impresa in quanto l’analista ha una serie cronologica di situazioni riferite tutte allo stesso periodo di tempo, che coincidono solitamente con la chiusura dell’esercizio sociale, ma essa è uno strumento che può rivelarsi utile per individuare l’evoluzione della situazione finanziaria dell’impresa nel passato appena concluso e nello stesso tempo permette di prevedere quali potranno essere gli sviluppi nell’immediato futuro.

Quanto al punto b) risulta particolarmente utile all’analista finanziario l’osservazione degli Stati patrimoniali condensati in cui i valori delle singole componenti dello Stato patrimoniale condensato sono espressi come percentuali del totale.

Il totale è ovviamente il totale degli impieghi o quello, dello stesso valore, delle fonti di finanziamento.

Nella fase delineata dal punto b) l’analista dovrà pertanto misurare l’incidenza percentuale delle disponibilità liquide immediate sul totale degli impieghi e lo stesso dovrà fare per le disponibilità liquide differite, le rimanenze e le immobilizzazioni per quanto riguarda gli impieghi e l’incidenza percentuale delle passività correnti, delle passività a media-lunga scadenza e dei mezzi di terzi per quanto riguarda le fonti di finanziamento.

Con l’utilizzazione dello Stato Patrimoniale percentualizzato l’analista finanziario potrà meglio comparare nel tempo l’incidenza delle diverse componenti che vanno a costituire lo Stato Patrimoniale condensato, annullando la distorsione nei valori assoluti dovuta alla possibile presenza di fenomeni inflattivi o al mutamento dimensionale dell’impresa.

Così, a titolo di esempio, se si volesse individuare la misura dell’indebitamento a breve termine di un’impresa che nel corso di due esercizi abbia subito un notevole sviluppo nelle dimensioni aziendali, come nella tabella seguente:

 

 

Esercizio x

Esercizio x+1

 

Esercizio x

Esercizio x+1

Capitale circolante

450

600

Passività correnti

400

500

Immobilizzazioni

550

1400

Passività a media-lunga scadenza

100

700

 

 

 

Mezzi propri

500

800

TOTALE IMPIEGHI

1000

2000

TOTALE FONTI

1000

2000

 

l’analista finanziario, più che a sottolineare il fatto che le passività correnti siano passate da 400 a 500 in valore assoluto, darà maggiore rilevanza al fatto della loro incidenza percentuale che è passata dal 40% del totale delle fonti di finanziamento nel primo esercizio al 25% nel secondo.

Allo scopo di raggiungere l’equilibrio finanziario l’impresa deve porsi l’obiettivo di:

  • far corrispondere il più possibile il valore delle fonti di finanziamento durature (mezzi propri e debiti a medio lungo termine) agli impieghi permanenti (le immobilizzazioni);
  • far corrispondere tra di loro fonti di finanziamento a breve e impieghi a breve.

 

L’esistenza di un equilibrio come sopra precisato è assai importante per evitare tensioni di natura finanziaria che possono creare seri problemi all’azienda. Niente è più pericoloso di una situazione di flussi di cassa non equilibrati.

Se le fonti di finanziamento a breve sono prevalenti nella composizione del passivo, l’esigenza del loro rimborso può portare l’impresa al tracollo, in quanto ben difficilmente gli impieghi di natura permanente potranno essere liquidati in tempi brevi.

 

UN’APPLICAZIONE PRATICA

Si supponga di disporre di tre Stati Patrimoniali consecutivi opportunatamente riclassificati e condensati di un’azienda come dai seguenti prospetti:

 

Stato Patrimoniale condensato al 31/12 dell’anno X

 

Disponibilità liquide immediate

 

31.800

 

Passività correnti

 

218.700

Disponibilità liquide differite

208.490

Passività a M/L termine

123.410

Rimanenze

83.500

Mezzi propri

200.130

Immobilizzazioni

218.450

 

 

 

TOTALE IMPIEGHI

 

542.240

 

TOTALE FONTI

 

542.240

 

 

Stato Patrimoniale condensato al 31/12 dell’anno X+1

 

Disponibilità liquide immediate

 

48.100

 

Passività correnti

 

430.100

Disponibilità liquide differite

335.100

Passività a M/L termine

195.600

Rimanenze

120.750

Mezzi propri

248.750

Immobilizzazioni

370.500

 

 

 

TOTALE IMPIEGHI

 

874.450

 

TOTALE FONTI

 

874.450

 

 

Stato Patrimoniale condensato al 31/12 dell’anno X+2

 

Disponibilità liquide immediate

 

150.800

 

Passività correnti

 

442.500

Disponibilità liquide differite

390.400

Passività a M/L termine

230.400

Rimanenze

131.000

Mezzi propri

469.800

Immobilizzazioni

470.500

 

 

 

TOTALE IMPIEGHI

 

1.142.700

 

TOTALE FONTI

 

1.142.700

 

L’analista procede alla percentualizzazione dello Stato Patrimoniale dei tre esercizi sopra riportati in cui è evidenziata l’incidenza percentuale delle disponibilità liquide immediate e differite, delle rimanenze e delle immobilizzazioni sul totale degli impieghi e delle passività correnti, a medio e lungo termine e dei mezzi propri sul totale delle fonti.

 

Stato Patrimoniale condensato e percentualizzato al 31/12 dell’anno X

 

Disponibilità liquide immediate

 

5,86%

 

Passività correnti

 

40,33%

Disponibilità liquide differite

38,45%

Passività a M/L termine

22,76%

Rimanenze

15,40%

Mezzi propri

36,91%

Immobilizzazioni

40,29%

 

 

 

TOTALE IMPIEGHI

 

100,00%

 

TOTALE FONTI

 

100,00%

 

Stato Patrimoniale condensato e percentualizzato al 31/12 dell’anno X+1

 

Disponibilità liquide immediate

 

5,50%

 

Passività correnti

 

49,19%

Disponibilità liquide differite

38,32%

Passività a M/L termine

22,37%

Rimanenze

13,81%

Mezzi propri

28,45%

Immobilizzazioni

42,37%

 

 

 

TOTALE IMPIEGHI

 

100,00%

 

TOTALE FONTI

 

100,00%

 

Stato Patrimoniale condensato e percentualizzato al 31/12 dell’anno X+2

 

Disponibilità liquide immediate

 

13,20%

 

Passività correnti

 

38,72%

Disponibilità liquide differite

34,16%

Passività a M/L termine

20,16%

Rimanenze

11,46%

Mezzi propri

41,11%

Immobilizzazioni

41,17%

 

 

 

TOTALE IMPIEGHI

 

100,00%

 

TOTALE FONTI

 

100,00%

 

 

In termini assoluti l’impresa ha fronteggiato un considerevole sviluppo dimensionale in quanto essa è passata da 542.240 del totale impieghi del primo esercizio a 1.142.700 nel terzo esercizio.

 

Il tasso di incremento è stato del 110% circa. La crescita delle dimensioni aziendali è sicuramente un dato positivo, in quanto consente all’azienda di essere più competitiva o presente su mercati in espansione, ma nello stesso tempo occorre attentamente valutare come l’impresa abbia potuto reperire le risorse finanziarie che hanno permesso tale sviluppo dimensionale.

Una forte crescita dei valori assoluti si nota anche nelle immobilizzazioni passate da 218.450 del primo esercizio a 470.500 dell’ultimo esercizio con un tasso di incremento di circa il 115%.

Osservando quindi l’incidenza percentuale delle componenti delle fonti, si può evidenziare come:

  • le passività correnti regrediscono nell’arco temporale dal primo all’ultimo esercizio (dopo una loro forte crescita nel secondo),
  • le passività a medio e lungo termine manifestano pure un regresso ma più graduale nel corso dei tre esercizi ,
  • i mezzi propri subiscono un aumento.

 

La dinamica della composizione delle fonti di finanziamento evidenzia dunque come l’impresa abbia fatto fronte alla rapida crescita dimensionale, ricorrendo in un primo momento all’indebitamento a breve e solo in un secondo momento incrementando il proprio capitale di rischio.

L’incremento dei mezzi propri può essere dovuto a due fattori:

  • l’autofinanziamento per utili non prelevati dalla gestione;
  • il conferimento di nuovi mezzi finanziari da parte dell’imprenditore e dei soci.

 

Nel caso in esame è da ritenere che il sensibile incremento dei mezzi propri dell’azienda sia proprio dovuto ad un aumento di capitale piuttosto che all’autofinanziamento per utili della gestione non prelevati, che nella maggioranza dei casi non sono tali da modificare l’incidenza dei mezzi propri sul totale degli impieghi.

In effetti nell’ultimo esercizio l’impresa ha effettuato un aumento di capitale e ad esso è anche dovuto l’accresciuto livello delle disponibilità liquide immediate, passate in termini assoluti da 13.800 del primo esercizio a 150.800 dell’ultimo esercizio e in termini di incidenza percentuale sul totale degli impieghi dal 5,86% del primo esercizio al 13,20% dell’ultimo esercizio.

La struttura finanziaria dell’impresa nel corso dell’ultimo esercizio si è dunque consolidata grazie all’afflusso di mezzi finanziari liquidi provenienti dall’imprenditore e dai soci e questo può essere facilmente individuato dalla seguente tabella dei valori percentualizzati dei tre esercizi.

 

 

Esercizio x

Esercizio x+1

Esercizio x+2

Disponibilità liquide immediate

5,86%

5,50%

13,20%

Disponibilità liquide differite

38,45%

38,32%

34,16%

Rimanenze

15,40%

13,81%

11,46%

Immobilizzazioni

40,29%

42,37%

41,17%

Passività correnti

40,33%

49,19%

38,72%

Passività a M/L termine

22,76%

22,37%

20,16%

Mezzi propri

36,91%

28,45%

41,11%

 

 

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Giuseppe Polli

Aprile 2007

 

NOTE

1 Il direttore finanziario dovrà individuare la composizione e il bilanciamento migliore delle fonti di finanziamento.

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