Torniamo sulle agevolazioni prima casa e sul caso di perdita delle agevolazioni per case definite di lusso: in caso di dichiarazione mendace poi corretta non scatta il favor rei.
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno formulato il seguente principio di diritto:
“In tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa, la modifica dei parametri ai quali ancorare i presupposti per il riconoscimento del beneficio, disposta, quanto all’iva, dall’art. 33 del d.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, non ha inciso retroattivamente e l’infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace, della quale è soltanto cambiato l’oggetto, è rimasta immutata; ne consegue che non si è verificata alcuna abolitio criminis”.
Fatti di causa: acquisto prima casa di lusso con IVA agevolata
Un contribuente ha acquistato un immobile fruendo dell’aliquota agevolata Iva del 4%, prevista per l’acquisto della prima casa.
L’Agenzia, tuttavia, assumendo che l’abitazione fosse da definire di lusso, in base ai parametri fissati dall’art. 6 del D.M. 2 agosto 1969, all’epoca applicabile, e che per conseguenza non potesse essere riconosciuto il beneficio per l’acquisto della prima casa, ha recuperato con avviso di liquidazione la maggiore Iva, data dalla differenza tra l’applicazione dell’aliquota del 20% e quella del 4%, irrogando le conseguenti sanzioni; successivamente ha rettificato in autotutela l’avviso, reputando applicabile l’aliquota del 10%, perché l’immobile aveva costituito oggetto di un intervento di ristrutturazione edilizia su fabbricato abitativo ceduto dall’impresa al termine dei lavori.
La contribuente ha impugnato l’avviso, senza successo in primo grado, né in secondo.
In particolare, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha escluso la sussistenza dei presupposti per la fruizione dell’aliquota agevolata, poiché la superficie dell’appartamento compravenduto era risultata pari a mq 248,28 (misura evidentemente calcolata operando la sottrazione tra la superficie complessiva di mq 283,28 riportata nell’avviso e quella del box auto, di mq 35,00, che, secondo la contribuente, andava esclusa dal computo) e l’appellante non aveva dimostrato che l’immobile avesse una diversa dimensione.
Da qui il ricorso in Cassazione da parte del contribuente, che la sezione tributaria, ravvisato, quanto ai profili sanzionatori, un contrasto in relazione al diritto intertemporale, ha rimesso gli atti al Primo Presidente, che lo ha assegnato alle sezioni unite, interpellate per la soluzione della questione evocata dal motivo di ricorso, col quale la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, perché il giudice d’appello non ha applicato il principio del favor rei, escludendo le sanzioni irrogate.
Le ragioni della decisione
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