I componenti negativi in sede di ricostruzione induttiva del reddito

in caso di ricostruzione induttiva del reddito, come vanno calcolati i componenti negativi di reddito non presenti in contabilità ma di cui è possibile presumere l’esistenza?

Premessa

L’applicazione del metodo di accertamento extra-contabile previsto, per le imposte dirette, dall’art. 39, c. 2, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 non tollera che si pervenga al recupero a tassazione ovvero alla determinazione del reddito imponibile sulla base dei soli componenti positivi1. Tali atti impositivi, si risolvono, in effetti, in una violazione del principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.) che impone di assoggettare a tassazione il reddito netto e non esclusivamente i ricavi o, comunque, i soli componenti reddituali positivi. La ponderazione dei componenti negativi necessari, per loro natura, allo svolgimento dell’attività commerciale si rivela imprescindibile ai fini della rideterminazione del reddito, pena la violazione del principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.). Relativamente alle imposte sui redditi,l’accertamento induttivo mira a ricostruire il reddito d’impresa o derivante dall’esercizio di arti e professioni nel suo complesso e non singole componenti reddituali; a prescindere dalla segnalazione delle componenti reddituali ritenute occultate o inesistenti, l’Ufficio titolare dell’azione di accertamento deve comunque procedere alla ricostruzione dell’intero reddito, inteso come somma algebrica di elementi positivi e negativi. In caso di accertamento induttivo si deve tener conto anche delle componenti negative2 di reddito atteso che, diversamente, si assoggetterebbe ad imposta il profitto lordo, anziché quello netto, in violazione dell’art. 53 Cost..Né costituisce ostacolo al riconoscimento di detti costi il principio della cd. “previa imputazione a conto economico”, atteso che il predetto principio non è applicabile in caso di rettifica induttiva, in cui alla ricostruzione dei ricavi deve corrispondere un’incidenza percentualizzata dei costi.

I presupposti della ricostruzione induttiva del reddito

La scelta3 della metodologia di accertamento non è rimessa alla mera discrezionalità4 dell’Amministrazione finanziaria ma, alla sussistenza, da valutare caso per caso, dei relativi presupposti. In particolare, la facoltà di disattendere5 le scritture contabili è regolata dall’art. 39, c. 2, D.P.R. 600/736 per le imposte dirette e dall’art. 55 del D.P.R. 633/72 con riferimento all’IVA7.

Il cd. accertamento induttivo8 del reddito deve essere operato in presenza di almeno uno dei seguenti presupposti:

  1. omessa indicazione, in dichiarazione dei redditi, del reddito di impresa o di lavoro autonomo ovvero, ai fini IVA, presentazione della dichiarazione recante l’indicazione dell’ammontare imponibile delle operazioni e dell’ammontare degli acquisti e delle importazioni senza le distinzioni e le specificazioni richieste;

  2. omessa tenuta o esibizione, sottrazione all’ispezione o comunque indisponibilità delle scritture contabili obbligatorie o anche soltanto di alcune di esse constatata attraverso un verbale redatto ai sensi dell’art. 33 del d.P.R. 600/73 ovvero dall’art. 52 del d.P.R. 633/72;

  3. totale inattendibilità delle scritture contabili obbligatorie a causa della gravità, numerosità e ripetizione delle omissioni e/o false o inesatte indicazioni rilevate in sede di ispezione;

  4. mancato seguito agli inviti previsti dagli artt. 32 del d.P.R. 600/73 e 51 del d.P.R. 633/72.

Giova precisare che le disposizioni dell’art. 39 c. 2I del d.P.R. 600/73, relative alla determinazione dei redditi di impresa, “valgono, in quanto applicabili, anche per i redditi delle imprese minori e per quelli derivanti dall’esercizio di arti e professioni(art. 39, u.c.)9.

Congrua redditività.

Ovviamente, in tutte le ipotesi di ricostruzione induttiva l’ammontare complessivo dei componenti negativi10, necessariamente, riconoscibili deve essere opportunamente calibrato sul caso in esame11. La determinazione e quantificazione induttiva dei costi, pertanto, deve essere operata attraverso l’analisi dell’attività concretamente esercitata dal contribuente onde consentire l’emersione di una congrua redditività. Al riguardo, possono certamente costituire significativi elementi di valutazione la redditività degli anni precedenti, la redditività del settore in esame, il costo derivato dall’utilizzo di beni strumentali che si trovano nella disponibilità dell’imprenditore/professionista, i loro oneri di gestione e, soprattutto, i costi ascrivibili all’acquisto di merci, materie prime e semilavorati funzionali all’attività produttiva. Ulteriori spunti ricostruttivi dei componenti negativi possono essere offerti, ad esempio, dagli indici di rotazione per magazzino, dal ricarico per addetto….

Costi occulti

Il riconoscimento, in via induttiva, dei componenti negativi di reddito si rivela imprescindibile anche nell’ipotesi di mancata contabilizzazione dei costi da parte del contribuente (c.d. costi occulti). E possibile il riconoscimento dei costi non contabilizzati afferenti i maggiori ricavi accertati allorché si tratti di costi non contabilizzati presi a base per la ricostruzione dei ricavi. In caso di accertamento induttivo si deve tener conto anche delle componentinegative di reddito atteso che, diversamente, si assoggetterebbe ad imposta ilprofitto lordo, anziché quello netto, in violazione dell’art. 53 Cost..

Né costituisce ostacolo al riconoscimento di detti costi il principio della cd. “previa imputazione a conto economico”, atteso che il predetto principio non è applicabile in caso di rettifica induttiva, in cui alla ricostruzione dei ricavi deve corrispondere un’incidenza percentualizzata dei costi.

In definitiva, occorre riconoscere i costi (anche in misura percentualizzata) nelle seguenti ipotesi:

– ogni qualvolta accertino i ricavi con metodo induttivo cd. “puro”, ossia nel caso di inattendibilità delle scritture contabili (art. 39 c. 2 d.P.R. 600/73);

– qualora, nell’ipotesi di “omessa dichiarazione” (art. 41 d.P.R. 600/73), si ricostruisca complessivamente la situazione del contribuente prescindendo dalle scritture contabili.

Al contrario, tale regola non trova applicazione allorché sussistano i presupposti per procedere ad accertamento cd. analitico (art. 39 c. 1 lett. a, b,c, d, per. 1, d.P.R. 600/73) ovvero cd. analitico-induttivo (art. 39 c. 1 lett. d per. 2).

In tali fattispecie, infatti, troverà applicazione l’art. 109 del TUIR con onere della parte di dimostrare l’esistenza ed inerenza dei componenti negativi di reddito. Con riferimento agli accertamenti c.d. analitici o analitico-induttivi (che comunque traggono origine dalla contabilità) nessun margine si offre all’ufficio procedente ai fini di un possibile riconoscimento di componenti negative di cui non è stata fornita da parte del contribuente prova certa12.

Ricostruzione induttiva del reddito ammessa dall’art. 41 del d.P.R. 600/73

La ricostruzione induttiva del reddito è ammessa dall’art. 41 del d.P.R. 600/73 anche nei casi di omessa13 presentazione della dichiarazione reddituale ovvero nell’ipotesi di presentazione di dichiarazioni nulle. In tema di accertamento della imposta sui redditi, qualora il contribuente ometta del tutto la presentazione della dichiarazione, e l’Amministrazione finanziaria proceda d’ufficio all’accertamento del reddito  con metodo induttivo, essa, dovendo procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente, deve tenere conto anche delle componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti. Nell’ipotesi considerata, infatti, non possono trovare applicazione le limitazioni previste in tema di prova dei costi e degli oneri ai fini dell’accertamento con metodo analitico induttivo, in quanto tale norma disciplina la diversa ipotesi in cui una dichiarazione dei redditi, ancorché infedele, sia comunque sussistente. Diversamente, d’altronde, si assoggetterebbe ad imposta, come reddito d’impresa, il profitto lordo, anziché quello netto, in contrasto con l’art. 53 Cost.(CTR Roma 23-01-2014 n.361 sez. 39). Anche in relazione al cd. accertamento d’ufficio (art. 41 D.P.R. 600/73). applicabile in assenza di dichiarazione validamente presentata,, il riconoscimento di costi deve essere livellato, anche in misura percentualistica, in ragione dei maggiori ricavi accertati14.

14 aprile 2014

Ignazio Buscema

1La Corte Costituzionale 8 giugno 2005 n. 225 ha chiarito che in caso di accertamento induttivo, si deve tener conto, in ossequio al principio di capacità contributiva, non solo dei maggiori ricavi ma anche della incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati. Così interpretata la norma si sottrae alla censura di violazione dell’art. 53 Cost.. in caso di ricostruzione induttiva  della situazione complessiva del contribuente, l’Amministrazione finanziaria deve tener conto anche delle componenti negative di reddito , atteso che, diversamente, si assoggetterebbe ad imposta il profitto lordo, anzichè quello netto, in violazione dell’art. 53 della Cost. (Cass. 28028/2008 e 3995/2009).

2 E’ fondato il motivo di gravame concernente l’ erronea determinazione della base imponibile qualora nell’ accertamento di maggiori ricavi non siano stati riconosciuti le componenti di costo non documentati a causa del comportamento illecito del consulente (CTR Emilia Romagna, Sezione 1 Sentenza del 23/09/2013 n. 88). Va riconosciuta nel rispetto del principio costituzionale di capacitàcontributiva, la deduzione dai maggiori ricavi accertati della corrispondente e proporzionale entità dei costi (sentenza del 27/06/2013 n. 29, CTP Savona, Sezione 2).

3 Il rinvenimento di contabilità interamente inattendibile non comporta l’obbligo per l’Ufficio di avvalersi del metodo di accertamento induttivo, ai sensi dell’art. 39, c. 2, D.P.R. n. 600/1973, ma costituisce “… una mera facoltà che non preclude, pertanto, la possibilità di procedere ad una valutazione analitica dei dati comunque emergenti dalle scritture dell’imprenditore” ( Ccass. 03-02-2012 n. 1555 sez. T).

4 L’accertamento analitico, rispetto a quello induttivo, offre maggiori garanzie al contribuente, in quanto vengono chiariti i motivi delle singole riprese permettendo un più puntuale esercizio del diritto di difesa, consentendo un contraddittorio su base analitica e non presuntiva. Inoltre, non esiste alcuna disposizione di legge in forza della quale in presenza dei presupposti di fatto che consentano sia l’accertamento analitico che quello induttivo, debba essere privilegiato il secondo, potendosi al contrario sostenere come la regola generale debba essere quella di privilegiare sempre e comunque il primo, in quanto garante di maggiore certezza. Il passaggio dall’accertamento analitico a quello induttivo si determina, infatti, in ragione della progressiva diminuzione di attendibilità delle scritture contabili in ragione delle violazioni contestate. Nel caso in cui, dunque, vengano rinvenuti elementi extra contabili dai quali sia possibile dedurre l’incompletezza, la falsità, o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione, è data facoltà (ex art. 39, c. 1 D.P.R. n. 600/1973)- all’Ufficio di procedere ad un accertamento analitico-induttivo, che dunque assume come base del ragionamento presuntivo le risultanze delle scritture contabili quando ritenute affidabili. Il ricorso al metodo induttivo ex art. 39, c. 2, seppur giustificato dall’assoluta inattendibilità delle scritture contabili, e legittimante un accertamento “sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza” dell’ufficio, non comporta il sorgere in capo all’Ufficio dell’obbligo di disattendere la documentazione ufficiale, che costituisce comunque il termine di raffronto rispetto alla ricostruzione del reddito effettuata aliunde. Riguardo al ricorso al metodo induttivo, si parla di facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze documentali, non di obbligo in tal senso. In sostanza, in presenza dei presupposti che consentano il ricorso all’accertamento induttivo, all’Ufficio non è preclusa la possibilità di procedere ad accertamento analitico, rinunciando ad una sua facoltà, mentre non può dirsi il reciproco, nel senso che al ricorrere dei presupposti per l’accertamento in via analitica non può procedersi ad accertamento induttivo In definitiva, ricorrendo i presupposti sia dell’accertamento analitico che di quello induttivo, l’ufficio legittimamente può utilizzare l’uno o l’altro metodo, e dovrà esaminare i singoli recuperi e, nei limiti del devolutum, contestare specificamente l’eventuale erroneità dell’operato dell’Ufficio (Cass. 17-01-2013 n. 1122 sez. T).

5 In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel sistema dell’art. 39, c. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, il metodo induttivo costituisce una deroga rispetto a quello analitico e, quindi, l’Ufficio può farvi ricorso solo in presenza dei presupposti che ne legittimano l’utilizzo, determinati dalla progressione della gravità delle violazioni contestate o dalla complessiva inattendibilità delle scritture contabili, mancando i quali deve procedere con metodo analitico; quest’ultimo è infatti da privilegiare per le maggiori garanzie che offre al contribuente, il quale può beneficiare di una motivazione che chiarisce i motivi delle singole riprese ed esercitare in modo più puntuale il diritto di difesa nell’ambito di un “contraddittorio analitico“, e non inseguendo vaghe presunzioni (fattispecie in cui la S.C. ha escluso la possibilità di procedere ad accertamento induttivo in presenza di un’unica operazione contabile non fatturata, avente modica entità in relazione al complessivo giro di affari – Cass. 30-12-2009 n. 27927 sez. T).

6 In tema di accertamento del reddito d’impresa, l’omessa immediata esibizione delle scritture contabili da parte del contribuente costituisce, ai sensi dell’art. 39, c. 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, motivo sufficiente per l’adozione del metodo induttivo, in quanto la mancata disponibilità delle scritture è di per sè idonea a far nascere il sospetto che le stesse non siano tenute in modo regolare (Cass. 24-11-2010 n. 23876 sez. T). Sia il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, c. 2, lett. c, (quanto agli accertamenti dei redditi notificati ai soci) che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 (quanto alla rettifica della dichiarazione IVA della società) autorizzano l’accertamento induttivo quando il contribuente non abbia consentito l’ispezione di una o più scritture contabili obbligatorie, fra le quali l’art. 2214 c.c. menziona espressamente il libro degli inventari. Che l’indisponibilità del libro inventari sia fosse incolpevole non toglie che l’incompletezza della contabilità ne rende inattendibili le risultanze ed integra uno dei presupposti di fatto che giustificavano l’accertamento induttivo (Cass. 21-04-2011 n. 9201 sez. T).

7 In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la “contabilità in nero“, costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall’art. 39 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 e ss. c.c. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta. Ne consegue che detta “contabilità in nero“, per il suo valore probatorio, legittima di per sé, ed a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all’accertamento induttivo di cui al citato art. 39, incombendo al contribuente l’onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l’atto impositivo notificatogli (Cass 09-12-2013 n.27456 sez. T). Per il caso della contabilità in nero, che potrebbe essere tenuta su un brogliaccio, su agende calendario, block notes, matrici di assegni, estratti di conti correnti bancari, ma anche su supporti informatici, quali ad esempio un floppy disk, un cd, un pen drive siamo in presenza di un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall’art. 39, D.P.R. n. 600/1973, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 e ss. c.c. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa ovvero rappresentativi della situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta, ed incombendo al contribuente l’onere della prova contraria. È legittimo l’accertamento induttivo basato sulla contabilità «in nero» contenuta in floppy disk, in quanto valido elemento indiziario dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge. In particolare, il ritrovamento di una «contabilità parallela», risultante da indicazioni contenute in floppy disk, determina la validità dell’accertamento induttivo basato su tali risultanze, senza che siano necessari ulteriori riscontri.

8 In generale, a fronte della dichiarazione del contribuente, l’Ufficio può rettificare in aumento l’imponibile esposto nella dichiarazione con tre metodi, quello analitico-contabile, quello extracontabile o induttivo e quello, che qui interessa, misto, analitico-induttivo. Con tale metodologia, la determinazione (o meglio, la rettifica) del reddito viene effettuata sempre nell’ambito delle risultanze della contabilità, ma con una ricostruzione induttiva di singoli elementi, attivi o passivi, di cui risulti provata aliunde l’inesattezza o la mancanza. Nell’ipotesi prevista dall’art. 39, c. 1, lett. d, D.P.R. n. 600/1973, in tema dì imposte reddituali, la rettifica in aumento dell’imponibile esposto in dichiarazione è possibile se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonché dei dati e delle notizie raccolte dall’Ufficio, anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. Il metodo misto trova applicazione analoga anche ai fini IVA ed è disciplinato dall’art. 54, cc. 2 e 3, D.P.R. n. 633/1972; la determinazione dell’imponibile è ancorata alle risultanze delle registrazioni contabili e la rettifica concerne singoli corrispettivi relativi ad operazioni imponibili non dichiarati o non risultanti dalla contabilità. Nella specie, la modalità di accertamento adottata dall’Ufficio nell’atto impositivo impugnato risulta fondata su dati desunti proprio dalle scritture aziendali e quindi non soggiace alla disciplina del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, c. 2, e D.P.R. n. 633 del 1973, art. 55, bensì a quella del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, c. 1, e D.P.R. n. 633 del 1973, art. 54; si tratta, cioè, di accertamento analitico-induttìvo e non di accertamento induttivo extra-contabile e, pertanto, andava giudicato legittimo anche in presenza di contabilità formalmente regolare (Cass. 23-10-2013 n. 24001). Il comportamento manifestamente contrario agli ordinari canoni dell’economia e dell’attività dell’impresa legittima l’Amministrazione finanziaria all’accertamento induttivo (anche attraverso gli elementi desunti dalle percentuali di ricarico) incombendo al giudice di merito che disattende i rilievi dell’ufficio impositore motivare adeguatamente in ordine all’assenza di violazioni di norme tributarie. Nel giudizio tributario, una volta contestata dall’erario l’antieconomicità di un comportamento posto in essere dal contribuente, poiché assolutamente contrario ai canoni dell’economia, incombe sul medesimo l’onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, essendo – in difetto – pienamente legittimo il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’amministrazione, ai sensi degli artt. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del D.P.R. n. 633 del 1972. In presenza di un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell’economia, che il contribuente non spieghi in alcun modo, e che giustifichi in maniera non convincente, è legittimo l’accertamento ai sensi dell’art. 39, c. 1, lett. ), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Il sindacato dell’Amministrazione finanziaria circa il comportamento antieconomico del contribuente non trova limiti nella disposizione relativa alla libertà di iniziativa privata (art. 41 Cost.). Una condotta non ispirata ai normali criteri di economicità dell’imprenditore (principio del massimo risultato e del minimo mezzo), in contrasto con le scelte del buon senso e prive di razionale motivazione può assumere valenza di indizio fornito dei requisiti di gravità, precisione e concordanza che legittimano il disconoscimento della deducibilità dei costi, avuto riguardo al parametro del valore normale che costituisce punto di riferimento nella valutazione fiscale delle cessioni di beni e prestazioni di servizi. Né a tale giudizio i congruità il contribuente si sottrae attraverso la regolare tenuta delle scritture contabili (Cass. 10-12-2013 n.27568 sez. T). L’Ufficio Finanziario può accertare induttivamente il reddito d’impresa, avvalendosi dei verbali redatti dalla Guardia Finanza in occasione di una verifica fiscale presso un cliente della società.In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 39, c. 1, lett. c, del D.P.R. n. 600 del 1973 “consente di procedere alla rettifica del reddito anche quando l’incompletezza della dichiarazione risulta dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti. In tal caso, l’esistenza di

attività non dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, con conseguente inversione dell’onere della prova, come nella specie, spettando al contribuente dimostrare – persino anche in presenza di scritture contabili formalmente corrette – l’infondatezza della pretesa fiscale”. È pacifico che in tema di IVA gli accertamenti condotti ai sensi dell’art. 54 del D.P.R. n. 633 del 1972 possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore. Ciò autorizza l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento induttivo anche fuori dalle ipotesi previste dal predetto art. 54, in particolare, anche in presenza di una tenuta formalmente regolare della contabilità. Tanto in deroga ai limiti fissati in materia di accertamento dall’articolo 54, con la conseguente ammissibilità dell’accertamento induttivo oltre le ipotesi già previste dal successivo art. 55, e cioè anche in presenza di contabilità formalmente regolare.(Cass. 09-07-2013 n. 17005 sez. T). L’accertamento induttivo (art. 39 c. 1 lett. d d.p.r. n. 600 del 1973) si giustifica anche nel caso in cui le scritture contabili siano formalmente corrette, se nel complesso rileva un comportamento irragionevole e antieconomico. Una condotta non ispirata ai normali criteri di economicità dell’imprenditore (principio del massimo risultato e del minimo mezzo), in contrasto con le scelte del buon senso e prive di razionale motivazione può assumere valenza di indizio fornito dei requisiti di gravità, precisione e concordanza che legittimano il disconoscimento della deducibilità dei costi, avuto riguardo al parametro del valore normale che costituisce punto di riferimento nella valutazione fiscale delle cessioni di beni e prestazioni di servizi. Né a tale giudizio di congruità il contribuente si sottrae attraverso la regolare tenuta delle scritture contabili (Cass. 22-02-2012 n. 2613 sez. T).

9 L’accertamento induttivo del reddito dello studio associato è legittimo se le fatture emesse risultano troppo generiche. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’omessa indicazione nelle fatture dei dati prescritti dall’art. 21 del D.P.R. n. 633 del 1972, integra quelle gravi irregolarità che, ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973, legittimano l’Amministrazione Finanziaria a ricorrere all’accertamento induttivo del reddito imponibile. Peraltro in tema di accertamento delle imposte sui redditi, rientra nel potere dell’Amministrazione Finanziaria, nell’ambito della previsione di legge, di scegliere il metodo di accertamento da utilizzare nel caso concreto e, pertanto, parte contribuente, in assenza di peculiarità pregiudizievoli, non ha titolo a dolersi della scelta operata (Cass. 14-03-2013 n. 6527 sez. T). E’ illegittimo l’accertamento, conseguente all’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali imputabile al professionista “infedele“, nel quale venga ricostruito induttivamente il reddito senza considerare i costi inerenti all’attività esercitata e vengano comunque applicate le sanzioni (CTP Brescia Sez. II, 22-05-2012, n. 55).

10 Nel caso di una ricostruzione induttiva delle giacenze di magazzino che individui maggiori costi, devono essere ammessi in deduzione anche i costi in nero individuati dall’Amministrazione finanziaria e di cui non si sia tenuto conto nella determinazione degli imponibili accertati, posto che nella quantificazione del reddito l’Amministrazione finanziaria deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale del contribuente, considerando anche le componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti (CTP Reggio Emilia Sez. I Sent., 23-10-2009, n. 198).

11 Il potere-dovere del giudice tributario di quantificare la misura del dovuto non configura un mutamento del titolo della rettifica da analitico a induttivo (Cass. 20-01-2010 n.863 sez. T). L’impugnazione davanti al giudice tributario attribuisce a quest’ultimo la cognizione non solo dell’atto, come nelle ipotesi di impugnazione-annullamento, orientate unicamente all’eliminazione dell’atto, ma anche del rapporto tributario, trattandosi di una c.d. impugnazione-merito, perché diretta alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva (nella specie) dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria, implicante per esso giudice di quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dalle domande di parte; ne consegue che il giudice che ritenga invalido l’avviso di accertamento non per motivi formali, ma di carattere sostanziale (nella specie, incongruenza delle motivazioni e dei dati posti a base della pretesa dell’ufficio), non deve limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria, e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Sent. n. 3995 del 19 febbraio 2009 della Corte Cass., Sez. tributaria; cfr., sentt. nn. 4280/2001, 7791/2001, 3309/2004 e 11212/2007).

12costi del personale dipendente non annotati nelle scritture obbligatorie ovvero non registrati in contabilità e riferiti a maggiori ricavi accertati nel corso della verifica devono ritenersi deducibili, in ossequio al disposto di cui all’art. 109, c. 4, del D.P.R. n. 917/86, che nell’ultimo periodo, recita : “Le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che, pur non risultando imputati al conto economico, concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi” (CTR Palermo 14-05-2012 n.50).

13 In caso di mancata presentazione della dichiarazione, l’Amministrazione Finanziaria è legittimata ad avvalersi di presunzioni semplici per accertare il volume d’affari della società. L’art. 55 del decreto IVA consente, nel caso di mancata presentazione della dichiarazione annuale IVA, di determinare induttivamente “l‘ammontare imponibile e l’aliquota applicabile sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’Ufficio” e tra tali dati può essere senza dubbio incluso il dato indicato dalla parte nella dichiarazione mod. 760 relativa allo stesso anno di quello preso in esame Nell’ipotesi di omessa della dichiarazione da parte dell’azienda, la legge abilita gli Uffici a servirsi di qualunque elemento ai fini dell’accertamento del reddito, quindi a determinarlo anche con metodo induttivo e anche utilizzando, in deroga alla regola generale, presunzioni semplici, sul presupposto dell’inferenza probatoria dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti, sicché, a fronte della legittima prova presuntiva offerta dall’Ufficio, l’onere di dedurre e provare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi della predetta pretesa incombe sul contribuente (Cass. 22-01-2014 n. 1240 sez. T).

14 Il giudicante sulla scorta di considerazioni di puro principio circa la necessità di riconoscere i costi in sede di accertamento generato dall’omessa dichiarazione dei redditi (e facendo leva su un non meglio precisato giudizio positivo che la GdF avrebbe espresso circa le scritture contabili), ha ritenuto detraibili anche i costi che l’Ufficio ha analiticamente disconosciuto, così finendo per esentare il contribuente dall’onere di prova che gli incombe allorché siano stati contestati i requisiti di certezza ed inerenza dei costi medesimi (sul punto si veda la disciplina dettata oggi dall’art. 109 D.P.R. n. 917/1986, già art. 75 della vecchia formula del T.U. – Cass 02-07-2013 n. 16573 sez. T).