Cessazione di locazione commerciale e indennità per perdita avviamento
In caso di cessazione di un rapporto di locazione commerciale, relativo appunto agli immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo, il locatario ha diritto alla corresponsione di un’indennità di “buonuscita” quale forma di compensazione del danno (rappresentato dalla perdita di clientela) che egli subisce a causa della chiusura oppure del trasferimento altrove della sua attività imprenditoriale.
Questo ovviamente qualora si tratti di attività con contatti con il pubblico. (Art. 34 Legge 27 luglio 1978, n. 392)
Trattamento tributario dell'indennità per perdita avviamento
L’individuazione del corretto trattamento tributario da riservare a tale emolumento non si presenta agevole, né ai fini delle imposte sui redditi né ai fini dell’Iva.
Nel caso in cui l’indennità per perdita di avviamento sia erogata nell’esercizio di un’impresa commerciale, ci si chiede se, ai fini della determinazione del reddito d’impresa del soggetto erogante, l’indennità di cui si discute debba essere imputata a costi dell’esercizio o se, invece, non sia più corretto trattarla alla stregua di un onere pluriennale.
In tema di Iva è invece controverso se l’indennità in parola integri o meno il presupposto oggettivo dell’imposta.
Mentre infatti la dottrina prevalente, assieme alla Cassazione, propendono per la soluzione negativa, l’Agenzia delle Entrate ha affermato, invero molto tempo fa, la propria convinzione che l’indennità di avviamento abbia natura sinallagmatica e che la stessa rientri, di conseguenza, nella sfera impositiva del tributo.
Cenni sul diritto alla indennità
Il diritto del conduttore di richiedere al proprietario dell’immobile, al momento della cessazione del rapporto locativo, la corresponsione dell’indennità per la perdita di avviamento commerciale è riconosciuto allorchè sono soddisfatte contestualmente le seguenti condizioni (artt.34 e 35 L.392/1978):
- la locazione ha per oggetto immobili urbani destinati all’esercizio di attività industriali, commerciali e artigianali oppure attività di interesse turistico comprese fra quelle di cui all’art. 2 della legge n. 326/68.
Non deve trattarsi di immobili complementari