La Corte di Cassazione torna ad affrontare la questione relativa alla ricostruzione dei ricavi nei confronti degli esercenti l’attività di trasporto a mezzo taxi, legittimando il metodo di ricostruzione adottato dall’Ufficio (chilometri percorsi).
La ricostruzione dei ricavi da attività d’impresa: un caso di accertamento nei confronti dei taxisti
La Corte, affrontando nuovamente la questione della ricostruzione dei ricavi dei taxisti, innanzitutto, rileva che:
“in tema di accertamento induttivo dei redditi d’impresa di cui all’art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato, specificando gli indici di inattendibilità dei dati contabili e dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, l’atto di rettifica è assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatori, nel senso che null’altro l’ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte, mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate, anche in relazione alla contestata antieconomicità delle stesse (Cass. 31/10/2018, n. 27804)”.
Ancora, secondo pregressa giurisprudenza:
“l’amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi dell’ art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 (e dell’ art. 54, commi 2 e 3, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in tema di IVA), sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni.
Gli elementi assunti a fonte di presunzione, peraltro, non devono essere necessariamente plurimi, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su di un elemento unico, purché preciso e grave, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata (Cass. 30/10/2018, n. 27552).
Pertanto, una volta contestata dall’Erario l’antieconomicità di un comportamento del contribuente, poiché assolutamente contrario ai canoni dell’economia, incombeva, sul medesimo l’onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, essendo – in difetto – pienamente legittimo il ricorso all’accertamento indut