Prendendo spunto da una recente sentenza di Cassazione affrontiamo il complesso tema del rapporto fra antieconomicità ed IVA: la circostanza che un’operazione economica sia effettuata ad un prezzo superiore o inferiore al prezzo di costo e, dunque, a un prezzo superiore o inferiore al prezzo normale di mercato può comportare recupero dell’IVA in fase di accertamento?
Con l’ordinanza n.19212 del 7 luglio 2021 la Corte di Cassazione ritorna ad affrontare i controversi rapporti fra antieconomicità ed IVA.
Il fatto oggetto di causa
L’Agenzia delle Entrate emetteva, per l’anno di imposta 2006, un avviso di accertamento nei confronti di un contribuente, esercente una attività di bar e caffè oltre alla vendita di tabacchi e lotterie varie, con cui veniva contestato il conseguimento di maggiori ricavi dalle vendite a fronte dell’applicazione di una percentuale di ricarico negativa del tutto incongruente anche rispetto alla media del settore.
La contribuente impugnava l’avviso e la CTP di Benevento accoglieva il ricorso.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello e la Commissione regionale della Campania lo rigettava sul presupposto della correttezza del metodo di accertamento dei ricavi effettuato dall’Ufficio, idoneo a provare l’antieconomicità dell’attività, mentre la contribuente non aveva fornito adeguata prova contraria.
Avverso la sentenza viene proposto ricorso in Cassazione,
“lamentando, sostanzialmente, che in tema di IVA, per escludere il diritto alla detrazione dell’imposta – in ragione di costi