La condizione di reciprocità, disciplinata dall’art. 38 ter del Decreto Iva, rappresenta un presupposto necessario per il riconoscimento del diritto al rimborso, mancando il quale la società extra-UE non può attivare l’ordinaria procedura di rimborso IVA attraverso il proprio rappresentante fiscale.
Rimborso Iva a società extra-UE: i fatti in causa
L’Agenzia delle entrate notificava ad una società con sede in Canada, due avvisi di accertamento per operazioni imponibili non fatturate, con determinazione dell’Iva non corrisposta, comprensiva del rimborso Iva già ottenuto, da restituire per il biennio in considerazione.
La compagine proponeva ricorso contro i due atti impositivi avanti alla Ctp di Roma, che riteneva tardiva l’opposizione contro uno degli avvisi di accertamento mentre accoglieva quella contro l’altro.
A seguito di gravame presentato dall’ufficio, la Ctr del Lazio accoglieva l’appello.
In particolare, il Collegio di seconde cure sottolineava che l’art. 38 ter Dpr 633/1972, relativo al riconoscimento del diritto al rimborso in favore di soggetti non residenti in Italia e stabiliti in Stati non appartenenti all’unione Europea, presuppone, fra l’altro, la sussistenza di una condizione di reciprocità con lo Stato di residenza dell’operatore economico, non riscontrabile nel caso di specie.
Proponeva ricorso di legittimità la società, eccependo, per quanto ci consta, che il giudice di merito avesse illegittimamente escluso il diritto al rimborso unicamente in base alla considerazione della mancanza della condizione di reciprocità di cui all’art. 38 ter Decreto Iva, invece di riconoscerlo in base all’applicazione della regola generale di cui all’art. 38 bis dello stesso Dpr.