Squilibri di bilancio e indici di previsione della crisi aziendale

Si avvicina il momento dell’approvazione dei bilanci al 31/12/2022: vediamo quanto pesano con le nuove normative squilibri e indici di previsione della crisi d’impresa, anche ai fini di valutazione andamentale.

L’art. 3, comma 2, del D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022, stabilisce che l’imprenditore collettivo – ad esempio, la società di capitali, così come quella di persone, o il consorzio con attività esterna – deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’art. 2086 codice civile, ai fini della rilevazione tempestiva dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative. 

Tale disposizione civilistica obbliga ogni imprenditore collettivo – indipendentemente dalla propria forma giuridica (ad esempio, s.p.a., s.a.p.a., s.r.l., s.a.s., e s.n.c.) – ad istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

 

Squilibri e indici di previsione della crisi: i nuovi obblighi civilistici

bilancio esercizio indici crisiIl contenuto del suddetto dovere civilistico è individuato dall’art. 3, comma 3, del D.Lgs. 14/2019, secondo cui gli adeguati assetti di cui al precedente comma 2 – così come le misure idonee richieste all’imprenditore individuare al fine di rilevare tempestivamente la crisi – devono consentire, tra l’altro, di raggiungere i seguenti obiettivi:

  1. rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
     
  2. verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4.

Sotto il primo profilo, quello dell’accertamento degli squilibri, la norma richiede implicitamente l’adozione di un set di indicatori, adeguati rispetto alla dimensioni e peculiarità della società, che a loro volta presuppongono l’esistenza di un documento consuntivo di periodo, quale base di calcolo degli indici, rappresentato dal bilancio d’esercizio o da quello infrannuale per competenza predisposto in osservanza del principio contabile nazionale OIC 30.

Nel caso specifico dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2022, può essere opportuna l’analisi andamentale degli indici e dei margini di tale periodo amministrativo e dei precedenti quattro, preferibilmente calcolati in virtù dei dati depurati degli effetti eccezionali del Covid.

A livello operativo, un possibile insieme di grandezze di riferimento potrebbe essere riepilogato secondo i criteri che seguono.

In termini patrimoniali e finanziari, alcuni utili indicatori potrebbero essere:

  • margine di struttura e i conseguenti indici di copertura delle immobilizzazioni, utili a valutare anche la continuità aziendale;
     
  • rapporto di indebitamento finanziario, tra i debiti finanziari – al netto delle disponibilità liquide – e il patrimonio netto;
     
  • grado di indipendenza finanziaria, pari all’incidenza dei mezzi proprio sulla sommatoria di patrimonio netto e posizione finanziaria netta;
     
  • margine di tesoreria e l’indice di liquidità immediata, che rapporta le disponibilità immediate e differite (cassa, banche attive e crediti commerciali) e i debiti correnti;
     
  • margine di disponibilità e l’indice di liquidità corrente, che pone a confronto l’attivo circolante con le passività scadenti entro l’esercizio successivo;
     
  • flusso di cassa derivante dalla gestione caratteristica, desumibile dal rendiconto finanziario, se predisposto;
     
  • rapporto tra la posizione finanziaria netta e il margine operativo lordo, che misura la sostenibilità del debito finanziario.

Sotto il profilo economico, alcune possibili entità di valutazione potrebbero essere:

  • il margine operativo lordo e il reddito operativo;
     
  • la redditività del capitale proprio (ROE), del capitale investito (ROI) e delle vendite (ROS);
     
  • il confronto tra il ROI e il costo dell’indebitamento finanziaria (ROD), e la discendente analisi dell’effetto “leva finanziaria”;
     
  • il rapporto tra il margine operativo lordo e gli oneri finanziari, che misura la sostenibilità degli interessi passivi;
     
  • e il rapporto tra il margine di contribuzione – se l’impresa è in grado di distinguere e misura i costi variabili e quelli fissi – e il reddito operativo, che consente di valutare il grado di rischio operativo aziendale.

 

Alcuni possibili indici di (in)efficienza

I suddetti indicatori potrebbero, infine, consentire la determinazione di alcuni indici di efficienza, come la rotazione del capitale investito e la durata del ciclo monetario – utile nella stima del fabbisogno aziendale di affidamenti – desumibile dal confronto tra i giorni medi di rotazione delle rimanenze di magazzino, di incasso dei clienti e di pagamento dei fornitori.

A norma del suddetto art. 3, comma 3, lett. b), del D.Lgs. 14/2019, il bilancio d’esercizio, così come quello infrannuale redatto in osservanza del principio contabile nazionale, OIC 30, deve, inoltre, rilevare l’esistenza dei segnali identificati dal successivo comma 4:

  • debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari ad oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
     
  • debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
     
  • esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni;
     
  • una o più delle esposizioni debitorie previste dall’art. 25-novies, comma 1, del D.Lgs. 14/2019, nei confronti di Agenzia delle Entrate, Inps, Inail oppure Agente della Riscossione.

Quest’ultima norma stabilisce che tali creditori pubblici qualificati devono segnalare all’organo di gestione (Amministratore Unico o Consiglio di Amministrazione) – e, ove esistente, all’organo di controllo, nella persona del Presidente del Collegio Sindacale in caso di organo collegiale – a mezzo di posta elettronica certificata o, in mancanza, mediante raccomandata con avviso di ricevimento inviata all’indirizzo risultante dall’Anagrafe Tributaria:

  • il ritardo di oltre 90 giorni nel versamento di contributi previdenziali INPS – accertati dal 1° gennaio 2012 – di ammontare superiore, per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, al 30% di quelli dovuti nell’anno precedente e all’importo di euro 15.000 (per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati, all’ammontare di euro 5.000);
     
  • l’esistenza di un debito per premi assicurativi INAIL, accertato dal 15 luglio 2022, scaduto da oltre 90 giorni e non versato superiore all’importo di euro 5.000;
     
  • l’esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all’IVA, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche (art. 21-bis del D.L. 78/2010, c.d. LIPE) – a partire dal secondo trimestre 2022 – superiore all’importo di euro 5.000, e comunque non inferiore al 10% dell’ammontare del volume d’affari risultante dalla dichiarazione IVA dell’anno precedente.
    La segnalazione è, in ogni caso, inviata se il debito è superiore all’importo di euro 20.000;
     
  • l’esistenza di crediti affidati dal 1° luglio 2022 all’Agente della Riscossione, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre 90 giorni, superiori, per le imprese individuali, ad euro 100.000, per le società di persone ad euro 200.000 e per le altre società ad euro 500.000.

Per quanto concerne, invece il secondo profilo, quello della verifica della sostenibilità dei debiti e della continuità aziendale per almeno i prossimi 12 mesi di cui all’art. 3, comma 3, lett. b), del D.Lgs. 14/2019, esso presuppone, invece, l’adozione di uno strumento di pianificazione finanziaria: ad esempio, il budget di tesoreria, il rendiconto finanziario previsionale oppure – per le micro e piccole imprese, coerentemente con il principio contabile nazionale OIC 9 – un conto economico previsionale, elaborato sulla base dell’orizzonte temporale dell’anno successivo, che consentono di calcolare, tra l’altro, i principi di indici di sostenibilità del debito, come il DSCR.

 

L’analisi andamentale dei bilanci degli ultimi esercizi

In assenza di dati previsionali attendibili, la valutazione del rischio aziendale può essere operata mediante l’analisi andamentale dei bilanci degli ultimi esercizi.

In particolare, potrebbero assumere rilevanza alcuni specifici indicatori sintetici, come, ad esempio:

  • il rapporto tra posizione finanziaria netta (o debiti finanziari) e margine operativo lordo, che misura la sostenibilità del debito finanziario;
     
  • il rapporto tra debiti finanziari e mezzi propri, da cui si desume il grado di (in)dipendenza finanziaria;
     
  • rapporto tra il margine operativo lordo e gli oneri finanziari, che accerta la sostenibilità degli interessi passivi;
     
  • l’eventuale scaduto, e soprattutto l’aggravamento dello stesso, nei confronti di dipendenti, fornitori, enti fiscali e previdenziali (vi potrebbe, infatti, essere scaduto “solo fisiologico” per stagionalità dei flussi di cassa in entrata).

Resta, naturalmente, inteso che, ai fini dell’individuazione degli squilibri e del rischio di crisi, gli indici sopra riportati devono essere valutati unitariamente, e non singolarmente.

 

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A cura di Michele Bana

Mercoledì 22 marzo 2023

 

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