Nel giudizio di appello tributario il divieto di proporre nuove domande vale anche per l’ufficio finanziario a cui non è consentito mutare i termini della contestazione.
L’interessante principio è contenuto in una recente sentenza di Cassazione da cui emerge che la novità della domanda proposta in appello deve essere valutata in relazione ai presupposti di fatto e di diritto che sono alla base dell’atto impositivo
Domande nuove in appello: normativa
Nel processo tributario, in appello, le parti non possono proporre domande ed eccezioni nuove e, se pronunciate, sono da ritenere inammissibili d’ufficio (art. 57, comma 1, D.lgs n. 546/1992).
E’ bene chiarire preliminarmente che per nuova si intende quella domanda od eccezione proposta in appello che contenga una richiesta diversa o ulteriore rispetto a quelle proposte davanti alla Commissione Tributaria provinciale.
La stessa disposizione stabilisce, inoltre, al secondo comma che:
“Non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio”.
Il successivo art. 58 impone alla commissione tributaria regionale di non poter disporre di nuove prove, salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio per causa a essa non imputabile.
Il caso in esame richiama le disposizioni del regime speciale Iva e riguarda diretto a regolare le vendite di beni usati da parte di operatori economici, che hanno acquistato gli stessi beni da soggetti privati. Il regime del margine è un regime speciale relativo all’Iva – applicato solo sul margine di vendita, ossia la differenza del corrispettivo percepito e il valore di acquisto del bene-, disciplinato dagli articoli 36 e sss. del D.L. n. 41/95. Si tratta di un regime rivolto ai soggetti che abitualmente effettuano operazioni di commercio al dettaglio,