I lavoratori delle imprese sociali godono degli stessi diritti economici e normativi di quelli nelle imprese tradizionali, ma con un’importante differenza: sono chiamati a partecipare attivamente alle decisioni aziendali insieme agli utenti e agli altri stakeholder. Questo modello innovativo, che prevede una gestione trasparente e condivisa, mira a garantire che le decisioni che incidono sulla qualità del lavoro e dei servizi siano prese con il coinvolgimento di tutti. Scopriamo come questo approccio sta ridefinendo il mondo delle imprese sociali e il limite alla disparità salariale.
I lavoratori dell’impresa sociale hanno diritto allo stesso trattamento economico e normativo di quelli delle imprese con scopo di lucro o delle organizzazioni senza scopo di lucro, a seconda che tali imprese siano costituite in forma di società o di associazioni, fondazioni, ecc., ma negli atti costitutivi o nei regolamenti aziendali devono essere previste forme di coinvolgimento di essi, degli utenti (che comprendono sia i clienti, cioè gli acquirenti a pagamento anche solo parziale, sia i beneficiari a titolo gratuito dei beni e/o dei servizi prodotti dall’impresa sociale) e degli altri soggetti direttamente interessati nelle attività dell’impresa (sono, questi, i c.d. “stakeholders”, cioè i portatori di interesse a vario titolo nei confronti delle attività dell’impresa), in modo tale che tutti questi soggetti possano esercitare un’influenza sulle decisioni gestionali, almeno quelle che incidono direttamente sulle condizioni di lavoro e sulla qualità dei beni e dei servizi prodotti e scambiati (art. 11, 1° e 2° comma).
La gestione dell’impresa cosiddetta sociale
Le modalità di coinvolgimento di queste categorie di soggetti devono essere individuate dall’impresa sociale tenendo contro, tra l’altro, dei contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali di lavoro, della natura dell’attività da essa esercitata, delle categorie di soggetti da coinvolgere e delle dimensioni dell’impres