La Corte di cassazione, con una recente ordinanza, legittima la duplicazione d’imposta considerando esclusa la possibilità dell’istanza di rimborso dell’imposta sostitutiva già pagata dal donante nel caso il donatario, subentrato nel suo costo fiscale del donante, torni a rivalutare la partecipazione.
Doppia rivalutazione di partecipazione societaria
L’oggetto della sentenza in commento ha riguardato un caso di doppia rivalutazione operata su una medesima partecipazione societaria, dapprima da parte del socio A (padre) e successivamente dal socio B (figlio) che gli era subentrato in virtù della donazione della quota.
Il socio B presentava all’Agenzia delle Entrate apposita istanza di rimborso di quanto in precedenza versato dal proprio dante causa, dato che tale somma non era stata dedotta in compensazione.
Avverso il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione il socio procedeva ritualmente ad instaurare il contenzioso tributario e sia la Commissione tributaria provinciale che quella regionale rigettavano il ricorso.
Il socio B impugnava per Cassazione la soccombenza processuale di secondo grado eccependo tra le altre doglianze esposte il divieto della doppia imposizione previsto dall’art. 163 Tuir anche nei confronti di soggetti diversi e la violazione dell’art. 68, comma 6, del DPR n. 917/1986 che, prevedendo la regola della continuità del costo fiscalmente riconosciuto tra donante e donatario, rende sintomatica l’intenzione del legislatore di perseguire sul piano fiscale un rapporto di immedesimazione tra il socio uscente e quello subentrante, da intendere, quindi, in ordine alla doppia rivalutazione, come un raccordo fiscale unitario delle due rivalutazioni.
Il verdetto della Cassazione: ricorso infondato posta la matura volontaria dell’imposta sostitutiva
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo del ricorso.
L’imposta sostitutiva versata per la rivalutazione riassume il paradigma dell’imposta volontaria, derivando da una libera opzione del contribuente.
Trattandosi di una dichiarazione di volontà irretrattabile, la medesima si sottrae alla disciplina dell’errore propria della dichiarazione di scienza, potendo essere corretta solo «nel caso di errore obiettivamente riconoscibile ed essenziale ai sensi dell’art. 1428 c.c.» (Cassazione 2 agosto 2017, n. 19215; Cass.