Sulla tassazione del diritto di superficie ai fini IRPEF: il punto della Cassazione

La Cassazione è tornata ad affrontare il tema relativo alla tassazione, ai fini IRPEF, del corrispettivo derivante dalla cessione onerosa del diritto di superficie.

Vendita del diritto di superficie: le richieste del Fisco

irpef cessione diritto superficieL’Agenzia Entrate riprendeva a tassazione i proventi del contribuente derivanti da cessione a titolo oneroso di un diritto di superficie, basandosi sul presupposto che si trattasse di “Redditi diversi da indicare nel quadro RL della dichiarazione dei redditi”, precisando in corso di causa che si trattava di redditi conseguenti ad “obbligazioni di fare, non fare o permettere” di cui all’art. 67, lett. l), del TUIR.

Ciò in quanto il contratto concluso dal concludente avrebbe dovuto considerarsi alla stregua di un contratto a prestazioni corrispettive, mediante il quale il concedente sarebbe tenuto ad un comportamento c.d. negativo (ovvero quello di non ostacolare lo svolgimento dell’attività del superficiario), verso il pagamento di un corrispettivo per la concessione del diritto di superficie.

Conclusioni, queste, condivise anche dal Giudice tributario e censurate dal contribuente.

 

I redditi derivanti da diritto di superficie non sono redditi da locazione

Sennonché, la Corte di Cassazione ha escluso (nuovamente) la possibilità di inquadrare i redditi percepiti in forza di un diritto di superficie tra i “redditi da locazione”.

D’altra parte, ai sensi dell’art. 952 codice civile:

“il proprietario del fondo può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà”, potendo altresì “alienare la proprietà di una costruzione già esistente separatamente dalla proprietà del suolo”.

Il diritto di superficie, quindi, permettere di mantenere distinte la proprietà del suolo, rispetto a quella della costruzione.

E poiché il diritto di superficie è un diritto reale, non può in ogni caso trovare applicazione l’art. 67, lett. l), TUIR, essendo tale norma riferita ai soli redditi determinati dall’assunzione di obblighi riferiti a diritti personali.

Semmai, può trovare applicazione l’art. 9, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986, secondo cui le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso si applicano anche agli atti con cui vengono costituiti e/o trasferiti diritti reali di godimento.

La sostanziale equiparazione dei trasferimenti di diritti reali minori ai trasferimenti del diritto di proprietà impone dunque che, per il contribuente-persona fisica, il corrispettivo derivante dalla cessione onerosa del diritto di superficie costituisce un reddito diverso ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. a) e b), TUIR, laddove abbia ad oggetto un’area fabbricabile o, qualora abbia ad oggetto un terreno agricolo, non siano trascorsi almeno cinque anni dal relativo acquisto.

E ciò, a prescindere dal fatto che il contribuente abbia precedentemente acquistato il diritto reale a titolo oneroso o gratuito.

Ed invero, è stata la stessa Agenzia delle Entrate a chiarire, con la circolare n. 6/E del 2018, che l’equiparazione di cui all’art. 9, comma 5, TUIR opera indistintamente, in presenza di una costituzione e/o cessione onerosa di diritti reali di godimento.

 

Fonte: Corte di Cassazione, ordinanza n. 6622 del 1 marzo 2022.

 

NdR: Puoi approfondire l’argomento anche nei seguenti articoli…

Cessione del diritto di superficie da privato: il carico fiscale

Diritto di superficie e proprietà superficiaria

 

A cura di Andrea Ziletti e Mauro Tosoni

Martedì 5 aprile 2022