Il contratto di lavoro intermittente, detto anche lavoro a chiamata o job on call, prevede la disponibilità del dipendente a svolgere una determinata prestazione previa richiesta dell’azienda.
Esistono infatti due sotto-categorie di lavoro intermittente:
- quella in cui il lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata dell’azienda, con erogazione di un’apposita indennità economica fissa (contratto di lavoro a chiamata con obbligo di disponibilità);
- la seconda tipologia in cui l’obbligo di disponibilità è assente.
A differenza del rapporto a tempo parziale, nel lavoro a chiamata il dipendente è titolare dei diritti economico-normativo riconosciuti ai lavoratori esclusivamente nei periodi di effettivo impiego.
Per la sua mancanza di stabilità (a differenza del rapporto a tempo indeterminato, qualificato come la forma comune di contratto di lavoro) il job on call (disciplinato dal Decreto legislativo 15 giugno 2015 numero 81) si applica soltanto in presenza di requisiti oggettivi (legati all’attività da svolgere) o soggettivi (connessi all’età del lavoratore), nel rispetto di determinati limiti di durata e a fronte di inderogabili adempimenti da parte dell’azienda.
Analizziamo la questione in dettaglio.
Contratto di lavoro intermittente: valutazione dei rischi
Il contratto di lavoro intermittente può essere attivato dalle realtà che hanno effettuato la valutazione dei rischi, nel rispetto della normativa sulla tutela dell’integrità fisica e della salute dei lavoratori (Decreto legislativo 9 aprile 2008 numero 81).
Grazie al documento in questione, l’azienda analizza tutti i possibili rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, compresi:
- i lavoratori (tutti o parte di essi) esposti a rischi particolari;
- le lavoratrici in stato di gravidanza;
- le differenze di età ed esperienza lavorativa;
- la s