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Il procacciatore d’affari: natura dell’attività e differenze con altre forme di intermediazione commerciale
PREMESSA:
Apriamo oggi la seconda delle indagini a cui è dedicata questa rubrica de “il commercialista telematico”; se l’argomento che vi propongo è di vostro interesse, inviate i documenti, commenti, pensieri e ricerche al mio indirizzo di posta elettronica
Faremo insieme una ricerca approfondita, al termine della quale l’indagine sarà chiusa e le sue conclusioni saranno pubblicate. Sarà un’occasione per approfondire temi controversi e sentieri poco battuti del diritto tributario. Lo scopo è di rendere questa rubrica uno spazio di utilità comune a tutti i frequentatori del sito.
IL CASO:
Il contratto di procacciamento d'affari e' un contratto atipico, in quanto non espressamente previsto e disciplinato nell'ordinamento civilistico.
La figura del procacciatore d'affari e' caratterizzata dall'impegno anche occasionale di agire nell'interesse di una delle parti, ma senza vincolo di stabilita' (circolare min.finanze 24 del 1983; risoluzione 209 del 18/11/2003).
La giurisprudenza civile, distinguendo il contratto atipico di procacciamento d'affari da figure analoghe tipiche, quali i contratti di agenzia e di mediazione, ha evidenziato che oggetto della prestazione del procacciatore d'affari e' "l'attivita' di intermediazione finalizzata a favorire fra terzi la conclusione di affari" (Corte di Cassazione, sez. II, sentenza n. 4327 del 6 aprile 2000).
Noterete come questa definizione assomigli in modo impressionante a quella del mediatore, che è questa: “con il contratto di mediazione un soggetto mette in relazione due o più parti affinchè possano concludere tra loro un affare…”
Secondo altra giurisprudenza (Cassazione 08/02/99 n.1078) l’attività è “saltuaria ed occasionale”.
Questi due requisiti sono inoltre quelli di gran lunga “preferiti” dalla dottrina dominante. Tant’è che si ritiene che la mancanza della saltuarietà e dell’occasionalità faccia scivolare la procacceria nell’agenzia.
Fatta questa premessa, è possibile distinguere più nitidamente la differenza tra procacciatore e mediazione?
E come conciliare un rimborso spese mensile ad un procacciatore, come fanno molte agenzie di intermediazione, con la saltuarietà ed occasionalità dell’attività?
Inoltre, è giusto il comportamento di alcune camere di commercio che vogliono che il procacciatore sia iscritto nei ruoli degli agenti di affari in mediazione?
E infine, quando è possibile imputare in bilancio il costo per i compensi al procacciatore, da parte dell’impresa mandante ? al momento della segnalazione o a quello della conclusione dell’affare?
L’indagine è aperta.
18 novembre 2005
Roberto Mazzanti