In caso di operazione erroneamente assoggettata ad IVA, non è ammessa per il cessionario la detrazione dell’imposta pagata e fatturata, atteso che l’esercizio del relativo diritto presuppone l’effettiva realizzazione di un’operazione assoggettabile a tale imposta nella misura dovuta!!
La Corte di Cassazione ha risolto un contenzioso in tema di indetraibilità dell’Iva erroneamente imputata.
Il caso: recupero di costi non ritenuti inerenti
Nel caso di specie, la società contribuente ricorreva (con ben sedici motivi di impugnazione) avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che aveva confermato la pronuncia di primo grado, nell’ambito di un contenzioso contro avvisi di accertamento che riprendevano a tassazione — ai fini IRES, IVA, IRAP – costi correlati a fatture passive per operazioni oggettivamente inesistenti e altri costi indeducibili/indetraibili perché non documentati o non inerenti.
Per quanto di interesse, la ricorrente deduceva la nullità della sentenza per violazione del principio di cui all’art. 112 codice procedura civile, in relazione al punto della sentenza d’appello relativo alla detrazione IVA al 20% per energia elettrica (euro 56.347,30 su imponibile di euro 563.472,96), superiore all’aliquota consentita del 10% anno 2007, affermando che la decisione impugnata aveva violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato per non avere statuito nulla sull’eccezione formulata dalla contribuente in ordine alla illegittimità della ripresa IVA sulla fornitura di energia elettrica, che quest’ultima aveva detratto nella misura del 20 per cento, portata in fattura, anziché nella misura del 10 per cento, non ponendo l’articolo 19 del Dpr 633/72 alcun limite legale alla corretta applicazione del tributo.
In subordine, deduceva poi comunque la erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del Dpr. n. 6