Il paradigma delle Società Benefit rivoluziona il concetto d’impresa, integrando profitto e impatto positivo su società e ambiente.
Ma cosa significa essere una società benefit? Quali vantaggi ha? Quali obblighi comporta?
A fine 2024 le società Benefit italiane risultano circa 4.000, con una forte crescita rispetto agli albori del 2016…
Il paradigma delle Società Benefit rappresenta un’evoluzione strategica del concetto canonico di impresa, che supera la tradizionale visione unidimensionale orientata al mero profitto, abbracciando una prospettiva più complessa e articolata di creazione di valore.
Società benefit: la storia
Introdotte quasi dieci anni fa con la Legge di stabilità 2016 (Legge n. 208 del 28 dicembre 2015 ai commi 376-384 dell’art. 1), le società benefit includono la responsabilità sociale d’impresa nel loro business model, accogliendo pratiche sostenibili e trasparenti, promettendo una visione più ampia della ricerca dell’utile per i soci.
Il fenomeno delle Società Benefit affonda le proprie radici in un contesto globale di profonda trasformazione economica, segnando un punto di svolta epocale nel rapporto tra impresa, società e ambiente.
La genesi di questo modello imprenditoriale risale al 2010 negli Stati Uniti, precisamente nello stato del Maryland, dove per la prima volta viene adottato un quadro giuridico che consentiva alle aziende di integrare obiettivi di profitto con finalità sociali e ambientali.
Lo sviluppo delle Benefit Corporation parte da una critica profonda al modello capitalistico tradizionale, che vede l’impresa come un mero strumento di generazione di ricchezza per gli azionisti. Il movimento delle Benefit Corporation, nato nel cuore degli Stati Uniti, rappresenta un cambio di paradigma filosofico prima ancora che giuridico: l’impresa non è più solo un protagonista economico, ma un attore sociale con una responsabilità verso l’ecosistema in cui opera.
Con l’introduzione della norma istitutiva delle società benefit, nel 2016, il nostro Paese diventa uno dei primi in Europa a riconoscere formalmente questa nuova forma giuridica, anticipando di fatto le direttive comunitarie in materia di sostenibilità. La norma italiana presenta alcuni elementi di unicità: non si tratta di una certificazione o di un marchio, ma di una vera e propria qualifica che trasforma strutturalmente la natura dell’impresa.
Come misurare l’impatto della società benefit?
L’elemento dirompente risiede nell’obbligo di esplicitare e perseguire un impatto positivo misurabile e dichiararlo come fine distintivo nel proprio atto costitutivo e di identificarlo come scopo “di beneficio comune”. Non più dichiarazioni generiche o operazioni di facciata al limite del greenwashing, ma un impegno concreto, rendicontabile e verificabile.
Le Società Benefit devono, infatti, redigere annualmente una relazione di impatto, che diventa uno strumento di trasparenza e responsabilità verso tutti gli stakeholder.
Tale approccio richiede alle imprese una ridefinizione profonda della propria mission. Non è sufficiente generare utili, ma diventa essenziale produrre un beneficio comune, che può riguardare aspetti ambientali, sociali, di governance o di sviluppo del territorio. Si tratta di un modello che supera la logica della mera responsabilità sociale d’impresa, introducendo un vincolo statutario che rende questi obiettivi parte integrante dell’identità e dell’attività aziendale.
La vera rivoluzione concettuale sta nel considerare l’impatto sociale e ambientale non come un costo, ma come una leva strategica di competitività. Le Società Benefit dimostrano, infatti, che è possibile generare profitto e contemporaneamente produrre valore per la comunità, sfatando il mito che sostenibilità ed efficienza economica siano concetti contrapposti.
Questa evoluzione aziendale intercetta un cambiamento culturale profondo: consumatori, investitori e giovani talenti sono sempre più attratti da modelli di business che dimostrano una visione sistemica e responsabile. Le Società Benefit rispondono a questa domanda identitaria, offrendo un modello di impresa più allineato con le sfide moderne.
L’innovazione normativa si configura dunque come un esperimento sociale di grande portata: trasformare l’impresa da strumento di profitto a soggetto attivo di cambiamento, capace di generare valore condiviso e di contribuire concretamente al benessere collettivo.
Un percorso che dagli Stati uniti alla penisola italiana ridisegna la geografia economica, dimostrando che un altro modo di fare impresa non solo è possibile, ma è anche più redditizio.
Una recente ricerca multidisciplinare conclusa nel 2024, frutto di una preziosa collaborazione tra Assobenefit, NATIVA, Intesa Sanpaolo Research Department, InfoCamere, il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Padova e la Camera di commercio di Brindisi-Taranto, offre una panoramica illuminante sulle dinamiche delle Società Benefit nel contesto italiano.
I dati emersi tracciano un profilo articolato e incoraggiante: il 32,5% delle finalità di beneficio comune si concentra specificamente sull’impatto territoriale, rivelando una spiccata attenzione verso le comunità locali e i contesti geografici in cui le imprese operano. Questo dato testimonia una visione strategica che supera la logica del mero profitto, abbracciando una prospettiva di sviluppo locale e di rigenerazione economica dei territori.
Ancora più significativo è l’ambito sociale, che catalizza ben il 51,9% delle finalità delle Società Benefit. Tale percentuale sottolinea come l’intervento sociale rappresenti l’asse portante di questo nuovo modello di impresa, con ricadute che vanno ben oltre la dimensione economica in senso stretto.
Le conseguenze ambientali e di governance completano questo ecosistema di impatto, configurando un approccio sistemico e olistico alla responsabilità d’impresa.
Un dato particolarmente rilevante emerso dalla ricerca riguarda la consapevolezza: otto imprese su dieci dimostrano una comprensione approfondita dei temi materiali che influenzano le performance di sostenibilità nel proprio specifico settore. Non siamo di fronte a mere dichiarazioni di intenti, ma ad un approccio strategico fondato su una solida comprensione delle dinamiche di impatto.
Un po’ di numeri…
La ricerca qui in commento rappresenta molto più di un’indagine statistica: è uno spaccato di un’economia in trasformazione, che riconosce la necessità di riconciliare creazione di valore economico e generazione di beneficio sociale.
In Italia, le Società Benefit hanno registrato una crescita significativa, passando da circa 400 a fine 2019 a circa 4.000 a fine 2024. Questa rapida diffusione testimonia la fertilità del tessuto imprenditoriale italiano rispetto a questo nuovo modello di business che coniuga profitto e beneficio comune.
Le società benefit mostrano, infatti, performance tendenzialmente superiori rispetto alle aziende tradizionali, con una crescita del fatturato che ha raggiunto il 37% nel periodo 2019-2022, contro il 18% delle imprese non benefit.
Un altro dato significativo concerne la redditività: l’EBITDA margin delle Società Benefit raggiunge il 9%, ben oltre l’8,3% registrato dalle aziende convenzionali. Questo risultato empirico dimostra palesemente che sostenibilità e profittabilità siano concetti compatibili, dimostrando come l’integrazione di pratiche ESG possa generare un vantaggio competitivo strutturale.
La trasformazione investe profondamente l’identità stessa dell’impresa. Non più un mero strumento di generazione di profitto per gli azionisti, ma un soggetto economico chiamato a produrre un impatto positivo sulla comunità e sull’ambiente. Un esempio significativo è rappresentato dalle PMI italiane, che storicamente hanno rivelato una naturale attitudine verso tematiche sociali e che ora trovano nella qualifica di Società Benefit un riconoscimento formale della propria identità.
L’adozione di questo modello imprenditoriale non è solo un esercizio di compliance normativa, ma rappresenta una strategia di competitività che genera valore attraverso molteplici direttrici: efficientamento delle risorse, incremento della produttività, ampliamento del bacino di clientela e riduzione del costo del capitale.
I dati nazionali riflettono questo andamento: a fine 2023, si contavano 3.619 Società Benefit, con un incremento del 37,8% rispetto al 2022, occupando oltre 188.000 persone. Un dato che testimonia come la transizione verso modelli di business più sostenibili non sia una tendenza marginale, ma un processo strutturale di trasformazione economica.
Quali sviluppi?
Le nuove direttive europee in tema di sostenibilità, come CSRD e CSDDD, rappresenteranno un ulteriore acceleratore di questo processo. Le Società Benefit si trovano in una posizione di vantaggio, avendo già sviluppato un approccio di rendicontazione e misurazione dell’impatto che va ben oltre i requisiti minimi richiesti dalla normativa per le imprese non SB.
L’aspetto più innovativo risiede nella concezione stessa del valore economico. Gli investimenti in sostenibilità non sono più percepiti come costi, ma come opportunità strategiche che generano un vantaggio competitivo misurabile. La produttività per addetto, infatti, passata da 57.000 a 62.000 euro, è una dimostrazione concreta che il beneficio comune è propulsivo per la redditività.
Le Società Benefit in Italia si configurano quindi come un laboratorio di innovazione sociale e ambientale, un modello di business che coniuga con successo profitto, impatto positivo e una visione di lungo periodo, comprovando che la sostenibilità può essere un vero e proprio motore di crescita.
In conclusione, le Società Benefit rappresentano un modello di impresa che integra responsabilità economica, sociale e ambientale, avvalorando la tesi che la sostenibilità non sia un vincolo, ma una leva di crescita e innovazione. Una prospettiva nuova che richiede un ripensamento profondo del ruolo dell’impresa nella società contemporanea, orientandola verso una visione di creazione di valore condiviso in una prospettiva di lungo periodo.
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Fabio Sartori
Martedì 7 gennaio 2025