Con due sentenze (quasi) gemelle la Corte di Cassazione si sofferma, a quanto consta per la prima volta, sulla disposizione che ha introdotto la posticipazione degli avvisi di accertamento “in scadenza” nel 2020. Richiamando i contenuti di una Circolare dell’Agenzia delle entrate, alla quale viene attribuita efficacia normativa, si giunge ad affermare che l’esistenza di fattispecie rilevanti giustifica di per sé l’anticipazione dei termini di notifica.
Tra le numerose (e spesso di difficile coordinamento) disposizioni emanate a causa dell’emergenza da Covid-19 vi è l’art. 157 del D.L. n. 34/2020, conv. in L. n. 77/2020, che, al dichiarato fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche nel periodo successivo alla fase più acuta della pandemia, ha previsto la scissione tra emissione e notifica degli atti in scadenza (al netto della proroga di 85 giorni) al 31/12/2020.
L’intervallo utile per la notifica degli avvisi emessi nel 2020 è stato successivamente posticipato dapprima al periodo 1/02/2021 – 31/01/2022 (con l’art. 1, D.L. n. 3/2021) e poi al periodo 1/03/2021 – 28/02/2022 (con l’art. 1, D.L. n. 7/2021).
Si è posto, in particolare, il problema di come interpretare la clausola consente di anticipare la notifica degli atti nei casi di indifferibilità e urgenza. Sul punto si è pronunciata, in modo non condivisibile né nel metodo né nel merito, la sezione tributaria della Corte di Cassazione.
Deroga alla scissione tra emissione e notifica degli atti in scadenza al 31/12/2020
La fattispecie oggetto del giudizio
Le controversie esaminate dalla Corte concernevano due avvisi di accertamento emessi per due diverse annualità, con i quali l’Agenzia aveva recuperato a tassazione costi relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti, conseguenti a sovrafatturazione, costi per sponsorizzazioni attinenti ad operazioni inesistenti e accantonamen