Dallo scorso 18 gennaio il diniego di autotutela è atto impugnabile: cosa cambia in pratica per il contribuente e per i difensori tributari?
A decorrere dal 18/1/2024 è entrato in vigore il D.lgs. n. 219 del 30.12.2023 (G.U. n. 2/2024), in riferimento all’art.4 della Riforma fiscale (Legge n. 111/2023) che modifica lo Statuto del contribuente ex Legge n. 212/2000 e che, comprende, tra l’altro, la rivisitazione dell’istituto dell’autotutela per il quale il legislatore ha introdotto due nuove disposizioni ossia l’esercizio del potere di autotutela obbligatoria e l’esercizio del potere di autotutela facoltativa.
Il potere di Autotutela del Fisco
Per quanto attiene la natura giuridica dell’autotutela, essa è la manifestazione del potere amministrativo che trova il suo riconoscimento nell’art. 97 Costituzione, norma che sancisce i principi di buon andamento ed imparzialità dei pubblici uffici, mentre in ambito tributario, l’autotutela, contemplata dall’art. 68 del D.P.R. n. 287/1992, è disciplinata normativamente dall’articolo 2-quater del D.L. 564/1994, a cui è stata data compiuta attuazione con il d.m. 11 febbraio 1997, n. 37.
L’istituto dell’autotutela in materia tributaria – introdotto per una riduzione del contenzioso tributario, con relativo risparmio delle spese di soccombenza e miglioramento dei rapporti tra amministrazione e contribuenti -, si concretizza nella potestà della P.A. di procedere all’annullamento, revoca totale o parziale, alla rettifica ovvero alla riforma di un provvedimento illegittimo precedentemente adottato.
L’autotutela è disciplinata, oltre che nel principio generale di legalità, dall’art. 2-quater del d.l. 30 settembre 1994, n. 564 anche dal relativo regolamento di esecuzione (DM 11 febbraio 1997 n. 37).
Avverso il diniego dell’amministrazione di procedere all’esercizio del potere di autotutela, in sostanza, può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare