Se il dipendente decide di porre in essere comportamenti tali da provocare il licenziamento allo scopo di interrompere il rapporto di lavoro e così ottenere il diritto alla NASpI, rischia di dover restituire al datore di lavoro l’importo del cd. ticket licenziamento: così stabilisce una recente pronuncia giurisprudenziale.
Il contributo NASpI, necessario quando si licenzia
Il ticket NASpI è il contributo, previsto dalla L. n. 92/2012, relativo al licenziamento nei confronti del dipendente, e si versa nel momento in cui l’azienda licenzia il lavoratore, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga per responsabilità del dipendente oppure per condizioni aziendali che non permettono la prosecuzione del rapporto.
L’onere del versamento è interamente a carico del datore di lavoro, e ciò permette al dipendente che ha visto interrompere unilateralmente il rapporto di lavoro di ottenere la NASpI, proporzionalmente alla retribuzione percepita e alla durata del rapporto di lavoro.
Il contributo suddetto spetta però solamente in caso di recesso unilaterale di parte datoriale, e quindi esclude la possibilità di accedere alla disoccupazione in caso di recesso da parte del dipendente (ossia nel caso di dimissioni).
L’unica eccezione riguarda il caso delle dimissioni per giusta causa, caso nel quale il dipendente si vede in quale modo “costretto” a recedere dal rapporto di lavoro per una grave violazione o inadempi