Il Fisco può richiedere l’esibizione di scritture contabili ultradecennali per contestare un vantaggio fiscale al contribuente? Il caso del fondo svalutazione crediti del 1998 recuperato con accertamento nel 2008: quali erano gli obblighi del contribuente? Cosa è cambiato con la revisione dello Statuto del Contribuente?
Conservazione delle scritture contabili e termine decennale sono alcuni degli aspetti affrontati di una recente sentenza della Corte di cassazione. Secondo la Suprema Corte, il contribuente che voglia invocare un vantaggio fiscale derivante dalle proprie scritture è tenuto a conservarle al fine di provare di essere in possesso del titolo legittimante, anche oltre il termine decennale previsto dalla legge per la conservazione delle medesime.
Il caso: onere di esibire scritture contabili relative ad annualità molto datate
Al centro della controversia vi era un avviso di accertamento, emesso dall’Agenzia delle Entrate, a carico di una spa e relativo al recupero dell’Ires per l’anno 2008, con rilievi inerenti una plusvalenza ed un’indebita compensazione.
La compagine proponeva ricorso avanti alla CTP di Milano, che annullava l’atto impositivo.
La controversia, a seguito di gravame erariale, finiva, quindi, avanti alla CTR della Lombardia, che, invece, concordava con la tesi dell’Agenzia delle Entrate, confermando la legittimità e la fondatezza dell’avviso di accertamento.
La lite fiscale perveniva, allora, in Cassazione, a seguito di ricorso della società, che, per quanto interessa in questa sede, eccepiva che la CTR avesse negato il diritto all’ammortamento pro quota di due fondi ritenendo di dover porre a carico dell’esponente l’onere di esibire documentazione contabile con riferimento ad annualità molto risalenti, sebbene la contribuente avesse avuto notizia dell’estensione al periodo dell’accertamento tributario, quando era ormai scaduto il termine decadenziale di quattro anni di cui all’art. 43 DPR 600/1973 ed era pure maturata la prescrizione ordinaria decennale del preteso credito tributario.