Le associazioni di promozione sociale possono continuare a considerare decommercializzati i proventi derivanti dalle attività rivolte agli associati e ai loro familiari. Ma come fare ad individuare i familiari e a dimostrarne la convivenza?
La riforma del Terzo settore di cui al D.Lgs n. 117/2017 non è ancora entrata completamente in vigore. È necessario attendere che la Commissione UE conceda il “via libera” relativamente ai regimi forfetari di determinazione del reddito.
Se arriverà il parere favorevole, dal periodo d’imposta successivo la riforma sarà pienamente operativa.
Il futuro della disciplina della decommercializzazione
A questo punto per tutti i soggetti iscritti al RUNTS non troverà più applicazione la disciplina relativa alla decommercializzazione dei proventi di cui all’art. 148 del TUIR.
Da questo momento in avanti le prestazioni rese dagli ETS nei confronti di iscritti, soci, associati, partecipanti verso corrispettivi specifici, i cui statuti abbiano recepito le clausole previste dalla “riforma” saranno qualificabili come commerciali. I predetti proventi saranno così assoggettati ad imposizione.
Si tratta di una previsione i cui effetti saranno “deflagranti” in quanto per molti enti associativi le entrate prevalenti assumeranno la qualifica di proventi commerciali con l’ulteriore conseguenza di subire quasi certamente un accertamento fiscale nell’ipotesi di mancata iscrizione al RUNTS.
Infatti, l’art. 149 del TUIR, la cui rubrica è “Perdita della qualifica”, prevede la possibilità per l’Agenzia delle entrate di disconoscere la qualifica di ente non commerciale qualora i proventi commerciali siano prevalenti rispetto a quelli istituzionali.
Invece, la disposizione non è applicabile qualora gli enti in questione decidano di applicare la riforma iscrivendosi al RUNTS.
Tale situazione è un effetto “combinato” derivante dall’applicazione della riforma che prevede, come detto, da una parte l’abrogazione della disciplina della decommercializzazione dei proventi, e dall’altra la possibilità di continuare ad applicare l’art. 149 citato nei confronti degli enti che non si iscriveranno al RUNTS.
Sarà quindi preferibile iscriversi al RUNTS al fine di evitare un accertamento fiscale molto probabile se non certo.
Il caso delle Associazioni di promozione sociale
In realtà la situazione descritta non riguarda le Associazioni di promozione sociale nei cui confronti troverà applicazione la disciplina specifica di cui all’art. 85 del Codice del Terzo settore.
Infatti, la disposizione citata prevede, al comma 1, una disciplina sostanzialmente “allargata” della decommercializzazione dei proventi che di fatto troverà applicazione anche dopo la piena operatività della riforma.
In particolare, la norma prevede che:
“Non si considerano commerciali le attività svolte dalle associazioni di promozione sociale in diretta attuazione degli scopi istituzionali effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti dei propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, ovvero degli associati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale, nonché nei confronti di enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da enti del Terzo settore ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera m).
Ma chi sono i familiari conviventi?
La norma fa espresso riferimento anche alle prestazioni rese nei confronti dei familiari conviventi degli associati.
Si tratta quindi di un “perimetro” più esteso rispetto all’attuale formulazione dell’art. 148 del TUIR. Se, ad esempio, l’APS effettua una prestazione nei confronti del coniuge di un associato, la somma percepita sarà irrilevante ai fini reddituali essendo comunque qualificabile come provento decommercializzato.
Si pone però il problema di come dimostrare la convivenza e se la APS debba conservare documentazione idonea in tal senso da esibire a richiesta dell’Agenzia delle entrate.
A tal fine la prova si può considerare fornita con la conservazione ed esibizione di uno stato di famiglia del soggetto associato, oppure tramite il rilascio di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante la convivenza dei due coniugi.
In tale ipotesi l’Agenzia delle entrate non potrà disconoscere la convivenza e quindi confermare la spettanza dell’Agevolazione fiscale.
Nicola Forte
Lunedì 13 maggio 2024
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