Si è creato un notevole interesse tra le imprese sulla Super ACE, ma, attenzione, occorre valutare bene le decisioni da assumere negli anni 2022 e 2023, per non pregiudicare il vantaggio realizzato attraverso l’accantonamento degli utili, ossia alla rinuncia della loro distribuzione, nonché alla capitalizzazione effettuata dalla società nell’anno 2021.
L’art. 1 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, ha promosso uno stimolo alla capitalizzazione delle imprese chiamato “Aiuto alla crescita economica (ACE)”.
Con D.M. 14 marzo 2012 del Ministro dell’economia e delle finanze, sono state emanate le relative disposizioni di attuazione.
Lo scopo che l’ACE intende perseguire è quello di incoraggiare le imprese a sostituire il capitale di debito (che consente alle imprese di dedurre gli interessi) con capitale di rischio attraverso una riduzione della imposizione sui redditi.
L’agevolazione consiste nel dedurre, dal reddito complessivo netto dichiarato, un importo corrispondente al “rendimento nozionale” del nuovo capitale proprio.
Detto rendimento nozionale è stato fissato al 3%, per i primi tre periodi d’imposta di applicazione della normativa (cioè dal 2011 al 2013), al 4%, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, al 4,5%, al 31 dicembre 2015, al 4,75%, al 31 dicembre 2016, all’1,6%, al 31 dicembre 2017, all’1,5% dal periodo d’imposta 2018 e all’1,3 per i periodi d’imposta 2019 e 2020 (Si veda l’art. 1, comma 287, della L. 27 dicembre 2019, n. 160).
Questi gli argomenti qui trattati:
- Soggetti avvantaggiati e soggetti esclusi
- Il rendimento nozionale
- L’anno base per la valutazione dell’ACE
- Determinazione della variazione del patrimonio netto
- Decorrenza dell’aumento del capitale netto, della trasformazione e dell’utilizzo dell’ACE
- Le riserve di utili non disponibili e la loro riclassificazione
- Regime di trasparenza fiscale
- La norma sulla Super ACE
- L’utilizzo del credito d’imposta e gli accorgimenti legislativi…….
- Le modalità dell’invio della comunicazione
- L’accesso e le modalità per usufruire del credito d’imposta
- La cessione del credito d’imposta
- Allegato A – Cronoprogramma del credito d’imposta
- Allegato B – La super ACE in sintesi
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Aiuto alla crescita economica (ACE): soggetti avvantaggiati e soggetti esclusi
I soggetti che possono invocare l’ACE [Art. 73, comma 1, lett. a) e b), nonché lett. d), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917] sono:
- le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, le società europee (Regolamento CE n. 2157/2001) e le società cooperative europee (Regolamento CE n. 1435/2003), se residenti nel territorio dello Stato;
- gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
- le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di società e enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
Non possono accedere all’ACE (Art. 9, del D.M. 3 agosto 2017), le seguenti società:
- assoggettate alle procedure di liquidazione giudiziale, dall’inizio dell’esercizio in cui interviene l’omonima dichiarazione;
- assoggettate alle procedure di liquidazione coatta, dall’inizio dell’esercizio in cui interviene il provvedimento che ordina la liquidazione;
- o assoggettate alle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, dall’inizio dell’esercizio in cui interviene il decreto motivato che dichiara l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria;
- che svolgono come attività prevalente quelle attività per le quali hanno esercitato l’opzione di cui all’art. 155 (Determinazione della base imponibile per alcune imprese marittime) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Per attività prevalente, si intende quella che consente di realizzare il maggiore ammontare di ricavi.
Il rendimento nozionale
Il rendimento nozionale, in base all’art. 1, comma 2, del D.L. n. 201/2011, riguarda il nuovo capitale proprio ed è quantificato, applicando l’aliquota dell’1,3% (aliquota applicata dal 2019, in base all’art. 1, comma 3, del D.L. n. 201/2011), alla variazione in aumento del capitale proprio, rispetto a quello presente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, escludendo, da tale capitale, l’eventuale utile di quell’esercizio.
Si premette che il rendimento nozionale:
- in base al disposto dell’art. 11, del D.M. 14 marzo 2012, prevede che:
“in ciascun esercizio lavariazione in aumento non può comunque eccedere il patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, ad esclusione delle riserve per acquisto di azioni proprie (Art. 2357-bis c.c.)”;
- deve tener conto di eventuali attribuzioni ai soci effettuato negli anni precedenti.
Esempio
Orbene, supponendo che il capitale proprio, nell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2010, sia pari ad € 10.000, al netto dell’utile di € 2.000; che il capitale proprio alla fine dell’anno 2019 (incluso l’utile dell’anno 2018) sia di € 22.000, il rendimento nozionale è così determinato:
€ 22.000 – € 10.000 = € 12.000 (incremento capitale proprio)
€ 12.000 x 1,3% = € 1.560 (Rendimento nozionale).
Il successivo comma 4, dell’art. 1, del D.L. n. 201/2011 (si veda anche l’art. 3, del D.M. 3 agosto 2017), ha disposto che la quota del rendimento nozionale, qualora sia maggiore del reddito complessivo netto dichiarato, possa essere oggetto di scelta, ad opera del contribuente, anche in misura ridotta, come segue:
- è portata in aumento dell’importo deducibile dal reddito dei successivi periodi d’imposta, senza alcun limite nel tempo (meccanismo di funzionamento che obbliga l’uso obbligatorio dell’ACE fino a concorrenza del reddito complessivo netto del periodo d’imposta al quale si riferisce);
- oppure, detta quota si può trasformare in un credito d’imposta, applicando alla suddetta eccedenza le aliquote di cui agli artt. 11 (Aliquote previste per le imprese individuali e per i soci di società di persone) e 77 (Aliquota del 24% prevista per le società di capitali, ecc.), del D.P.R. n. 917/1986.
Il credito d’imposta è utilizzato in diminuzione soltanto dell’IRAP, suddividendolo in 5 quote annuali di pari importo, tenendo bene a mente che la parte trasformata in credito d’imposta IRAP, se non dovesse essere utilizzata, non potrà più essere riconvertita in eccedenza IRES (Agenzia delle Entrate, Circolare del 3 giugno 2015 n. 21/E, parag. 2.1).
Si supponga, continuando nel menzionato esempio, che il reddito della S.R.L., nell’anno 2019, sia di € 560.
L’eccedenza ACE di € 1000 (= rend