La Corte di Cassazione chiarisce che il giudicato penale di assoluzione ha effetti nel processo tributario solo se riguarda gli stessi fatti materiali contestati. Non basta l’assoluzione in sede penale: è sempre necessario verificare l’identità tra i fatti accertati nei due giudizi. Un principio che può fare la differenza nei contenziosi fiscali.
La Corte di Cassazione ha aggiunto un ulteriore chiarimento sulla (sempre più complessa, nella sua interpretazione) questione degli effetti del giudicato penale nell’ambito del processo tributario.
Il caso: deposito della sentenza di assoluzione irrevocabile in sede di appello tributario
Nel caso in esame, la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello proposto dal contribuente contro la sentenza di primo grado, che ne aveva rigettato il ricorso avverso un avviso di accertamento, emesso nei suoi confronti in qualità di amministratore di fatto di una Srl, con il quale erano stati recuperati a tassazione, ai sensi dell’art. 14, comma 4, della L. n. 537/1993, proventi di natura illecita, in misura pari al 50% dell’IVA relativa a fatture per operazioni di cessione ritenute soggettivamente inesistenti.
Il contribuente proponeva infine ricorso per cassazione, depositando anche copia della sentenza penale del Tribunale, pronunciata in seguito a dibattimento e divenuta irrevocabile dopo la conclusione del giudizio di appello, con la quale il contribuente era stato assolto dal reato di cui agli artt. 110 c.p. e 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000 per non avere commesso il fatto.
Per quanto di interesse, la Suprema Corte rilevava innanzitutto che, in relazione alla fattispecie in esame, non assumeva in realtà alcuna rilevanza la nuova disposizione di cui all’art. 21-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera m), del D.Lgs. n. 87 del 2024, in tema di efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione, la quale stabilisce che:
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