Torniamo sulle possibilità per il Fisco di utilizzare, in sede di accertamento tributario, documenti probatori di qualsiasi provenienza, come ad esempio la famigerata Lista Falciani: le ultime dalla Cassazione.
Con due recenti pronunce in tema di accertamento tributario, la Corte di Cassazione ha autorizzato gli Uffici ad utilizzare qualsiasi elemento probatorio, da ovunque pervenga.
Accertamento tributario: il caso della Lista Falciani
La giurisprudenza di legittimità, con specifico riguardo alla «lista Falciani», ha stabilito che, in tema di accertamento tributario:
“è legittima l’utilizzazione di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da specifica previsione di legge, e salvi i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale (Cassazione 05/12/2019, n. 31779, Cass. 28/04/2015, n 8605).
La Corte ha individuato precisi indici normativi dai quali inferire la piena utilizzabilità del materiale del quale qui si discute, individuati nell’art. 39, comma 2, e 41, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973, e nell’art. 55, primo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, che prendono esplicitamente in considerazione l’utilizzo di elementi «comunque» acquisiti, e perciò anche nell’esercizio di attività istruttorie attuate con modalità diverse da quelle indicate negli artt. 32 e 33 del d.P.R. n. 600 del 1973 e nell’art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972.
Tali disposizioni individuano, quindi, un principio generale di non tipicità della prova che consente l’utilizzabilità – in linea di massima – di qualsiasi elemento che il giudice correttamente qualifichi come possibile punto di appoggio per dimostrare l’esistenza di un fatto rilevante e non direttamente conosciuto; nessun rilievo assume la circostanza che i documenti fossero privi di sottoscrizione, poiché le modalità del rinvenimento conferiscono agli stessi una rilevanza probatoria indiziaria, valuta