La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa di un lavoratore che aveva pubblicato video e foto diffamatori su Facebook contro il datore di lavoro, superando i limiti del diritto di critica. La decisione, originata da un caso esaminato dalla Corte d’appello di Bari, si basa sulla rottura del legame fiduciario tra azienda e dipendente. Quanto ha influito sulla decisione di Cassazione l’importanza della procedura disciplinare e del diritto di difesa del dipendente?
Legittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore che sul suo profilo Facebook pubblica video e foto diffamatori nei confronti del datore di lavoro che eccedono i limiti di un corretto esercizio del diritto di critica.
Questo il pensiero della Corte di cassazione.
Investiti della controversia gli Ermellini hanno giudicato legittima la valutazione della Corte d’appello circa la proporzionalità tra il licenziamento per giusta causa e la condotta del lavoratore che, pubblicando sui social network una serie di post denigratori dell’azienda, ha leso il legame fiduciario tra il datore di lavoro e il dipendente, motivando così l’interruzione del rapporto.
Analizziamo la questione in dettaglio.
I fatti all’origine della controversia: licenziamento per denigrazione dell’azienda sui social
La controversia all’esame della Suprema corte prende le mosse dalla decisione della Corte d’appello di Bari di rigetto del ricorso proposto dal lavoratore contro la sentenza di primo grado che aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimatogli il 21 novembre 2014 dal datore di lavoro.
All’origine della decisione datoriale il comportamento del dipendente, resosi responsab