La Corte di Cassazione ha confermato quanto già pronunciato precedentemente: il verbale redatto nell’ambito del procedimento di accertamento per adesione, sottoscritto sia dall’Amministrazione finanziaria che dal contribuente, costituisce un documento probatorio utilizzabile nel giudizio tributario anche in caso di mancato perfezionamento del procedimento, atteso che tale circostanza non fa venir meno la valenza dell’atto quale documento e la sua riconducibilità, in assenza di contestazioni sul punto, alla volontà delle parti che lo hanno sottoscritto, ferma restando la libertà del giudice di valutarne la rilevanza e attendibilità delle circostanze ivi rappresentate.
La mancata intesa in sede di accertamento con adesione

“il dibattito sull’esclusiva natura premiale dell’istituto e la disponibilità o meno dell’obbligazione erariale viene decisamente a sfumarsi: la definizione della maggiore pretesa imponibile emerge esclusivamente quale risultato di un più raffinato procedimento logico-presuntivo mirante ad una maggiore attendibilità della ricostruzione dei redditi del contribuente[2]”.
In sede di contraddittorio, pertanto:
“… se la valutazione di fatti e circostanze avanzati dal contribuente si pone quale momento di legalità e trasparenza dell’attività dell’amministrazione, ciò non va certamente confuso con la possibilità di mercanteggiare con il contribuente un ammontare d’imposta ritenuto conveniente per entrambi.
La discrezionalità amministrativa non dovrebbe infatti degenerare fino all’arbitrio[3]“.
Resta fermo che gli uffici operativi devono concretizzare, nell’espletamento dell’attività di controllo, i principi di efficienza ed economicità ai quali va sempre improntata l’azione amministrativa, con un attento esa

