Vediamo in quali casi il dipendente di una società può essere anche membro del Consiglio di Amministrazione: ci focalizziamo sulla figura del Presidente del CDA e sul problema delle deleghe attribuite. Analisi della posizione e della giurisprudenza aggiornata con fac-simile di bozza di verbale di delibera consiliare per attribuzione delle deleghe.
La carica di presidente del Consiglio di Amministrazione di una Srl non è incompatibile con lo status di lavoratore subordinato poiché anche il presidente di società, al pari di qualsiasi membro del consiglio di amministrazione, può essere soggetto alle direttive, alle decisioni ed al controllo dell’organo collegiale.
E’ questo il principio espresso dall’Istituto Nazionale Previdenza Sociale nel messaggio n. 3359 del 17.09.2019 . Si segnala che, con Sentenza 23.11.2021, n.36362, la Corte di Cassazione ha chiarito che la suddetta compatibilità possa essere riconosciuta
“… ove sia accertato in concreto lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita, con l’assoggettamento ad effettivo potere di supremazia gerarchica e disciplinare…”.
Esercizio della delega nell’ambito poteri del Consiglio di Amministrazione
La scelta di dotare la società di un consiglio di amministrazione consente l’assunzione di decisioni sulla base di scelte ponderate, condivise e risultanti dal confronto dialettico dei componenti portatori di differenti esperienze e competenze.
In termini generali, l’organo collegiale svolge una funzione strategica di vaglio, elaborazione e supporto del processo decisionale e una di controllo. L’origine dei poteri del consiglio di amministrazione, peraltro, deriva non solo dalla normativa civilistica, ma anche dall’atto costitutivo, dallo statuto e dalle delibere dell’organo medesimo.
Secondo quanto previsto dall’art. 2328 c.c., n. 9), l’atto costitutivo deve indicare, tra il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società.
Il sistema di amministrazione della società dettato dall’art. 2380-bis, c.c. prevede che la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori (…). Quando l’amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione, composto da un numero di membri che, in aderenza alle previsioni statutarie, ovvero in assenza liberamente, verrà deciso dall’assemblea dei soci in funzione delle dimensioni della società, al business aziendale ed altri fattori.
A norma dell’art. 2381, co. 2, c.c., se lo statuto o l’assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti, anche se la delega realizza un conferimento di funzioni che non comporta distrazione di poteri in capo al consiglio di amministrazione che resta titolare della funzione amministrativa nella sua interezza.
In tale direzione, il co. 3 del medesimo articolo esprime una competenza concorrente e sovraordinata sulle materie oggetto di delega, potendo il consiglio di amministrazione individuare il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega, nonché potendo sempre impartire direttive agli organi delegati e finanche avocare a sé operazioni rientranti nella delega.
Ed è proprio la possibilità di impartire direttive, alle quali i delegati sono obbligati ad adeguarsi, che permette al consiglio di amministrazione di mantenere il suo ruolo centrale nell’esercizio delle funzioni di gestione aziendale, evitando che i delegati possano godere di una eccessiva autonomia rispetto alle necessaria unit