Quando una fusione viene iscritta nel Registro delle Imprese, l’operazione si consolida definitivamente: anche se il creditore ha proposto opposizione, ogni vizio procedurale resta assorbito dall’effetto sanante previsto dall’art. 2504-quater c.c., che sposta la tutela sul piano risarcitorio.
Effetto preclusivo dell’iscrizione: la fusione “si chiude” nel Registro delle Imprese
La Corte di cassazione torna a presidiare uno dei punti focali del diritto delle operazioni straordinarie, l’effetto sanante dell’iscrizione dell’atto di fusione nel Registro delle Imprese, disciplinato dall’art. 2504-quater c.c.. La Suprema Corte stabilisce che l’iscrizione produce un effetto preclusivo assoluto, che impedisce ogni successiva dichiarazione di invalidità o inefficacia dell’operazione, anche se questa sia stata eseguita in pendenza dell’opposizione del creditore proposta ai sensi dell’art. 2503 c.c. Il principio affermato è il seguente:
“Una volta iscritta la delibera di fusione nel Registro delle Imprese, ogni vizio procedurale o sostanziale è sanato; il creditore opponente conserva esclusivamente un diritto al risarcimento del danno.”
La Corte precisa che l’iscrizione segna il momento di chiusura irreversibile del procedimento di fusione, quale atto a formazione progressiva che si compone del progetto, della deliberazione assembleare e della pubblicità legale. Dal deposito dell’atto nel registro, la fusione si consolida nell’ordinamento, divenendo non più revocabile o eccepibile sul piano reale. Quindi, il rimedio del creditore si sposta dal piano dell’invalidità a quello risarcitorio, come previsto dal secondo comma dell’art. 2504-quater c.c., che riconosce al soggetto leso la possibilità di ottenere un ristoro per equivalente ma non di incidere sugli effetti costitutivi della fusione.
La ratio sistematica: certezza, affidamento e stabilità degli assetti
Il principio sancito con la sentenza n. 16689 del 22 giugno 2025 risponde a un’esigenza di sistema, preservare la certezza dei traffici giuridici e la stabilità degli assetti societari.
L’atto di fusione, una volta perfezionato, determina un’integrazione organizzativa e patrimoniale difficilmente reversibile; ammetterne la caducazione ex tunc significherebbe travolgere una pluralità di rapporti giuridici, contrattuali e contabili ormai consolidati. Non a caso, la Cassazione richiama il nono considerando della Direttiva 78/855/CEE, che impone agli Stati membri di limitare i casi di nullità e di privilegiare la sanatoria ogni volta possibile. La norma interna si allinea così alla logica europea di favor per la stabilità dell’atto organizzativo, spostando la tutela dei soggetti pregiudicati sul terreno obbligatorio.
Ambito di estensione dell’effetto sanante
L’effetto preclusivo opera sia per i vizi inerenti all’atto in sé, sia per quelli riguardanti il procedimento di formazione (ex multis sent. Cass. 20 dicembre 2005, n. 28242; Cass. 28 febbraio 2020, n. 5602). Quindi, rientra nel perimetro della sanatoria anche l’esecuzione dell’operazione nonostante l’opposizione pendente, l’iscrizione “copre” il vizio procedimentale, chiudendo definitivamente la fase oppositiva.
L’unica eccezione riconosciuta dalla Corte riguarda l’ipotesi di inesistenza giuridica dell’atto, configurabile solo se il procedimento sia stato stravolto al punto da risultare irriconoscibile anche ai terzi — ad esempio per totale omissione delle fasi essenziali o falsificazione dell’atto. Si tratta, tuttavia, di una fattispecie eccezionale e residuale, che non ricorre nel caso deciso.
Effetti pratici per i creditori e le società
Sul piano operativo, la pronuncia fissa un confine:
- prima dell’iscrizione, il creditore conserva il diritto di opposizione e può chiedere al giudice di sospendere o condizionare l’operazione.
- dopo l’iscrizione, la fusione è intangibile; resta solo la possibilità di agire per danni o, nei casi di atti successivi pregiudizievoli, mediante azione revocatoria ex art. 2901 c.c.
Per le società e i professionisti, l’arresto conferma che la pubblicità legale produce un effetto d