La riforma 2025 innalza il limite di esenzione per i fringe benefit, ampliando le opportunità per i dipendenti. Un’innovazione che ridisegna il welfare aziendale e apre nuovi scenari per la gestione dei benefici fiscali. Scopriamo insieme i dettagli e le implicazioni pratiche!
Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR – approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, numero 917, dispone all’articolo 51, comma 1, che il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.
La normativa promuove il cosiddetto principio di “omnicomprensività” della base imponibile ai fini fiscali, in virtù del quale rileva per il calcolo dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF) e dei contributi previdenziali e assistenziali a carico azienda e dipendente non soltanto la retribuzione in denaro erogata a mezzo elaborazione della busta paga ma altresì i beni e servizi riconosciuti dal datore di lavoro sotto forma di retribuzione in natura o “fringe benefit”.
Lo stesso TUIR (articolo 51, comma 3, ultimo periodo) ha inteso riconoscere un regime di esenzione fiscale e contributiva a beneficio dei beni e servizi cosiddetti di “modico valore”. Nello specifico non concorre a formare il reddito imponibile il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dall’azienda se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta ad euro 258,23.
I Fringe Benefits: regole 2025
La Manovra 2025 (approvata con Legge numero 207/2024) ha eccezionalmente elevato per i periodi d’imposta 2025, 2026 e 2027 la soglia di detassazione per i “fringe benefit” da 258,2