Le donazioni ai discendenti ed al coniuge di quote di società estere sono esenti alle stesse condizioni sussistenti per le società residenti.
Pertanto, l’esenzione dall’imposta di donazione non può applicarsi se non sussistono i requisiti previsti dalla norma: l’esercizio dell’attività o il controllo sociale e la dichiarazione di impegno a detenere per almeno un quinquennio le quote.
Donazione di quote di società non residente e profili di esenzione dall’imposta di donazione
Il caso di Cassazione: donazione di azioni di società lussemburghese
Un soggetto, con atto notarile, procedeva alla donazione di azioni di una società di diritto lussemburghese in favore di alcuni fra figli e nipoti, donazioni ritenute esenti da imposta di donazione ai sensi dell’art. 3, comma 4-ter D.Lgs. 346/1990.
L’Agenzia delle Entrate emetteva, tuttavia, avvisi di liquidazione dell’imposta di donazione sul rilievo che non ricorressero i presupposti richiesti dal suddetto articolo per la fruizione dell’esenzione.
Donante e donatari proponevano, allora, ricorsi davanti alla Ctp di Lodi, che li accoglieva.
Di contrario avviso si mostravano, invece, i giudici regionali della Lombardia, aditi dall’ufficio in sede di gravame.
La Ctr, in particolare, riteneva l’esenzione fruibile anche in rapporto al trasferimento di azioni di società non residenti nel territorio dello Stato ma solo al ricorre della duplice condizione – insussistente nel caso di specie – che le azioni donate consentissero il controllo della società e che i donatari avessero reso la dichiarazione di impegno a mantenere le azioni acquisite per i cinque anni successivi al trasferimento.
Interponevano, consequenzialmente, ricorso per cassazione i contribuenti, eccependo che, da una corretta interpretazione dell’art. 3, comma 4-ter D.Lgs. 346/1990, emergerebbe la spettanza dell’esenzione per le donazioni di partecipazioni di società non residenti pure in assenza delle condizioni previste, invece, dalla seconda e dalla terza proposizione del medesimo artico