Finanziamenti dei soci in contanti congiuntamente ad una contabilità inattendibile, consentono al Fisco di presumere maggiori ricavi non dichiarati dalla società pari all’ammontare dei finanziamenti stessi.
E’ questa la conclusione raggiunta dalla Corte di Cassazione legittimando l’accertamento di maggior reddito in capo ai soci e in capo alla società da costoro partecipata.
Finanziamenti soci e maggiori ricavi occultati
Provvidenze finanziarie dei soci alla società e la fattispecie dell’art. 2467 codice civile
Abbiamo già osservato in precedenti interventi su questa Rivista, come la riforma del diritto societario abbia, ampliato le modalità di finanziamento delle società di capitali.
In particolare, con riferimento alle società a responsabilità limitata, accanto ai tradizionali canali finanziari – il credito bancario e l’autofinanziamento – si aggiungeva per la prima volta, con la riforma del diritto societario, l’emissione di strumenti di debito.
La prima parte della circolare n. 40 del 17 luglio 2007, diramata dall’Associazione italiana tra le società per azioni, ha esaminato il testo le disposizioni contenute nel nuovo art. 2467 del codice civile.
E d’altra parte, le società erano già legittimate a ricevere apporti in denaro dai soci senza per questo violare le disposizioni in materia di ricorso al credito, dettate dal D.lgs. 1.09.1993, n. 385, secondo cui solo gli istituti di credito possono eseguire sollecitazioni al pubblico risparmio e, quindi, ricevere versamenti che restituiscono con interessi.
In particolare, si riferisce della delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio 1058 del 19.07.2005, secondo cui non costituisce raccolta del risparmio quella eseguita presso i soci di società.
Più precisamente l’art. 6 del documento di prassi contabile diffuso dall’organo tecnico specifica che, per le società diverse dalle cooperative, è possibile raccogliere denaro presso quei soci che detengano almeno il 2% del capitale sociale e siano intestatari di quote da almeno tre mesi.
Con precipuo riguardo agli aspetti civilistici, i rapporti patrimoniali tra soci e società sono disciplinati dal codice civile con riguardo ai conferimenti.
L’assenza di disciplina non implica, tuttavia, che siano vietati altri rapporti a carattere finanziario.
La giurisprudenza ha sempre riconosciuto l’ammissibilità e la legittimità di finanziamenti in forma di mutuo del socio alla società.
Analogo riconoscimento discende implicitamente dall’assenza nel codice di una disposizione che richieda alla società una dotazione patrimoniale adeguata rispetto all’attività indicata nell’oggetto sociale.
Il finanziamento del socio rappresenta, dunque, uno strumento flessibile per gestire la dotazione finanziaria dell’impresa e può favorire anche la soluzione di uno stato di crisi.
Infatti – osserva ASSONIME – la possibilità di ottenere il credito dai propri soci risulta più conveniente per la società, con riferimento sia ai tempi sia ai costi dell’operazione, rispetto al ricorso al credito bancario.