Il potere del giudice di disporre l’acquisizione d’ufficio di mezzi di prova non consente di sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori, ma gli attribuisce solamente un potere istruttorio di soccorso, in funzione integrativa, e non integralmente sostitutiva, degli elementi di giudizio, che può essere esercitato soltanto ove sussista un’obiettiva situazione di incertezza, e sempre che la parte su cui ricade l’onere della prova non abbia essa stessa la possibilità di integrare la prova già fornita ma questa risulti piuttosto ostacolata dall’essere i documenti in possesso dell’altra parte o di terzi.
Il caso: la contestazione della legittimità della verifica
Il caso in questione trae origine da una attività ispettiva della Guardia di Finanza nel corso della quale veniva contestata ad una società la partecipazione, in qualità di venditore finale, di una frode fiscale Iva riguardante il commercio di autovetture con la contabilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.
La CTP di Padova accoglieva parzialmente il ricorso della società, ritenendo deducibili, ai fini dell’imposizione diretta, i costi sostenuti.
La società impugnava la sentenza e la CTR del Veneto rigettava l’appello, facendosi forte dell’acquisizione di usa serie di documenti prodotti, a seguito di proprio ordinanza (risposte fornite dall’Agenzia delle Entrate e dalla GDF).
La società, quindi, per quel che ci interessa in questa sede, contestava tale acquisizione, in quanto l’avviso di rettifica richiamava espressamente elementi di indagine ricavati dagli accertamenti operati dalla Guardia di Finanza ed a fronte delle contestazioni mosse dal contribuente circa la legittimità della verifica operata e l’attendibilità dei relativi esiti, l’onere di dimostrare la legittimità della pretesa fiscale ricadeva in capo all’Amministrazione finanziaria e non poteva prescindere dalla produzione del p.v.c. o dalla riproduzione dello stesso nell’atto impositivo.
Il pensiero della Cassazione sulla distribuzione dell’onere della prova
Per gli Ermellini, la censura è fondata.
È ormai ius receptum che, anche nel processo tributario, vale la regola generale in tema di distribuzione dell’onere della prova dettata dall’art. 2697 codice civile e che, pertanto, in applicazione della stessa, l’Amministrazione finanziaria che vanti un credito nei confronti del contribuente, è tenuta a fornire la prova dei fatti costitutivi della propria pretesa, essendosi ormai da tempo chiarito che la c.d. presunzione di legittimità degli atti amministrativi (un tempo evocata per giustificare la loro idoneità ad incidere unilateralmente nella sfera giuridica altrui) non opera nei confronti del giud